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Un raffinata miniatura raffiguarante Machaut in atto di comporre versi, tratta dal primo e più sontuoso dei codici delle sue opere, il cod. C (F-Pn, Fr. 1586), redatto verso il 1350.Poeta, musico e uomo di corteSe non il più grande Machaut fu certamente colui che meglio seppe gestire la sua carriera ottenendo il massimo della visibilità: oltre a far copiare più volte l'intera sua opera, si fece proteggere dai principi più in vista dell'epoca.Nato nella regione di Reims (ovest di Parigi), poco più che ventenne entrò come chierico al servizio del re di Boemia (Giovanni di Lussemburgo, figlio dell'imperatore Enrico VII) divenendone presto segretario personale e seguendolo in tutte le sue campagne militari in Europa. Ottenne diversi canonicati ma fu obbligato a conservare solo quello di Reims dove risedette dal 1340. Dopo la morte di Giovanni passò al servizio di cugini e figli di Giovanni il Buono, re di Francia (1350-1364), e di numerosi altri potenti protettori.Scrisse una decina di poemi narrativi e circa 400 liriche di cui 150 con musica. Tre poemi accolgono altre poesie al loro interno: Fonteinne amoureuse (senza musica), Voir dit (63 liriche di cui 8 con musica) e Remede de Fortune (8 di cui 7 musicate). Quest'ultimo è il lavoro più singolare perché si rifà a Boezio e definisce i criteri costruttivi delle principali forme poetiche, proponendo ogni volta un brano esemplificativo, sia per le forme libere monodiche di lai, complainte e chanson royale, sia per quelle "fisse" della ballade (con la balladelle), del virelai (chiamato chanson balladee) e del rondeau (con il rondelet). |
Il più grande musicista del '300 fu Guillame de Machaut (1300-1377). Mentre in Vitry la figura del compositore si affianca a quella del teorico, in Machaut l'interesse preminente accanto alla musica fu la poesia; egli occupa infatti un posto notevole anche nella letteratura francese per i suoi componimenti lirici e per i suoi poemi narrativi e allegorici, come Le remède de Fortune, nel quale sono incluse anche varie sue composizioni musicali.
Fu anche attivo nel campo politico, ponendosi al servizio del re di Boemia Giovanni di Lussemburgo, che seguì nei suoi viaggi attraverso l'Europa, e poi di altri importanti personaggi.
Si conoscono molte sue composizioni grazie al fatto che egli stesso, forse per imitare quanto stava facendo Petrarca, prese l'iniziativa di far compilare manoscritti contenenti quei suoi pezzi che considerava più significativi.
È possibile elencare le musiche di Machaut secondo un ordine che va dalle più imponenti e tradizionaliste alle più ricercate e innovative.
In primo luogo, quindi, s'impone la Messa di Nôtre-Dame, il più antico esempio pervenutoci di composizione polifonica dei testi l'ordinario della messa che sia interamente ascrivibile ad un unico autore. È nel '300 che si cominciò a far versioni polifoniche anche dei canti dell'ordinario, alcune delle quali furono riunite in cicli completi dei cinque canti, come le cosiddette Messe di Tournai e di Barcellona, i cui singoli brani, tuttavia, furono composti da autori diversi e in tempi diversi.
La Messa di Machaut, a 4 voci, presenta il Kyrie, il Sanctus, l'Agnus Dei e l'Ite missa est nella forma del mottetto isoritmico, mentre il Gloria e il Credo sono scritti in uno stile prevalentemente omoritmico, detto stile a conductus, molto diffuso nelle messe dell'epoca.
I mottetti di Machaut a 3 e a 4 voci (in quest'ultimo caso con tenor e contratenor), per la maggior parte di argomento amoroso o cortese, ma anche di argomento liturgico o celebrativo, raggiungono un altissimo grado di artificio costruttivo: l'isoritmia investe anche il contratenor, originando complessi rapporti di analogia con il tenor, e talvolta investe persino le voci superiori, distese in un fitto dialogo ricco di sincopi, di hoquetus (termine latino derivato dal francese hoquet singhiozzo indica una scrittura alternata di note e pause, disposte in modo tale che le note di una voce siano in corrispondenza delle pause dell'altra) e di involute relazioni contrappuntistiche; questi complessi artifici architettonici, comunque, nulla tolgono al potente vigore creativo, anzi appaiono elementi essenziali dell'ispirazione.
La musica sacra e i mottetti costituivano i generi di più antica tradizione polifonica; quindi era naturale, e sarebbe stato ancora così per tutto il Rinascimento, che quelli fossero i generi in cui il compositore dava le prove più importanti e più difficili della sua perizia.
Nelle forme profane prive di tenor, invece, che proprio allora cominciavano a sorgere nella musica polifonica, il compositore trovava una migliore occasione per esprimersi con personale originalità. È questo il casoo delle cosiddette formes fixes (forme fisse), ossia di quelle forme in cui la struttura musicale era predeterminata dallo schema fisso in base al quale le sezioni musicali venivano unite alle sezioni del testo: nella ballade, nel rondeau e nel virelai confluirono, all'epoca dell'ars nova, i motivi della poesia cortese, impreziositi dalle raffinatezze intellettuali tipiche del tardo Medio Evo (anche Philippe de Vitry scrisse componimenti di questo tipo, che però non sono pervenuti).
Le opere di Machaut appartenenti a questo gruppo sono, naturalmente, tutte su testi poetici suoi e osservano quello che in Italia si sarebbe chiamato lo stile «a cantilena» o «di ballata», caratteristico per la maggior importanza melodica assegnata a una voce dallo spiccato carattere vocale, spesso la voce superiore, ricca di melismi, mentre le altre voci, prevalentemente a valori un po' più larghi, hanno un carattere di sostegno strumentale (questa maniera di scrivere godrà di molta fortuna presso i maestri borgognoni del '400).
Il virelai conserva nella sua struttura tracce dell'originaria destinazione danzistica. Ecco i due schemi paralleli del testo e della musica:
R | strofa | R | strofa | R | strofa | R | |||||||
testo | A | B | A | C | A | D | A | ||||||
musica | B | A | A | B | B | A | A | B | B | A | A | B | B |
In ogni strofa, la sezione musicale indicata come B viene ripetuta due volte usando per le due ripetizioni due conclusioni diverse, similmente a quanto è prescritto nella notazione moderna con le indicazioni «I volta» e «II volta» poste sopra al segno del ritornello. La «I volta» è chiamata ouvert (aperto), la «II volta» clos (chiuso).
I virelai di Machaut sono in genere monodici, alcuni sono a 2 voci e uno è a 3 [esempio: Douce dame jolie | audio1 | audio2 | audio3].
Il rondeau, già presente presso i trovieri, ha una forma fissa piuttosto complessa:
testo | A | B | C | A | D | E | A | B |
musica | A | B | A | A | A | B | A | B |
Machaut ne scrisse a 2, a 3 e raramente a 4 voci.
La ballade ha tre strofe, ognuna delle quali presenta lo schema musicale:
A A B oppure A A B B
con o senza ouvert e clos; quelle di Machaut sono a 2, 3, 4 voci [esempi: Dous amis — Biauté qui toutes autres pere | audio 2].
Inoltre Guillaume si cimentò con il lai, forma che ai suoi tempi non era quasi più in uso, se non come forma puramente letteraria, scrivendone in gran numero, monodici e composti di dodici strofe: due sono a 3 voci in canone all'unisono, allineandosi in tal modo al genere della chace (termine francese indicante nel '300 il canone), esemplato in Francia anche da alcune contemporanee composizioni anonime su testi descrittivi e onomatopeici.
Mentre i virelai hanno un'intonazione di solito semplice e spontanea, nei rondeaux e nelle ballades Machaut tocca il culmine della sottigliezza espressiva e della raffinatezza ai confini con l'esoterismo (è il caso di due ballades con tre testi diversi nelle tre voci): ritmi complessi e sincopati, curiose combinazioni armoniche e un uso intensivo della musica ficta (ossia delle alterazioni diverse dal si bemolle, che postulavano esacordi al di fuori dei tre esacordi naturale, duro e molle) conferiscono talvolta all'insieme un che di enigmatico, che convive con l'irresistibile fascino melodico e con l'eleganza del tessuto polifonico.
Da un lato la musica ficta costituiva un elemento disgregatore della tradizionale grammatica fondata sui modi ecclesiastici e sull'esacordo, soprattutto se impiegata con la ricchezza e la libertà che si notano nelle ballades di Machaut, ma nello stesso tempo contribuiva a creare nuovi centri unificatori del discorso musicale, determinati dalle attrazioni che alcuni gradi della scala esercitavano nei confronti dei gradi vicini. Infatti nel '300 divenne normale l'uso, già riscontrabile nei mottetti del secolo precedente, di alterare in cadenza il settimo grado di ogni scala modale, affinché fra il settimo grado e il primo (cioè la nota finale, che nella musica polifonica corrispondeva alla nota più grave dell'accordo finale) vi fosse solo un semitono: ad esempio, per cadenzare a re si introduceva il do diesis al posto del do; per cadenzare a sol, il fa diesis. [...]
In concomitanza con la «sensibile» costituita dal settimo grado che saliva al primo, era frequentissima una seconda «sensibile» costituita dal quarto grado che saliva al quinto («dominante» per la tonalità moderna e corda di recita per la modalità gregoriana), sicché, ad esempio, per cadenzare a re era normale la successione di accordi mi | sol diesis | do diesis re | la | re.