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da: Storia della musica. 1. Dal Medioevo al Rinascimento, a cura di Marie-Claire Beltrando-Patier (Paris 1982), trad. it. Roma 1986, pp. 183-184..
Con la Messa di Notre Dame di G. de Machault, per la prima volta nella storia della musica religiosa, i cinque brani dell'ordinarium missae trattati polifonicamente sono designati con il termine messa. Per la prima volta inoltre, sono l'opera di uno stesso uomo. Certo, la Messa di Tournai è probabilmente anteriore (verso il 1330) ma, anonima, come le altre messe polifoniche di quest'epoca (messa di Barcellona, Toulouse, Besaucon), essa sembra non essere altro che l'unione di brani eterogenei a tre voci.
Già Machault intravede gli stretti rapporti che possono unire testo e musica. Una ricerca espressiva di tipo figuralista sottolinea i passaggi importanti (omofonia presenta in Et in terra pax, Jesu Christe, Ex Maria Virgine). D'altra parte, la messa traduce la volontà di organizzare i divesi brani, variandoli e accordandoli tra di loro.
Scritta alla metà del secolo (tra il 1349 e il 1363) la Messa di Notre Dame si distingue dalle altre messe contemporanee per l'organico a 4 voci e per il trattamento isoritmico della melodia gregoriana nel Kyrie, Sanctus, Agnus e Ite missa est.
Solo il Gloria e il Credo della Messa di Tournai (la Messa di Toulouse li omette, quella di Barcellona tropa i suoi) possono essere avvicinati alla Messa di Notre Dame: si riscontra in ambedue lo stesso sillabismo verticale simile allo stile del conductus, le stesse brevi riportate senza testo al tenor e al contratenor, lo stesso lungo Amen vocalizzato. In particolare il Credo di Machault mostra una grande complessità isoritmica in tutte le sue parti.
Inoltre la Messa di Notre Dame si distingue per altre tecniche artistiche come il frequente impiego della sincope, dell'imitazione, del moto contrario, dell'ornamentazione oltre che per l'alternanza del binario e del ternario, a vantaggio del primo. [...]
Anticipazione geniale di un genere nuovo (il ciclo polifonico completo a 4 voci non sarà accolto che verso il 1430 con G. Dufay), monumento religioso isolato all'interno di una produzione laica, architettura gotica equilibrata a dispetto delle sue strutture variate, la Messa di Notre Dame stabilisce un ponte tra l'arte antica e l'arte nuova e ci lascia scorgere, al di là delle apparenze del mondo sensibile, quelle di misticismo e di un esoterismo occulto (testimoni sono i passaggi Et in terra pax del Gloria e Ex Maria Virgine del Credo, che ci rivelano il profondo sentimento religioso di Machault).
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La Messa di Machaut si conserva in 5 dei 6 codici mascandiani, ovvero tutti ad esclusione del più antico. Essndo il cod. C databile entro il 1356 e il Vg (il primo che accoglie la Messa) posteriore al 1370, si deve collocare la sua stesura entro quest'ambito cronologico.
Una tradizione non documentata la vuole scritta o quantomeno eseguita per l'incoronozione di Carlo V il Saggio a re di Francia avvenuta nella cattedrale di Reims il 19 maggio 1364; ma è probabile che semplicemente si sia coniugato un grnade evento con una grande opera.
Benché tutti i codici mascadiani siano ormai on line (su Gallica) la Messa ha goduto di una sola edizione integrale in facsimile, quella di Gennrich del 1956, tratta dal cod. B (e non il cod. A come erroneamente appare in quelche bibliografia), :
La prima edizione integrale è quella di Jaques Chailley del 1948 trasportata una quarta sopra per adattarla all'estensione di un coro maschile.
In meno di dieci anni seguono altre 5 edizioni, fra cui si segnala De Van (1949) per l'importante apparto critico, Ludwig (1954) e Schrade (1956):
In seguito sono uscite poi, entrambe dall'editore oxoniense, altre due moderne versioni:
Fondamentale l'apparato critico approntato da Ludwig già nel 1928 per la sua edizione degli opera omnia uscita postuma solo nel 1954:
Sono quindi apparsi alcuni articoli su periodici accademici inglesi, fra cui vale la pena di ricordare (consultabili in Jstore):
E soprattutto la recente introduzione alla Messa di Daniel Leech-Wilkinson, pubblicata contemporaneamente alla sua edizione.
La preziosa pagina dedicata alla Messa di Machaut offerta dal Medieval Music Database (MMDB) dell'australiana La Trobe University segnala altri preziosi riferimenti bibliografici.
Trascrivere Machaut Dato un brano trecentesco di musica, dopo aver individuato le parti (tenor, contra etc.), è bene farsi un'idea sulla mensura. Supponendo di aver di fronte il triplum del I Kyrie della Messa è già possibile avanzare ipotesi che una visione d'insieme anche alle altre parti dovrebbe poter confermare: La presenza ravvicinata di pausa e nota di semibreve (più o meno al centro del secondo rigo) rivela un tempus imperfectus. Pertanto i punca che appaiono qui e là, non essendo, in più di un caso, punti di valore o addctionis (fine della prima riga: la semibreve puntata dovrebbe essere seguita da una minima perché il punto possa essere di valore), devono essere considerati divisionis. I puncta divisionis si usano solo in presenza di perfezioni e non potendo riferirci alla breve che è binaria, né alla prolatio (non vi sono minime) necessariamente si deve supporre di aver di fronte un modus perfectus. Per la notazione trecentesca, ricca di ligature è preferibile scomporre le fasi di trascrizione in due, un primo momento in cui si traslitterano i valori delle note così come li propone il manoscritto, limitandosi ad adottare una convenzione di riduzione pratica (in questo caso il rapporto breve/lunga e stato reso da semiminima/minima): Se il modus è perfetto, bisognerà ragguppare le semiminime tre a tre, distinguendo i tactus sempre dopo i puncta divisionis o preferibilmente prima della prima o dell'ultima ultima nota di una ligatura (attenzione, questa regola può essere disattesa per più motivi): Seppur non sia questa la soluzione adttata da quasi tutte le moderne edizioni suppongo un errore sul mi del quarto tactus (trasformato da breve a longa), per il resto praticando opportunamente l'alteratio delle breves e la diminutio di alcune longae si riesce a distrubuire correttamente tutte le scansioni. Unendo anche le altre voci e adottando il rapporto brevis = minima si ha: |