TSM | Cronologia | Onomastico | Glossario | Thesaurus
Stemma dei Visconti presso il castello di Somma Lombardo
|
Dopo la Pace di Costanza (1183) a Milano si contrappongono due famiglie di estrazione feudale, i Della Torre e i Visconti. Dopo ripetuti scontri, Ottone Visconti, già preferito da papa Urbano IV a Raimondo della Torre per la nomina ad arcivescovo di Milano nel 1262 dà di fatto, inizio alla Signoria viscontea. Ottone fa nominare Capitano del Popolo il pronipote Matteo, scelto come successore.
Matteo in cambio di un prestito di 50.000 fiorini d'oro, ottiene dall'imperatore Enrico VII la nomina a Vicario Imperiale . Per nobilitare la famiglia, di antica origine ma priva di titoli, se non quello di visconte da cui deriva il nome della casata, stringe legami di parentela con i marchesi di Ferrara attraverso le nozze del figlio Galeazzo con Beatrice d'Este. Conquista di Piacenza, Bergamo, Como, Cremona, Alessandria, Tortona, Pavia, Vercelli e Novara.
Galeazzo I, già associato al padre come Capitano del Popolo, riesce a conservare i nuovi territori lasciandoli al figlio Azzone che, secondo gli storici del tempo, raddoppia la potenza di Milano conquistando con truppe mercenarie Lodi e Brescia, pur essendo un amante della pace, dell'arte e della cultura. Realizza ponti, mercati, fognature, strade lastricate, rinforza le mura e le porte cittadine facendole anche decorare con sculture commissionate al toscano Giovanni di Balduccio, mentre a Giotto sono affidati gli affreschi che decorano il Palazzo Ducale.
Luchino, abile condottiero, promuove anche le attività economiche dando impulso all'agricoltura, in particolare alle marcite e alla viticoltura, all'allevamento, soprattutto quello dei cavalli di razza, e all'artigianato, con le produzioni di tessuti e armi. Alla sua morte, il fratello Giovanni, già arcivescovo di Milano, riunisce nelle proprie mani poteri spirituali e temporali, dedicandosi con straordinario intuito politico all'ampliamento dello Stato: compra la città di Bologna, si fa nominare Signore di Genova, conquista l'alta Valle del Ticino, stabilisce inoltre importanti alleanze con i più potenti Stati italiani mediante abili accordi matrimoniali
Dei tre nipoti, che si dividono lo Stato alla sua morte, Matteo II si imparenta con i Gonzaga (Mantova), Bernabò sposa Regina Della Scala (Verona), Galeazzo II Bianca di Savoia. Dopo la morte di Matteo II, i fratelli si dividono la città e il territorio, che si riduce progressivamente per gli attacchi di una lega antiviscontea capeggiata dal papa: Genova torna indipendente, Bologna è ceduta al Papato, ma viene conquistata Pavia, scelta come propria sede da Galeazzo II che vi fa costruire il castello, inespugnabile fortezza ma anche raffinata residenza.
Giangaleazzo, dopo la morte del padre e la riunificazione del dominio milanese nelle mani di Bernabò, con accorta politica conquista la fiducia di sudditi e Stati vicini fino a impadronirsi del potere nel 1385, quando si fa proclamare Signore dal Consiglio Cittadino dopo aver imprigionato lo zio e i suoi figli. Abile politico e amministratore e generoso mecenate, favorisce i commerci potenziando le vie di terra e d'acqua, dà inizio a grandi imprese architettoniche come la costruzione del Duomo di Milano e della Certosa di Pavia, estende il territorio dello Stato fino a Feltre e Belluno impadronendosi di Verona e Padova, recupera Genova e Bologna, conquista Pisa, Lucca e Siena, strappa al Papato Perugia e Assisi. Nel 1395 ottiene dall'imperatore il definitivo riconoscimento giuridico del dominio visconteo con il titolo di Dux Mediolani per sé e per i propri discendenti.
La morte del primo duca di Milano, che lascia due figli ancora bambini, dà inizio a un periodo drammatico di ribellioni dei territori appena conquistati e di lotte interne per il potere, concluso con l'uccisione di Giovanni Maria, appena ventitreenne. Gli succede il fratello Filippo Maria, dal carattere diffidente e incostante, ma abilissimo politico, che riconquista gran parte dei territori perduti dopo la morte del padre. L'atteggiamento del duca, sempre altalenante, provoca però l'allontanamento di Francesco Sforza, capitano generale delle truppe viscontee, che, sposata Bianca Maria, l'unica figlia, illegittima, di Filippo Maria, passa al servizio del papa sconfiggendo i Milanesi a Soncino.
1. Trombetti (Matteo)
2. Cacce (Luchino)
Con bracchi assai e con molti sparveri
uccellavàm su per la riva d'Adda,
e qual dicea «Da, da!»
e qual «Va qua, Varin, torna, Picciòlo!»
e qual prendea le quaglie a volo a volo,
quando con gran tempesta un'aqua giunse.
Né corser mai per campagna levrieri
come facea ciascun per fuggir l'aqua,
e qual dicea «Da qua,
dammi 'l mantello!» e tal «Dammi 'l cappello»,
quand'io ricoverai col mio uccello
dove una pasturella il cor mi punse.
Perch'era sola, in fra me dico e rido:
«Ecco la pioggia, il bosco, Enea e Dido».
Segugi a corda e can per la foresta,
in su, in giù, in qua, in là, baiando
e cacciator chiamare confortando
– Veh là Dragon te,
oh là, qual è,
vien qua che qui son gli orsi! –
Dicevo quando ad altra caccia corsi
poco lungi dal bosco.
Al suon del corno e della gran tempesta
da un valle uscì la villanella
– Dai alla volpe! – A lei la presi – Bella,
vien qua,
lascia andar
lo ben! – Eh deh sì,
deh no perché non voglio! –
Pur l'abbracciai che non le valse orgoglio
e portai là nel bosco.
Per sparverare tolsi el mio sparvero,
bracchi et bracche chiamando – “Ehi Baratero,
te Varin te” – zonzemo a la campagna,
vidi cercar et rinfrescar la cagna:
“Burla qui, Varin, ve’ là, Baratero"
"Amorosa bocca, levala, guardala” .
Per la mia donna presi quaglie assai
poi del redire non mi dubitai.
Per quella tolsi el mio sparvero in pugno
et questo fu l’ultimo dì di giugno.
E volendo redire udì un levriero
correndo e gridando – “Ehi Baratero,
te Varin te” – guardando per lo limo
vidi cercar er rinfrescar Varino.
“Burla qui, Varin, ve’ là, Baratero"
“Amorosa bocca, bòccala, càgnala”.
E per sfratare andai le quaglie a quella
ch’amor mi fece prendere pur ella.
E però faccia l’uomo al mondo bene
e segua la ventura che gli viene.
3. Acrostici (Luchino)
Lo lume vostro, dolce mio segnore,
Virtute sic perfecte est ornatum
Ch'a' rei non luce, a' boni sempr'è chiaro.
Hoc est notum et satis [est] probatum
In quegli c'han sentito il gusto amaro
Nascosamente per comporre errore.
Una donna vi regge, ch'è si bella:
Sul ciel è posta più lucente stella.
Lux purpurata radiis
Venti fugare tenebras
Clementi vigens principe.
Honoris namque claritas
Ipsius toti seculo
Numen acquirit celebre
Virtutis atque gratie.
Servator rei publicae,
Virtutum cultor optimus,
Verus amator efficax,
Constans in omnis studio
Et nil permittens irritum.
Clemens et iustus dominus,
Onustus arrogantibus,
Misericors egentibus
Emittit lumen omnibus
Salutis atque premii.
—
Diligite iustitiam
qui iudicatis machinam. [*]
Prodesse cunctis discite,
obesse nulli querite.
Hoc proprium est principis
ut sit exutum viciis.
Solicitudo presuli
sit comes, ut pacifice
quiescant ejus populi.
4. Gemelli (Luchino)
O in Italia felice Liguria,
e proprio tu, Milan, Dio lauda e gloria
de' dui nati segnor, che 'l ciel t'aguria
un venere tra sesta [e] terza, nacquero.
Segno fo ben, che fo di gran vittoria
ch'un'aquila li trasse a cristianesmo
e Parma a lor donò da po' el batesmo.
Luca e Zuane a chi lor nome piaquero.
Quaranta sei un emme cum tri ci
correa, e fo d'agosto al quarto dì.
5. Canzone (Bruzio)
6. Petrarca (Galeazzo)
Non al su'amante più Diana piacque
quando per tal ventura tutta nuda
la vid'in mezo de le gelid'acque,
ch'a me la pasturell'alpestra e cruda
post'a bangnar el suo candido velo
ch'al sol e l'aura il vago capel chiuda.
Tal che mi fece quand'egli arde 'l cielo
tutto tremar d'un amoroso zelo.
7. Imperatore (Galeazzo)
Aquila altera, ferma in su la vetta
de l'alta mente, l'ochio valoroso
dove tuo vita prende suo riposo.
Là è 'l parer e là l'esser beato.
Uccel di Dio, insegna di giustizia,
tu hai principalmente chiara gloria
perché ne le grand'opre è tua vittoria.
Là vidi l'ombra e là la vera essenza.
Creatura gentil, animal degno,
salire in alto e rimirare 'l sole
singularmente tuo natura vole.
Là è l'imagine e la perfezione.
8. Canzoni (Bernabò)
Quel Bernabò percosse la Fortuna,
ch’era sì forte singnor de’ Lombardi:
il Conte di Virtù gente raùna
e fel morir rinchiuso sanza dardi.
De’, dimmi, che tu guardi?
Costui in un baleno
fu preso per lo seno,
e no ’l soccorse aver né gente alcuna.
Se mille volte il dì tu m'uccidessi
possibil fusse ch'io tornassi in vita:
tanta fidanza m'è di te assalita
che quanti figli i' ho per te mettessi.
E se nel mio animo avuto avessi
far contro a te con ferro la mia vita,
vituperosa dal corpo partita
l'anima fosse e 'l corpo in terra ardessi.
O figliol mio da me tanto amato
più che la luce mia certamente
perché ha’ così mal consiglio pigliato?
Conte di Virtù, nievo e parente,
marito di mia figlia incoronato
intrinseco in un corpo veramente,
ricerchi la tua mente
ch’abbia misericordia di me in tal forma,
ché il nostro sangue indietro non ritorna.
9. Leopardo galeato (Bernabò?)
Caccia/Madrigale
La fiera testa che d'uman si ciba Alba sub ventre palla decoratur Cist fier cimiers et la flamma che m'art |
La pancia è decorata con una palla bianca Questo fiero cimiero e la fiamma che m’arde |
Ballata
Sofrir m'estuet et plus non puis durer Vedon gli occhi mortal di raggi accesa Sofrir m'estuet ... |
Devo soffrire e più non posso reggere
|
Ballade
En atendant souffrir m'estuet grief payne Les grans ruissiauz qui la font leur demaine Si pri a Dieu que a droit la ramaine |
Aspettando devo soffrir gran pene Dei grandi ruscelli che la fonte alimenta Pertanto prego Dio che per giustizia me la renda |
Ballata (francese = virelai)
Sus une fontayne en remirant D'avoir merchi de ma dolour Sus une fontayne ... |
Guardando, presso una fontana, di ricevere sollievo del mio dolore,
|
10. Danze (Giangaleazzo + Isabella)
11. Musiche (Giangaleazzo + Caterina)
Una colomba candida e gentile
coronata di perle in forma umana
vidi: non so ben dir se fu Dïana.
Degna di tanta riverenza in vista [1]
donna mi parve che non so qual dea
si rappresenti, Febe o Citarea.
Lieta nel viso, onesta e bella quanto
Marzia mai fosse di Catone specchio [2]
che di virtude non trova parecchio.[3]
Alba colomba con sua verde rama
in nobile zardino nutricata
pax nunzïando in su l'ali è montata.
Posò suo volo suso in verde scoglio
per riposarsi e, rimirando in giuso.
prese argumento di volar più suso.
Perché gustava già i boni odori
ch'eran là su tra fronde et altri fiori.
11. Antonello da Caserta (Giangaleazzo)
Del glorïoso titol d’esto duce
ciascun fa fest'omai ch’ha in sé vertute
ché novo re si nasce per salute.
Ma questo è quel che per vertù celeste
fia novo augusto cum triumphi e feste.
Da quella donna che già estese l'ale
e possedette ciò che’l sol riguarda,
ch'aver un sposo è sta' sì lenta e tarda.
E già monarca un sceptro d’or s’il chiama
perché ’l dilati l’italica fama.
Più chiar che ’l sol in lo mio cor Lucia
la lizzadra figura di vu' madonna mia.
Con tanta beltate vi pose natura
che lo mio core s’è tucto infiammato,
et arde nocte e zorno e mia Fortuna
non vol ch’un poco da vui sia aiutato.
Ma sempre il vostro cor crudo e spietato
sta in verso mi non già per mia folia.
Più chiar...
Però prego che umile e graciosa
vui siate alquanto, poi che’l vero dio
v
’ha facta tanto bella e vertuosa
che al mondo non ha paro quel volto pio.
Se non che inverso mi troppo è zudio
in darme pena con fortuna ria.
Più chiar...
12. Trattati (Giangaleazzo)
La harpe de mélodie Et pour ce je suis d'accord de faire sans nul discort Pour plaire bonne compagnie La harpe ... |
L’arpa di melodia Perciò io sono d’accordo, di fare senza discordia per compiacere una bella compagnia L’arpa di melodia … |
13. Ciconia (Giangaleazzo)
Una panthera in compagnia de Marte,
candido Jove d'un sereno adorno
constant'è l'arm'e chi la guarda intorno.
Questa guberna la città luccana
con soa dolcezza el cielo dispensa e dona
secondo el meritar iusta corona.
Dando a ciascun mortal che ne sia degno
triumpho, gloria e parte in questo regno.
Le ray au soleyl qui dret som karmeyne Canon. Dum tria percurris quatuor valet tertius |
Il raggio di sole che manda il suo carminio, Canone: Mentre tre stanno in quattro, il terzo sia |
Thibault 1970 | Genevève Thibault, "Emblèmes et devises des Visconti dans les oeuvres musicales du Trecento", in L'Ars nova italiana del Trecento, III (Certaldo 1970): 131-160
Strohm 1989 | Reinhard Strohm, “Filippotto da Caserta, ovvero i Francesi in Lombardia”, in In cantu et in sermone: For Nino Pirrotta on his 80th Birthday, ed. Fabrizio Della Seta, Franco Piperno (Florence: Leo S. Olschki, 1989): 65-74.
Gallo 1992 | F. Alberto Gallo, “La bibliotecdei Visconti”, in Idem, Musica nel castello: Trovatori, libri, oratori nelle corti italiane dal xiii al xv secolo (Bologna: Il mulino, 1992): 59-94.
Memelsdorff 1992 | Pedro Memelsdorff, “Piú chiar che ‘l sol: luce su un contratenor di Antonello da Caserta”, Recercare, 4 (1992): 5-22.
Stone 2001 | Anne Stone, “A singer at the fountain: Homage and irony in Ciconia’s ‘Sus une fontayne’”, Music & Letters, 82/3 (2001): 361-390.
Dieckmann 2007 | Sandra Dieckmann, "Con brachi assai, Segugi a corda, Per sparverare. The caccia at the court
of the Visconti", in Kontinuität und Transformation in der italienischen Vokalmusik zwischen Dueund Quattrocento, ed. Sandra Dieckmann, Oliver Huck et.al. (New York: Georg Olms Verlag, 2007):
Marchi 2008 | Lucia Marchi, "Music and university culture in late fourteenth-century Pavia: The manuscript Chicago,
Newberry Library, Case ms 54.1", Acta Musicologica, 80/2 (2008): 143-164.
Pasotti 2011 | Michele Pasotti, “Le ray au soleyl: Musica alla corte pavese dei Visconti (1360-1410)”, booklet dell’omonimo CD (ORF/Alte Musik, 2011).
Abramov 2012 | Elena Abramov-van Rijk, “Luchino Visconti, Jacopo da Bologna and Petrarch: Courting a Patron”, Studi musicali, n.s., 3/1 (2012): 7-62.
Melini 2012 | Donatella Melini, “Musical Iconography in the Visconti Codices”, Music in Art, 37/1-2 (2012): 45-56.
Caraci 2014 | Maria Caraci Vela, “Per una nuova lettura del madrigale Aquila altera / Creatura gentile / Uccel di Dio di Jacopo da Bologna", Philomusica-online, 13 (2014).
Limongelli 2014 | Marco Limongelli, “Poeti e istrioni tra Bernabò e Gian Galeazzo”, in Valorosa vipera gentile: Poesia e letteratura in volgare attorno ai Visconti fra Trecento e primo Quattrocento, ed. Simone Albonico, Marco Limongelli, Barbara Pagliari (Roma: Viella, 2014): 85-119.
Caraci 2016 | Maria Caraci Vela, “La polifonia profana a Pavia negli anni di Bernabò e Gian Galeazzo: linee di sviluppo di un progetto culturale europeo”, in Courts and courtly cultures in early modern Italy and Europe: models and languages, proceedings (Losanna, 6-8.xi.2013) ed. Simone Albonico, Serena Romano (Roma: Viella, 2016): 241-260.
Tunesi 2019 | Lorenzo Tunesi, “Bells and Trumpets, Jesters and Musici: Sounds and Musical life in Milan under the Visconti”, dattiloscritto (2019).