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In parallelo con Notazione I anche questa scheda abbraccia grosso modo un arco di quattro secoli, corrispondente allo sviluppo della notazione musicale prima dell'uso del sistema moderno (che tuttavia preserverà elementi più o meno riconoscibili della notazione mensurale ancora fino al Settecento).
Il periodo contempla l'intero excursus della polifonia medioevale e rinascimentale. La musica sopravvissuta, oltre a quella liturgica, è soprattutto polifonica perché è l'unica ad essere scritta (in una prima fase la scrittura è una necessità, poi contribuirà a sancire la nobiltà della polifonia), ma la musica di quei secoli era in gran parte monodica e improvvisata su strumenti (rimangono i testi e poche cronache, pochissima la musica).
Il sorgere della notazione mensurale (e il suo successivo sviluppo) si colloca soprattutto nel nord della Francia, dove più che altrove si esprime la cultura propria dei grandi centri urbani. Prerogative:
Inoltre, laddove il re «cristianissimo» di Francia non entra in contrapposizione con la Chiesa (diversamente dai territori dell'Impero), la sinergia fra ragione e teologia produce la più alta manifestazione artistica medioevale, il gotico, la cui produzione architettonica è quella più rappresentativa proprio perché espressione dell'urbanitas (tecnica, professionalità e ricchezza) che si andava formando, unita ad una forte aspirazione al trascendente.
La notazione è prima nera (Medioevo) e poi bianca (Rinascimento). La fase della notazione nera può essere ulteriormente suddivisa fra una prima scrittura preferibilmente ortogonale (notazione quadrata) e una successiva più stretta e aguzza (ars nova). I tre periodi durano tutti più o meno un secolo e mezzo:
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1150-1300 Notazione quadrata |
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1300-1450 Notazione dell'ars nova |
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1450-1600 Notazione bianca |
La distinzione non è solo estetica: modi diversi di scrittura denunciano condizioni storiche e culturali diverse. Il primo momento, in cui la notazione cerca se stessa, è segnato da grande fiducia in Dio e nella ragione (e l'essenzialità del tratto va in questa direzione). Il secondo, pervaso da profonde crisi sociali, dubita dell'uomo e rivolge tutte le sue attenzioni a Dio (il segno aguzzo è aspirazione alla trascendenza). Il terzo (Rinascimento) ritrova l'entusiasmo nell'humanitas del sapere (e qui le note bianche sembrano testimoniare una ritrovata serenità).
Si usa suddividere in tre momenti lo sviluppo della notazione quadrata: a) notazione di Notre-Dame, b) notazione prefranconiana e c) franconiana.
Di fatto si tratta di modi di scrittura che ruotano tutti attorno alla cattedrale di Notre-Dame di Parigi (iniziata nel 1163) e che, a partire dalle sperimentazioni polifoniche di San Marziale, giungono a teorizzare un sistema compiuto solo con gli scritti del teorico e compositore Francone di Colonia (seconda metà del XIII sec.), poi alla base dell'ars nova.
Non è opportuno voler riconoscere precise fasi di sviluppo della notazione quadrata perché i manoscritti rimasti sono troppo pochi per delineare un processo evolutivo. È preferibile evidenziare le prerogative proprie di ciascun codice e confrontarsi con un esempio di organum e di mottetto.
I due compositori di spicco della scuola di Notre-Dame sono Leoninus (fine xii sec.) e Perotinus (inizio xiii sec.). Scrissero in notazione quadrata anche Adam de la Halle (seconda metà xiii sec.) e Petrus de Cruce (fine xiii sec.), la cui teoria pose le basi per l'ars nova italiana. La più importante figura di autore di testi per musica è Filippo il Cancelliere (ca. 1170-1236).
Altri teorici dell'epoca, oltre Francone, sono Johannes de Garlandia (ca. 1190-1272), Hieronymus de Moravia (fine xiii sec.) e, ostile alle innovazioni dell'ars nova, Jacobus Leodiensis (ca. 1260-1330). Hieronymus è l'autore del Tractatus de musica, la più importante sintesi della trattatisca duecentesca.
Seppur l'ars nova tende a coincidere con il suo principale rappresentante, Guillame de Machaut (1300-1377), essendo di fatto un sistema di scrittura e non uno stile, è legittimo estender il nome a tutta la notazione nera compresa fra l'opera di Philippe de Vitry (1291-1361) il suo trattato Ars nova (1320) definisce precise regole di notazione e la fine del Medioevo (1450, invenzione della stampa).
Il sistema musicale descritto da Vitry perfeziona le teorie di Francone e rimarrà sostanzialmente immutato fino a tutto il Rinascimento. Tale notazione è adottata quasi in tutt'Europa, usata dall'inglese John Dunstable (1390-1453) e ancora da Gilles Binchois (1400-1460), principale rappresentate della scuola borgognona, ultima espressione del Medioevo musicale. Anche il più grande musicista del '400 Guillame Dufay (1397-1474) usa, almeno nella prima parte della vita, la notazione nera (adotterà quella bianca a partire dal 1450).
La notazione dell'ars nova è tuttavia detta comunemente francese, per distinguerla dalla pratica italiana.
La polifonia italiana del '300 principale esponente è Francesco Landini (1325-1397) adotta una scrittura diversa detto appunto italiana. Il sistema, invece di rifarsi a Francone, rielabora gli usi grafici di Petrus de Cruce, caratterizzato dal punctum divisionis o 'punto petroniano'.
Con il travaso di compositori dalla Francia all'Italia (fra cui Johannes Ciconia, 1370-1412) si ha in territorio italiano un'ibridazione delle due notazioni, detta notazione mista, che affincherà la notazione italiana non oltre la fine del secolo. Già con il nuovo secolo si stabilizzerà un unico sistema modellato definitivamente sulla più duttile notazione francese.
Un'ulteriore forma notazionale è quella che prende il nome di ars subtilior e si sviluppa negli anni dello Scisma (1378-1417) a partire dai compositori legati alle due corti papali e a poche altre corti locali. La scrittura straordinariamente complessa, adotta ogni espediente possibile (coloratura, nuove forme delle note, proporzioni insolite) per creare soluzioni ritmiche estremamente complesse. Matteo da Perugia (inizio XV sec.) è forse colui che ha prodotto i migliori risultati in questa scrittura.
L'uso ormai diffuso della carta ha sostituito definitivamente la pergamena, e il pennino a punta (quello mozzo da pergamena bagnava troppo i fogli) rende l'annerimento delle note difficoltoso. Tuttavia, al di là del fatto puramente tecnico, la notazione bianca restituisce un'estetica coerente con i principi di chiarezza ed eleganza propri del Rinascimento. Il mutamento grafico avviene quando la scrittura aveva raggiunto la sua forma più evoluta e completa. Da questo momento tutte le nuove soluzioni sono finalizzate a rendere la scrittura più semplice, leggibile e intuitiva.
Il periodo è delimitato da due compositori straordinari, entrambi segnano la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra: il già citato Guillame Dufay (1397-1474) e Claudio Monteverdi (1567-1643).
Benché l'Italia sia ora il principale centro culturale, la pratica polifonia (che è solo una parte della produzione musicale) rimane appannaggio dell'Europa del Nord, in particolare dei compositori fiamminghi. Le ragioni del loro successo (non solo musicale) si possono ritrovare in una disposizione speculativa della cultura nordeuropea alimentata da un ottimo sistema scolastico, unita alla collocazione geografica facile agli scambi commerciali e culturali.
Polifonia sacra
Si usa individuare sei generazioni di fiamminghi operanti fra Quattro e Cinquecento. Della prima, (Binchois e il primo Dufay), s'è già detto e l'ultima, che apre il periodo barocco può essere qui trascurata (Sweelink, principale esponente, non è un polifonista).
Nel Cinquecento però i fiamminghi hanno perso il primato fra i polifonisti. A fianco della IV generazione si segnalano l'italiano Andrea Gabrieli (1510-1586), l'inglese Thomas Tallis (1505-1585), lo spagnolo Cristòbal de Morales (1500-1553), e la V vanta nomi quali Pierluigi da Palestrina (1525-1594), William Byrd (1543-1623) e Tomás Louis de Victoria (1548-1611).
Polifonia profana
Seppur la musica profana rimaneva soprattutto monodica e strumentale (da ballo), alcune forme praticate nelle corti godettero anche di una pratica polifonica ed ebbero straordinaria diffusione per merito della stampa a tre passaggi di Ottaviano Petrucci (dal 1501), silografica di Andrea Antico (dal 1510) e a impressione unica di Pierre Attaingnant, stampatore di Francesco I.
Musica strumentale
L'esigenza di una notazione strumentale si afferma per gli strumenti polifonici, a tasti (organo, cembalo) e a pizzico (liuto). Seppur, come per tutti gli altri strumenti la pratica era estemporanea o al più improvvisava sulla parte vocale, nei casi in cui si aveva una trascrizione da brani polifonici si adottò, soprattutto nel Cinquecento, l'uso di intavolature o, più raramente, la riduzione a sistema (limitatea alle sole tastiere e corrispondente all'uso moderno).
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Esempio 1 I-Rvat, Cod. Chigi C VIII 234 [1480-90], cc. 19v-20r. |
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Esempio 2 I-Rvat, Cod. Chigi C VIII 234 [1480-90], cc. 33v-34r. |
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Esempio 3 in Henricus Glareanus, Dodecachordon, Basileae: per Henrichum Petri, 1547, p. 445; ed. mod. Leipzig: Breitkopf & Hartel, 1888; ed. mod. (con tr. ing.) s.l., American Institute of Musicology, 1965. |
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Esempio 4 US-NHub, Chansonnier Mellon [1475], cc. 21v-22r. |
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Esempio 5 B-Br, 9126 [ca. 1510]. |
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Esempio 6 in Josquin Desprez, Missarum liber secundus, Venezia: Petrucci, 1505; ed. anast. [S. Giov. Persiceto: farap], 1971 (Monumenta musica typographica vetustiora Italica, 8). |
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Esempio 7 US-NHub, Chansonnier Mellon [1475], cc. 35v-36r. |
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Esempio 8 GB-Ob, Can. misc. 213 [ca. 1450], c. 135r [framm.]. |
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Esempio 9 |
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Esempio 10 stampa Petrucci | in Josquin Desprez, Missarum liber secundus, Venezia: Petrucci, 1505; ed. anast. [S. Giov. Persiceto: farap], 1971 (Monumenta musica typographica vetustiora Italica, 8). |