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Il Sanctus, come il Kyrie, sono il sesiduo riabilitato delle antiche acclamazioni romane e bizantine che si svolgevano nei circhi, non molto diverse dai moderni cori da stadio.
È il canto di gloria che chiude il Prefatio, insieme al quale introduce il Canone, la parte più importante della messa:
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth Pleni sunt coéli et terra glória tua |
Santo, santo, santo Signore Dio degli eserciti, i cieli e la terra sono pieni della tua gloria |
Hosánna in
excélsis Benedíctus qui venit in nómine Dómini Hosánna in excélsis |
Osanna nell'alto dei
cieli Benedetto colui che viene nel nome del Signore Osanna nell'alto dei cieli |
La prima frase è citata da Isaia (6.3), attribuita ai serafini che circondano Dio:
È un momento di paura per Isaia che sa di essere ancora un peccatore (il Dio veterotestamentorio è ancora da temere). Non a caso tale descrizione ritorna nell'Apocalisse (4.2-8), quando Giovanni vede il Dio giustiziere:
La parola sabaoth assente nella Vulgata (che usa exercituum) è un residuo di derivazione ebraica. Di fatto i tre sancta sono già nel kadusha ebraico (da kadosh = santo) e si ritrovano nel rito bizantino (in greco) e prendono il nome di trishagion (da hagios).
Un forma mista della triplice invocazione in greco e latino è il canto responsorialetuttora sopravvissuto nella processione del Venerdì santo che prende il nome di Improperia e che sembra ricordare le descrizioni di Tertulliano dei rituali plurilingui del IV secolo.
La seconda parte, l'Osanna, riprende l'acclamazione rivolta a Cristo quando entrò a Gerusalemme, attestata da tutti i Vangeli (Mt 21.9, Mc 11.9, Lc 19.38, 12.13), ricavata dal Salterio (117.26). Anche in questo caso la parola Osanna è greca ma di derivazione ebraica. Il Sanctus, sebbene antichissimo, entrò tuttavia nella messa tardi, probabilmente all'inizio del V secolo. Il concilio di Vaison (529) ne decretò l'uso ufficiale. Probabilmente in questa occasione si completò, qual sorta di dossologia finale, con l'Osanna.
Benché siano state classificate quasi 250 melodie di Sanctus, attualmente ne sono riconosciute 18 (più 3 ad libitum). La prima (Sanctus I) è fra quelle rintracciate nei codici più antichi (X sec.). Sebbene strutturata su un modulo melodico ABB', non aderisce alla divisione dei sei versetti né alla bipartizione del testo (Sanctus/Osanna), tanto che la ripetizione dell'Osanna cade in due momenti diversi del modulo (prima B poi A):
Un'ipotesi, a motivo dell'incongruenza formale, è che la melodia d'origine interessasse solo il Sanctus quasi tripartito (|:AB:|A) per adattarsi all'Osanna (posteriore) solo in seguito. Ciò potrebbe confermare l'antichità della musica del Sanctus I.
Più aderente al testo la struttura del testo è il Sanctus V, registrato dai codici a partire dal XII sec. Qui la ripetizione dei tre sancta preferisce un'intonazione aba (diversamente dall'aab del Sanctus I) e le ripetizioni dell'Osanna propongono la stessa musica. Anche i versetti intermedi (Dominus, Pleni e Benedictus) attaccano tutti su uno stesso incipit. Osservando che sia il Sanctus che l'Osanna eleaborano materiale simile (si riconosce almeno il grado discendente su una distrofa che scende di quarta) è possibile considerarli un'elaborata intonatio (A) che introduce il canto dei versetti intermedi (B) secondo il tipica struttura di alternanza (A |:B:| A B A)
Il Santus IX, rintracciabile in codici del XIV sec., rivela prevedibilmente una scrittura tarda, già sensibile a un'armonia per terze. È costituito da cinque arcate melodiche che appoggiano su fa la do per giungere sul fa all'ottava (ripetuto tre volte nelle frasi più lunghe) e ritornare a fa per gli stessi tre gradi. L'uso sistematico del si bemolle rende il V modo di fatto un moderno modo maggiore.
Anch'esso piuttosto antico (sec. XI) il Sanctus XI, ha una scrittura libera (i tre sancta, come nel caso precedente, evitano ripetizioni), seppur asseconda il ritorno dell'Osanna. È particolarmente seducente all'orecchio moderno per l'ampiezza dell'ambitus (che supera l'ottava) e, di nuovo, per l'uso sistematico del si bemolle che rende il I/II modo quasi un re minore.
È il Sanctus più semplice fra quelli ufficiali, tanto che fino a che non fu datato al XIII sec., molti lo ritennero uno dei più antichi. È insolita sia la repercussio sul si, che il terminare su la (ma lo si può immaginare con chiave di Fa per Do, quindi con repercussio su mi): non è individuabile il modo.