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Il tropo, prima ancora che una manifestazione poetico-musicale, è la chiave per comprendere la creatività medievale.
In genere il tropo è inteso quale 'aggiunta' al corpus liturgico, ma la definizione è riduttiva. Intanto perché le forme più evolute di tropo, ad esempio gli organa di Notre Dame o la polifina su cantus firmus, difficilmente potrebbero essere considerate semplici prolifererazioni o innesti; e poi perché la liturgia per l'uomo medievale è l'orologio del tempo prima ancora che una scelta morale.
Oggi si pone alla base dell'atto creativo l'originalità e si teme l'emulazione come il peggiore dei fallimenti. Al contrario si riconosce all'uomo medievale una fondamentale sudditanza a Dio – unico vero creatore – che gli imporrebbe una creatività 'dimessa', prona a rielaborare il già creato.
Diciamo: l'uomo medievale ha bisogno di modelli, l'uomo moderno è completamente libero.
Si tratta ovviamente di un pregiudizio. Anche l'uomo moderno non può che rifarsi a ciò che conosce e semmai si sforzerà di occultare i riferimenti impiegati. L'uomo medievale al contrario non si vergogna dei suoi modelli perché scegliere un buon materiale è indizio di abilità creativa e solo il confronto con il modello può dimostrare il progresso dell'arte (per fare qualcosa di buono ho bisogno di un termine di confronto).
In questo senso l'odierna creatività rivela tutta la sua insicurezza (non dichiarare il modello significa temere di non saperlo migliorare).
Di più: quando l'arte moderna rivela i suoi 'precedenti' quasi non è arte: o vuol essere una provocazione (come la Gioconda coi baffi di Duchamp, 1919) o si muove su un piano radicalmente antiaccademico (come il Goethe di Warhol, 1982, tratto da Goethe nella campagna romana di Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, 1788 ).
Anche la musica, sebbene applichi costantemente forme complesse di tropatura, oggi diffida di rielaborazioni che esibiscono il modello. È un caso certamente anomalo quello dell'introduzione del Vespro della Beata vergine di Monteverdi (1610) che sovrappone il coro (Deus in adiutorium) alla toccata strumentale dell'Orfeo (1607).
Ma Monteverdi lavora su materiale proprio e quindi non c'è giudizio di merito. Suscita assai più diffidenza invece l'operazione di Michel Corrette che nel 1766 scrisse il mottetto Laudate Dominum quasi interamente riprendendo La primavera di Vivaldi (1725). In realtà l'operazione di Corette è interessante non solo perché insolita, ma perché ripensa l'intera struttra del concerto di Vivaldi, sovrapponendo la parte vocale (una sorta di 'tropo d'addizione'), aggiungendo pezzi nuovi all'inizio ('tropo d'introduzione'), a metà (tropi d'interpolazione') e modificando una sezione conclusiva ('tropo di sostituzione'). L'impianto quasi a 'rondò' del primo tempo del concerto vivaldiano si trasforma (clic sull'immagine) nell'articolata scena corale di Corrette.
Probabilmente l'esempio più celebre di 'riappropriazione' di una musica preesistente (noi oggi parliamo di 'contaminazione' ma il principio è sempre quello del tropo) è quello del più noto brano di Gounod che riprende il più celebre preludio di Bach.
Benché
le forme più elaborate di tropo coincidano con la nascita della
polifonia – e la polifonia medievale sia un'amplificatio, quindi un tropo – i
manuali preferiscono parlare di 'tropo' solo in riferimento alle forme
più semplici applicate al corpus liturgico.
Il
tropo, anche nella sua accezione più estesa, è tuttavia
indissolubilmente legato alla liturgia. Il rito, trasmesso per prassi e
oralità, è sempre stato un momento di viva creatività, e ha per
questo mutato natura nel corso del tempo. Quando è stato fissato
attraverso la scrittura, prima nel testo con Gregorio Magno (vii sec.), poi
nel cerimoniale con gli Ordines
Romani (viii sec.) e infine nella musica con la notazione (ix sec.), ha
avuto bisogno di concentrare la sua potenzialità di rinnovamento e
creatività in elementi che si affiancassero al testo senza alterarlo.
Questi elementi aggiunti sono i tropi.
Ovviamente
non si riesce a datare il fenomeno del tropo prima della scrittura del rito,
non solo perché essa ne è causa, ma perché è la scrittura
stessa a conservarne la memoria. Forme
di tropi precedenti vi saranno pur state, ma non riconosciute tali
perché parte del rinnovamento creativo del quotidiano liturgico.
La
distinzione dei manuali fra tropo melodico, testuale e testuale-musicale
può essere utile per una classificazione ma non aiuta a capire il
fenomeno. Del resto i tropi melodici, ovvero quei canti in cui è
possibile riconoscere elementi melismatici aggiunti sono molto difficili da
individuare (ma v. il caso dell'ultima intonazione del
Kyrie II), e i tropi solo
testuali sono forme di 'verbalizzazione' dei melismi la cui varietà
è tale da potersi confondere con le forme testuali-musicali.
Più
utile distinguere fra tropi di giustapposizione (le forme più tipiche di tropo, esemplificate qui di seguito) e tropi di stratificazione,
i cui esempi più interessanti si possono trovare alle pagine dell'Organum e del
Mottetto.
Terribilis est locus iste è l'introito della messa che si celebra per l'intitolazione di una chiesa [GT 397]. Il canto sarà il tenor del mottetto Nuper rosarum flores (1536) di Dufay.
La quartina di esametri Organicis Christo (in vari codici beneventani, xii sec.) sembra nata indipendentemente dall'introito, ma unita ad esso ne spiega il significato apparentemente in riferimento all'edificio in cui veniva cantato il tropo: forse lo stesso monastero di Montecassino, trattandosi di un tropo tipicamente beneventano.
Organicis Christo persolvite vocibus odax Terribilis est locus iste Symphoniae modulis ut personet aula Tonantis Hic domus Dei est Emicat ista domus fundata in vertice saxis Et porta Coeli In quem domo Domini mudularier organa vocis Et vocabitur aula Dei |
Elevate a Cristo polifonie impressionante è questo luogo con armoniose melodie perché risuoni la sede del Tonante è la casa di Dio e si distingua questa casa eretta in cima a una roccia e la porta del Cielo in cui s’intonano polifonie per la casa di Dio e si chiamerà la sede di Dio |
Tropo del Sanctus xvii. Anche in questo caso il Divinum mysterium appare un testo a se stante con struttura metrica e rimica molto rigorosa (cinque sestine di senari con versi a rima alternata, sdruccioli e piani = terzina goliardica). Il «Mariae filius» che interpola il Benedicamus è un esempio di 'tropo di complemento'. Tropo tratto da Novara A10 (sec. xiii).
Sanctus. Divinum mysterium | semper declaratur, et mens infidelium | timens excaecatur, firma spes credentium | fide roboratur. |
Santo. Il divino mistero sempre viene proclamato e la mente timorosa dei non-credenti è accecata; la speranza salda dei credenti è rafforzata dalla fede. |
Sanctus. Fides est summo opere | credere in Deum, panem sanctum edere | et tractare eum. Iubens dicit: Sumite, | hoc est corpus meum. |
Santo. La fede è credere con tutte le forze in Dio. Nel comandare di mangiare il pane santo e di toccarlo, egli dice: Prendete, questo è il mio corpo. |
Sanctus. Panis prius cernitur, | sed dum consecratur, caro tunc efficitur, | Christus sic mutatur, quomodo convertitur, | Deus operetur. |
Santo. Dapprima si vede il pane, ma quando è consacrato, allora diviene carne: così si trasforma in Cristo. Il modo della trasformazione: è Dio all'opera. |
Dominus Deus sabaoth. De vino similiter | si sit benedictum, et tunc est veraciter | sanguis Christi dictum, credamus fideliter | verum et non fictum. |
Il Signore Dio dell'universo. Al vino succede lo stesso: una volta che sia consacrato, allora lo si può dire veramente sangue di Cristo; crediamo con fede che sia realtà, non simulazione. |
Pleni sunt caeli et terra gloria tua. Osanna in excelsis. Nobis celebrantibus | istud sacramentum, et cunctis fidelibus | fiat incrementum, omnibus negantibus | sit in detrimentum. |
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nel più alto dei cieli. A noi, che celebriamo questo sacramento, e a tutti i credenti ne derivi giovamento. A tutti coloro che negano sia di danno. |
Benedictus Marie filius qui venit in nomine Domini. Osanna in excelsis. |
Benedetto il Figlio di Maria che viene nel nome del
Signore. Osanna nel più alto dei cieli. |