Frontespizio della prima edizione, conservata a Ostiglia |
l'autore | l'opera | le edizioni | la fortuna
Marcus Meibom nasce a Tönningen nel 1621 circa [1]. Fu filologo, matematico e apprezzato bibliotecario. Il suo grande amore per la letteratura greca e latina lo condusse allo studio della musica antica, in particolare quella greca (Hutton 1795). Questo lo portò a pubblicare il suo libro più famoso, Antiquae musicae auctores septem (Amsterdam 1652).
Conoscendo l'interesse della regina Cristina di Svezia per la cultura degli antichi, Meibom le dedicò il suo libro con l'intento di entrare nelle sue grazie. La regina riconoscente lo invitò alla sua corte a Stoccolma come reale assistente bibliotecario [2]. Inoltre, affascinata dai suoi racconti e dalle sue descrizioni, gli diede l'incarico di fabbricare alcuni strumenti che ricalcassero quelli dei greci per poter tenere un concerto; durante l'esibizione venne invitato a cantare, suscitando le risate di scherno da parte di alcuni cortigiani. Irato, colpì violentemente con un pugno Pierre Bourdelot [3], il dottore personale della regina e venne in seguito allontanato.
Trovò lavoro a Copenaghen presso la corte di Federico iii come educatore e regio bibliotecario; a lui è dedicato il Dialogus de proportionibus (Copenaghen, 1655), l'altro suo libro dove tratta di musica antica [4]. Venne allontanato dalla corte pare per causa di scarsa attenzione verso i suoi doveri e riparò ad Amsterdam dove divenne professore di storia, e vi rimase per il resto della sua vita (a parte tre anni in Inghilterra, dal 1674 al 1677) [5].
Morì nel 1710 in condizioni di estrema povertà, costretto a vendere all'asta parte della sua ricchissima libreria.
L'apporto culturale e umanistico di Meibom nell'area scandinava fu molto rilevante anche al di fuori della musicologia: nel gennaio 2010 si è tenuto, in occasione del trecentesimo anniversario della sua scomparsa, l'International Marcus Meibom Symposium, due giornate di studi in suo onore.
Meibom ha raccolto fra i più importanti libri scritti da antichi filosofi e studiosi sulla musica greca. Alcuni erano già stati precedentemente pubblicati, ma spesso (a detta di Meibom) con traduzioni lacunose e imprecise. Perciò scelse di ripubblicarli con una traduzione da lui curata personalmente e ponendo anche il testo originale in greco sulla colonna a fianco. L' opera è in due volumi. I testi in greco sono con la traduzione latina a fronte (1).
I. Aristoxeni harmonicorum elementorum libri iii
II. Euclidis introductio harmonica
III. Nicomachi Geraseni, pythagorici, harmonices manuale
IV. Alypii introductio musica
V. Gaudentii, philosophi, introductio harmonica
VI. Bachii senioris introductio artis musicae
[VII.] Aristidis Quintiliani de musica libri iii | Martiani Capellae de musica libri ix
1652 - princeps
Antiquae
musicae auctores septem graece et latine, Marcus Meibomius restituit ac notis
explicavit, 2 voll., Amstelodami: Apud Ludovicum Elzevirium, 1652.
1977
- anastatica
Antiquae musicae auctores septem graece et latine, Marcus
Meibomius restituit ac notis explicavit, 2 voll., New York: Broude bros.,
1977.
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Alcuni trattati furono furono pubblicati precedentemente al 1652, ma Meibom stesso criticò duramente queste edizioni, affermando che le traduzioni erano molto lacunose e spesso l'autore aveva completamente frainteso il senso generale del discorso. Di seguito si riportano le pubblicazioni precedenti alla nostra:
La migliore raccolta di trattati di musica greca posteriore all'opera di Meibom, dove peraltro i saggi sono più o meno gli stessi, è:
Il libro ebbe un' importanza fondamentale nella storia della musica antica. Probabilmente non ebbe un grosso successo commerciale (ne è la prova il fatto che non abbia avuto ristampe almeno fino al 1977), ma di fatto segna la svolta nello studio dell'antica musica greca, costituendo il punto di partenza per chiunque abbia voluto approcciarsi a questa disciplina negli anni a venire almeno fino al 1895, anno di pubblicazione del Musici scriptores graeci di Karl von Jan. Come fa notare il Lichtenthal, alcuni brani di questa antologia erano già stati raccolti e pubblicati precedentemente, ma senza la cura editoriale che rende il lavoro di Meibom molto più apprezzato:
L'interesse crescente nello studio della pratica musicale greca e romana, rende questo libro una delle più importanti pubblicazioni del settore; per questo motivo Meibom è considerato un pioniere, fra i primi ad approcciarsi alla disciplina.
[dedica I
tomo] · Alla serenissima principess Cristina, regina
degli Svevi, dei Goti, dei Vandali.
Pensai che l'antichissima disciplina della musica, che nei primi tempi
del mondo spinse gli ingegni mortali alla virtù ed alla
generosità, ed in tutti li esercitò, una volta ricoperta dai
reperti degli antichi scrittori, in cui finora rimase sepolta, dovessero essere
dedicata a te, serenissima signora. Dal momento, infatti, che il tuo ingegno
divino si compiace immensamente di ogni tipo di letteratura che porta a
formarsi una cultura, quella disciplina fra le prime che nel suo complesso
abbracciava un tempo ogni conoscenza e saggezza, sembra degna di essere
onorata.
Questa è la musica, arte regolata dalle leggi eterne della
natura; chi la esercitava era ritenuto ad un tempo ugualmente dotto, saggio e
forte. Un tempo i re ed i sommi principi la imparavano e la esercitavano in
pubblico ed in privato, poiché ritenevano che null'altro esistesse di
più utile che proporre le lodi degli antichi eroi per far nascere
virtù eroiche, niente di più elevato per pacificare gli animi.
Per quanto i re ed i generali precedevano gli altri per vera saggezza e per la
forza inflessibile del carattere, con tanta maggiore attenzione avevano
dominato prima il loro carattere con la musica, che è la più
formidabile delle vittorie per ottenere ogni virtù.
Mosè, patriarca del popolo d'Israele, addirittura il maggiore per
testimonianza divina, si tramanda che fosse stato istruito in questa disciplina
di cui anche la sorella precedette le altre donne nel cantare un inno, dopo
aver ottenuto il beneficio della liberazione. Leggiamo che non i monti, non i
boschi e le belve, come nell'antichità cantava di Orfeo, ma una certa
ispirazione divina avesse trascinato Davide a cantare, a placare l'animo
furioso del re, preso da un potentissimo nemico. Con questa musica, Achille, il
più famoso comandante tra tutti coloro che a Troia brillarono per la
lode guerriera, per ogni sforzo di virtù, rafforzava o rilassava il
vigore dell'animo. Potrei ricordare innumerevoli altri, se non per la tua noia,
o sapientissima signora, ma per ripetere in una cosa nota.
Ti è noto che tutti i Pitagorici impararono ed esercitarono
quest'arte, come presso di loro siano fioriti non più filosofi che
musicisti e come da tutta la fama della letteratura siano sempre ricordati per
la lode della sapienza e della cultura i famosissimi nomi di Pitagora, Platone,
Aristotele, Aristosseno, Plutarco, Cl. Tolomeo, Agostino, Boezio ed altri, sia
scrittori profani che ecclesiastici che questa [musica] avevano scoperto e
prodotto.
Dopo che i barbari irruppero sull'impero, quella sola si salvò a
quella fatale rovina; mentre tu regni, o sapientissima signora, scampata dalle
barbarie, poiché le muse si sono risvegliate, [la musica] tenta di nuovo
di rialzare il capo. Possa tu, o Cristina, sostenere il giudizio su di Lei, con
tutta sapienza degli antichi proverai una grande gioia (un comune uomo di
lettere tenta di rendere noto il tuo nome ai posteri nel ruolo di Mecenate).
Possa tornare [la musica] a godere la luce degli uomini, e al cospetto del
pubblico. Le note degli antichi musicisti, per decantare le tue lodi, che non
esprimono tanto gli esempi degli antichi, quanto mostrano novità ai
posteri, le mostrerai restaurate al mondo culturale.
Dopo aver ottenuta questa occasione di mostrarti la mia umilissima
devozione, tra gli altri, che ammirano pubblicamente la stupenda armonia delle
tue virtù, volli presentarmi, perché tu non travolga
impetuosamente il corso del tuo regno tanto affabile, affinché i tuoi
sudditi, spinti dal soavissimo accordo delle tue virtù, non tanto da
quello di tutte le leggi, facciano risuonare in te, hypate, l'ottava, la
quinta e la quarta corda, ma anche tutto il mondo insieme sia trascinato,
mentre io, solo, sembravo non essermi stupito per la grandezza di
quell'accordo. A te, o serenissima signora, devitissimo M. Meibomius.
Vita Aristoxeni ex Suida · Aristosseno fu figlio di Mnesio, che era chiamato anche Spintaro, musicista, proveniente dalla città di Taranto. Costui, dopo aver vissuto alquanto tempo a Mantinea, divenne filosofo. Applicato l'animo alla musica, Aristosseno non venne mai meno per nulla all'impegno: prima discepolo del padre, poi di Lampo Eritreo, ancora di Xenofilo Pitagorico ed infine di Aristotele, che una volta morto, coprì di contumelie, poiché la scuola aveva designato come successore Teofrasto, mente lui fra i suoi discepoli aveva ottenuto una grande gloria. Nei tempi successivi visse ad Alessandria, dalla centunesima Olimpiade, coetaneo di Dicearco Messenio. Compose libri di musica, filosofici, di ogni scienza e disciplina che si contano fino al 453.
[Aristoxeni] Lectori erudito · Ti propongo, perché tu lo conosca, un
antichissimo autore di musica ed il più famoso per le opere su questa
disciplina fra gli antichi Greci e Latini, il principe dei musici, Aristosseno,
spiegato con le nostre capacità. Fin da allora, egli con i documenti di
una raffinatissima cultura e di una straordinaria capacità letteraria
tenne lontani da sé e dalle familiarità con lui gli uomini che
avevano dovuto sentire culto e venerazione per quell'uomo, riguardo la
letteratura e su argomenti storici di grandissimo valore.
Benché, infatti, una volta o due, parlando nella sua lingua o in
quella romana, si esibì in pubblico, sempre tuttavia, per l'altezza
delle sue competenze, trascurato da tutti, fu costretto a ritornare negli
angoli delle biblioteche. Tanto male poté creare ad un uomo eccelso,
nostro predecessore ed antenato, la ferale ignoranza delle scienze
musicali.
Nel secolo passato si rivelò Antonio Gogavino, di Gravi, il
quale con l'intenzione di essere degno dei musicisti e dello stesso
Aristosseno, di cui non seguiva in nessun modo l'ingegno, si accinse a tradurlo
con un tentativo non meno vano che pericoloso per la letteratura. Perciò
abbiamo tradotto in lingua latina non solamente Gli armonici di
Aristosseno, ma anche di Tolomeo, editi in un solo volume a Venezia nell'anno
1562. Se dirò che questa traduzione è di un uomo con nessun
approfondimento culturale ed appena principiante della lingua greca, che
l'abbia usata senza alcun giudizio, ciò che tutta l'opera dimostra e
provano le nostre annotazioni, avrò detto un'evidenza. Meriterebbe una
scusante se esitasse su passi oscuri o corrotti, ma in verità
poiché anche su passi facilissimi e non oscurati da nessun dubbio
vaneggia, inciampa, quasi contraddice le affermazioni fatte, chi non
definirebbe sciocco colui che, sicuro sul suo giudizio della posterità,
abbia osato produrlo in pubblico? Quanta maggiore lode avrebbe ottenuto da
tutti gli studiosi se il testo greco che ottenne dal codice Scaligero
più completo, come è provato nella sua interpretazione, avesse
affidato al tipografo da imitare accuratamente. Come tutti i dotti sanno, le
cattive traduzioni, ancora più per un pubblico impreparato che per uno
buono, mostrano la volontà, comune in qualsiasi dottrina o conoscenza,
non tanto di eliminare gli errori ma di crearli.
Riterrei così degno di una maggiore lode Giovanni Meursio, uomo
benemerito della letteratura, che, avendo disperato di tradurre questo autore,
volle invitare altri, una volta letto il testo greco, a confermarlo; se la sua
massima trascuratezza nel trascriverlo non avesse sminuito questo elogio,
essendo stato trascritto da un altro, siglato con un autografo. Infatti nelle
sue annotazioni, con le quali si preoccupò di correggere il testo greco,
quasi ovunque esitano. Perdoniamo ciò a lui per l'ignoranza della
letteratura musicale, comune a lui con altri dotti, ma poiché il testo
greco è mutilo in 20 e più passi, non solamente per singoli
vocaboli, ma addirittura più spesso per interi versi, da lui integrati,
io penso che ciò non si possa scusare per nessun motivo.
Potrebbero essere enumerati quelli tralasciati, se la nostra edizione
potesse essere confrontata con quella Meursiana, ché sono ambedue
riportate dallo stesso codice; poi per ricostruirli, essendo tutti i tre codici
inglesi, li collezionai con i due esemplari dell'edizione Meursiana, che otto
mesi dopo che questa edizione mi era stata procurata, mi mandò un uomo
sommo, Giovanni Seldeno. Per non rimproverare la trascuratezza di un uomo
coltissimo e per non essere molesto al lettore, non volli mai ricordarlo nelle
annotazioni.
Ho trovato annotato da quei codici poche notizie, che sono di valida
utilità, ho pensato tuttavia che il lettore debba essere avvertito nelle
note sia di quelle buone che di quelle cattive, perché penso che quanto
accuratamente debbano essere usati i libri scritti a mano, tutti lo capirebbero
da ciò. Inoltre un secondo tra quegli esemplari era di un uomo
famosissimo, Patrizio Giugno, unito con il codice di Seldeno, che era stato un
tempo di Cristoforo Longolio, tracciato dalla stessa mano, come mi scrisse
Seldeno, con la quale fu scritto quello di Vettio Valente, che io potei
utilizzare per la generosità dello stesso. Chiamiano questo Seldeniano
dal nome del padrone e dall'autore del gesto generoso.
Un altro di Gerardo Langaini, uomo illustre, da lui stesso unito ai due
libri della biblioteca Bodleriana, uno più antico, che era stato di
Francesco Barocci, l'altro più recente, che a quella biblioteca aveva
donato Enrico Savilio. Li definiremo Ossoniesi, se ce li concederanno, se non
saranno d'accordo, con i loro propri nomi. Inoltre questi tre elementi armonici
di Aristosseno non sembrano scritti nello stesso tempo e penso che siano mutili
in ogni conclusione, come si dice anche altrove. Sostituisco la nuova
traduzione di quello a quella barbara ed incolta di Gogavino. Spiego con
annotazioni brevi, ma che, secondo il mio costume, non trascurano nessun
passaggio che abbia l'impressione di difficoltà, spiego tutto ciò
che l'autore ha trascurato e lo correggo. Inoltre in questa impresa,
poiché è stata molto complessa, pensai di dovermi impegnare con
maggiore lena perché con maggiore tua utilità sarà
conosciuto da te il principe ed il signore dei musicisti. Ti saluto.
[Euclide]
Lectori benevolo · Se la celebrità dell'autore
può conciliare allo scritto qualche simpatia, penseremo che questa
introduzione alla Harmonica sia adattissima. Chi infatti è
più celebre di Euclide nelle matematiche, che ogni tempo
considerò unico fondatore della geometria? Chi deve essere paragonato
con costui per la gloria dell'approfondita dottrina e del metodo? Quelle
capacita di questo autore sono così notevoli anche in questo libretto,
che se lo stesso nome in nessun codice si leggeva scritto, per lo stesso motivo
poteva essere riconosciuto.
Vi sono tuttavia coloro che, mossi dall'autorità di antichi
libri, dubitarono che questa Harmonica debba essere attribuita ad
Euclide. Infatti il codice di Valla presenta il nome di Cleonide. Benché
il padre di Grottio [Groot Huig, 1583-1645] stimò autore di questo
scritto [Marziano] Cappella, nelle note a pagina 316, ebbe argomento poco
solido. Possevino nominò Pappo di Alessandria, convinto da
un'annotazione del codice Vaticano. Nello scritto di Vulcanio si legge
«Introduzione Armonica di anonimo». Tuttavia quel nome, o di
Cleonide o di Pappo, che appare in alcuni libri, deve considerarsi aggiunto non
senza una ragione.
Così bisogna pensare che varie siano le edizioni degli Harmonica di Euclide. Poiché questa Intruduzione è
passata per le mani di tutti, questo non poté avvenire senza che non
soffrisse di molti errori per colpa degli scrivani, che l'erudito matematico
tolse accuratamente con la nuova edizione. Avendo inoltre aggiunto passi di
altri autori, dai quali, nelle note, sono chiariti i passi più oscuri.
In relazione a ciò bisogna pensare che sia letto il nome di Pappo o
piuttosto di Cleonide e che la prima e più antica edizione avesse
conservato solamente il nome dell'autore stesso.
Il primo che produsse questa Introduzione in lingua latina fu il
piacentino Giorgio Valla, che con molti altri libretti, tradotti dallo stesso
in latino, la pubblicò a Venezia nell'anno 1498 con il titolo Introduzione degli Armonici di Cleonide. È evidente quanto poco
egli abbia compreso dei musicisti da quella interpretazione e dalla grande
opera di coloro che debbono essere ricercati o sfuggiti, nella quale tradusse
l'Harmonica di Euclide, di Aristide, di Briennio, avendo mutato un poco
l'ordine. Per tacere di quante volte sbagliò per l'ignoranza della
lingua greca.
Poi Giovanni Pena, matematico reale, per primo, dopo aver aggiunto una
nuova versione, in greco, pubblicò questi Elementi di Armonica a
Parigi, nell'anno 1557. Tuttavia in quell'opera troviamo non pochi errori, che
anche i successivi trascrittori che riportarono la sua versione, come Possevino
e Perigonio, non emendarono. Che lui non avesse letto la versione di Valla
anche da ciò si manifesta: che egli aveva tradotto bene, seguendo il
testo greco, mentre quello aveva sbagliato più spesso per
incapacità d'ingegno, piuttosto che per un difetto dell'esemplare.
Pensando che mi sarei accollato un lavoro oscuro tra quelle versioni da
correggere e ricostruire, ne feci una nuova. Perciò il testo greco
proviene da due codici scritti, tranne il Vulcaniano, dal quale nella stessa
edizione tradussi le parti migliori; è stato corretto, perché
l'edizione di Dasipodio, stampata dalla Peniana con errori in molti passi, in
Argentina [recte Strasburgo], nell'anno 1571, lo riunì con
l'antico codice Coventriense un uomo sommo, Giovanni Seldeno, che dello stesso
libro mise anche tutte le proposizioni con le dimostrazioni dalla sezione del
Canone, scritte di sua mano con cura.
Un altro esemplare della medesima edizione con lo scritto Baronciano
raccolse l'uomo dottissimo Gerardo Langainio. Ricostruì gli schemi delle
linee, delle quali alcune in modo poco corretto e riportava il testo
Coventriense e la sezione del Canone. I passi di Euclide che si leggono,
riportati negli scritti di Vulcanio e di Possevino, nel nostro Aristide, che
tratta gli stessi argomenti, ho ritenuto di renderli più adeguatamente
di quanto sono esposti qui. Inoltre le note in questi Elementi di
Armonica in alcuni passi sembrano essere scritte con più precisione,
per cui il grezzo lettore di musica antica, che per la celebrità di
Euclide vi si sarà gettato subito, senza alcuna fatica,
comprenderà ogni cosa e nel futuro i professori di scienze matematiche,
non spaventati da alcuna difficoltà della scienza stessa, potrebbero
spiegare alla gioventù non meno questi Harmonica che la sua Geometria. Se qualcuno desiderasse conoscere più completamente
questi argomenti si accosti ad Aristosseno, il principe dei musicisti, di cui
Euclide si sforzò di scrivere in forma d'arte gli Harminica e non
solo i fondamenti di questa dottrina, ma altre dimostrazioni, utili alla
comunità per conoscere gli Harmonica e poterli assaporare. Ti
saluto, o lettore semplice e godi anche di questa nostra fatica.
[Nicomaco]
Lectori benevolo · Consideriamo qui già
conosciuto ampiamente Nicomaco, unico autore della antica musica dei
Pitagorici. Fra gli innumerevoli altri che coltivarono fin dall'inizio la
musica per l'insegnamento della scuola e cercarono di trasmetterla con opere
egregie, questo solo fu conosciuto fino ai nostri tempi. Infatti è un
autore non tanto di grande antichità, ma anche di somma autorità
di tutti i tempi.
Possiamo desumere ciò da Giambico, che nel xxvi capitolo
del primo libro sulla vita di Pitagora, dal quale manuale riportò gli Armonici. Apuleio di Madaura per primo e poi Boezio tradussero in latino
i suoi libri sull'Aritmetica, dei quali Fozio ci ha anche conservato gli Estratti. Per quanto riguarda la musica, Boezio seguì soprattutto
costui, come si legge nel suo quinti libro sulla musica.
In quale secolo sia vissuto non ne fa menzione nessuno di coloro che
citano lui ed i suoi libri; come anche Pappo, Eutocio e Cassiodoro
lasciò scritto. Davvero errata è l'opinione del dottissimo
matematico Giuseppe Blancano, quando giudicò costui più vecchio
di Platone. Non ho alcun dubbio che sia più recente dei tempi di
Agostino, come colui che fa menzione di Trasillo nella pagina xxiv, che
io giudico lo stesso citato da Svetonio spesso al tempo di Augusto e Tiberio e
dall' antico Scoliasta nella sesta Satira di Giovenale, come insigne
matematico. Se si potesse dare piena fiducia alla pagina xxxvi degli Estratti, per non dover pensare che siano stati manomessi in quel punto,
penseremmo che sia più giovane di Claudio Tolomeo, autore famosissimo,
che lasciò anche tre libri di Armonici, scritti con grande
rigore. Certamente dobbiamo pensare che non sia vissuto molto lontano dall'
età di costui, se si considerasse il tempo nel quale visse Apuleio.
Si osserva senza difficoltà che quei famosi Estratti,
corrotti in modo davvero notevole, sono di Nicomaco, anche dalla sua penna, che
in non pochi passi risentano di costume straniero. Infatti Geraseno è
chiamato Cerasa, dalla patria, che è una città interna della
Siria. Per errore sia il codice Scaligero che i codici di Briennio, nei passi
da lui citati, hanno questo nome scritto con la duplice sigma e gli Oxoniesi,
in modo ancora più errato Gherassinos. Dovrebbe essere scritto Geraseno, tranne Fozio e Stefano de Urbibus, anche Giamblico lo sostiene
nel commento all'Aritmetica di Nicomaco, che possiedo scritta a
mano.
Trascriverò qui le sue parole, che possono anche illustrare la Geografia: «E' chiamato Geraseno dalla città chiamata
Cerasa, che è tra il Bosforo e l'Arabia. Inoltre è chiamata
Cerasa dai vecchi, che avevano militato sotto Alessandro che non avevano potuto
seguirlo più a lungo ed avevano posto qui la loro sede».
Molto pregevole è l'opera che scrisse sulla musica, nelle quale
non fissa gli elementi della musica, ma spiegò la scienza delle
proporzioni, necessaria a comprenderla. Dapprima Eutocio cita il libro di
costui, nel Commentario del iv teorema del ii libro di
Archimede sulla sfera e sul cilindro, dove cerca di dimostrare la composizione
delle regole.
Abbiamo pubblicato questo manuale gli Armonici tradotto in lingua
latina, benché Gesnero e Desselio scrivono che questo vi fu collocato da
Antonio Hermanno Gogava. Sembra perciò che sia nato un errore,
poiché gli Armonici sono di Tolomeo e di Aristosseno e si pensa
che siano stati pubblicati da lui a Venezia. Poi un uomo esimio, Ger.
Langbainio, riunì il testo con due scritti Oxoniesi; scopriamo allora
che quelli, tranne due passi che secondo Briennio si trovano alla pagina xxxiv e xxxv, non sono per nulla migliori del codice Scaligero.
Così tutti i passi più difficili, come si è fatto negli
altri, dovettero essere ricostruiti utilizzando la sagacità, e tu,
lettore erudito, dalle nostre annotazioni, conoscerai e giudicherai con quanto
felice esito ciò sia stato fatto. Salve.
[Alippio]
Lectori erudito · Di quei sette autori musicali, che
ora do alle stampe congiunti, nessuno sono stato tanto costretto a correggere
per vari motivi, quanto questo Alipio, nessuno con un risultato così
consolante. Oltre ad innumerevoli errori, che tolsi dalle stesse note e dalle
loro descrizioni, ricostruii e completai la parte mutila, in più di
sette modi interi. Né potrei credere che facilmente sarà
ritrovato alcun codice più integro dì quelli che ho consultato.
Il primo è lo Scaligero, che pubblichiamo. Secondo l'Oxoniese, il
Bodleriano, il Barociano, dai quali, fino all'esemplare di Alipio, pubblicato
da Meursio, aveva scritto le note e gli aspetti varianti nella loro descrizione
Cl. Langbainio. Gli ultimi documenti di Alipio, trascritti a Roma dal codice
Barberino, me li mandò Cl. Leo Allazio. Tutti quei codici terminano a
pag. 56, con la terza corda mediana dell'armonia iperfrigia, che ha lambda e
semidelta rivolte in basso. Il codice Seldenio, scritto da una mano elegante,
ma molto corrotto, ed ancora più mutilato in altre parti, termina con
l'armonia eolica, in ogni modo da ogni libro mancano le informazioni che
seguono dalla coincidenza della corda più bassa della lira fino a quella
mediana della sequenza ipoeolica.
Per quali ragioni allora io abbia pensato che questi debbano essere
così completati, ho intenzione di esporlo nei Prolegomeni.
Inoltre poiché, oltre a questo Alipio e Gaudenzio, che ora per primi
pubblichiamo, anche Boezio nel libro iv al cap. 3 espone queste stesse
note in un solo modo, seguendo tre generi, questo capitolo è integro dal
codice Basil. nell'edizione 1570, mi sembrò giusto porlo accanto,
affinché gli uomini studiosi delle antichità musicali, fatto un
paragone, giudichino con maggior sicurezza riguardo alla nostra interpretazione
delle annotazioni. Per questo motivo, annotai svariate interpretazioni e note,
che riportava l'antico codice di Seldeni, il quale mi inviò questo
capitolo da lui accuratamente annotato di sua mano, con annotazioni dello
stesso capitolo,che dai codici Oxoniesi, Bodleriano e Baliolense aveva
descritto Cl. Langbainio. Trascurai di riproporre le immagini dei codici
posteriori per non sfinire la pazienza degli artigiani. Salve.
Boethii
Musicae · Della musica di Boezio, iv capitolo
del libro iii con un vecchio manoscritto di Giovanni Seldeno riunito.
Esposizione delle note musicali in lingua greca e latina.
Poiché stiamo per dividere con una regola le predette consonanze
delle corde, e poiché questa divisione mostrerà i suoni necessari
in tre generi di melodia, ci resta da aggiungere solo le note, in modo che
avendo segnato le linee divise con le medesime note, possa facilmente essere
riconosciuto quale sia il nome di ciascuna. Infatti gli antichi musicisti per
l'economia della trascrizione, perché non fosse necessario trascrivere i
nomi sempre completi, escogitarono queste note, con le quali fossero indicati i
segni delle corde e divisero queste per generi e ritmi; insieme sia
comprensibili per questa brevità, sia perché se il musicista
avesse voluto scrivere qualche canto sopra il verso, diviso con la ritmica
composizione del metro, scrivesse queste note dei suoni, che si comprendono in
modo tanto meraviglioso, affinché non solo le parole delle poesie , che
si scrivono con le lettere, ma anche lo stesso canto, che è indicato con
queste note, durasse nella memoria e nella posterità. Fra tutti questi
toni esponiamo uno solo, per il momento, quello Lydio, e le sue annotazioni
secondo tre generi, proponendoci di fare la stessa cosa in altro tempo per gli
altri toni. Anche se, quando avrò descritto la disposizione delle note
con una traduzione in lingua greca , il lettore non sarà turbato da
alcuna novità. Infatti questa descrizione delle note è tutta
formata in lingua greca , in qualsiasi modo sia o ferma o modulata. Noi temiamo
di non tradurre qualcosa dall'autorevolezza dell'antichità . Saranno
perciò prime e più importanti le annotazioni della dizione,
cioè delle parole, seconde e inferiori quelle della percussione.
Proslambanomenon (la nota più bassa) si può indicare con Z non
completa e tau ripiegato ?. Hypate hypaton (la prima corda grave della cetra)
che è la prima delle principali, ? girato e ? diritto. Parypate hypaton
(la corda vicina alla più bassa) cioè quella al di sotto della
prima delle principali ? non completa e ?supino ?/L . Hypaton armonioso, che
è l'armoniosa delle corde principali, V supino con una linea e ? girato
avendo dietro la virgola, A/V. Hypaton cromatica, che è l'estesa delle
principali, A (rovesciata) supina con una linea e ? girato con due linee F
all'insù /A. Hypaton ditatono che è la principale delle estese ?
greco e digramma ?/F. Hypate meson ,che è la principale delle medie, C e
C, C/C. Parhypate meson, che è dopo la prima delle medie, P e C supino,
P/O. Meson armonica, che è la corda armonica di quelle medie, ? greco e
? girato ? /?. Meson cromatica, che è la cromatica delle corde di mezzo
? greco con la virgola, e ? girato, avendo in mezzo la virgola. Meson diatonica
(naturale) di mezzo, che è la prolungata delle mediane, M greco e ?
greco allungato, M/?. Mese, che è la corda di mezzo, I e A ripiegata,
I/?. Tritesynemmenon, che è la terza delle corde congiunte, ? e A
supino, ?/ V. Synemmenon armonico, che è la corda armonica di quelle
congiunte, H greco e A ripiegato, avendo in mezzo la virgola. Synemmenon
cromatico, che è la cromatica delle corde congiunte, H greco con la
virgola e A girato con la virgola ?/?. Synemmenon diatono, che è la
prolungata delle corde congiunte ? e N, ?/N. Nete (la corda più alta
della lira) synemmenon, che è l'ultima delle corde congiunte ? quadrato
supino e Z, ?/Z. Paramese, che è quella dopo quella di mezzore Z e T
girato. Trite diezeugmenon, che è la terza delle corde divise, E
quadrato e ? greco supino. Diezeugmenon armonico, che è l' armonico
delle corde divise, ? e T greco disteso girato. Diezeugmenon cromatico, che
è la cromatica delle corde divise, ? con la virgola, e T greco disteso
girato, con una linea ad angolo. Diezeugmenon diatono ,che è il diatono
delle corde divise, ? quadrato supino e Z, ?/Z. Nete (la corda più alta)
diezeugmenon, che è l'ultima delle divise, ? disteso e N rovesciato
allungato ?/N . Trite hyperboleon, che è la terza delle eccellenti ? dal
basso guardando a destra e metà A a sinistra che guarda in su.
Hyperboleon armonico, che è l'armonica delle corde eccellenti, T supino
e semi A supina a destra. Hyperboleon cromatica, che è la cromatica
delle corde eccellenti, T supino, con una linea e mezza A destra supina, avendo
diètro una linea, .Hyperboleon diatono, che è la più
prolungata delle eccellenti, M greco con un accento prolungato con un accento
acuto. Nete hyperboleon, I con un accento acuto e A piegato con un accento
acuto I/?.
[dedica II
tomo] · Alla Serenissima principessa Cristina, regina
degli Svevi, dei Goti, dei Vandali.
Dopo aver tentato di portare alla luce dalle tenebre
dell'antichità questo secondo volume sulla musica antica dei greci, lo
offro ora umilmente alla tua sacra maestà. Un autore finora ignoto,
Aristide Quintiliano, per il tuo nome splendido e davvero angusto, tentò
di farsi conoscere al mondo, con l'intenzione di sperare soltanto in
un'approvazione proveniente dalla tua sapiente voce, per quanto giacque
nascosto disprezzato dalla ignoranza di questa scienza divina nel corso di
tanti secoli. Coloro che esecrano la barbarie e l'ignoranza dei secoli, per cui
scomparvero gli esempi tanto illustri di ottimi scrittori, giustamente si
meraviglieranno della somma negligenza e dell'inerzia nostra, per cui un
così grande autore poté essere dimenticato. Se infatti osserviamo
la profondità della conoscenza, che qui è tramandata, sia il
giudizio di un autore ovunque raffinato, sia un ordine degno di meraviglia, sia
infine la bellezza dell'orazione, congiunta con sommo approfondimento,
sarà giudicato degno di te sapientissima, in cui le opere degli antichi
scrittori ricevono il proprio onore. Il mondo convinto con il tuo esempio ad
ornare con le scienze divine la mente, stabilì che niente fosse migliore
di quelle, niente di più utile per approfondire la capacità di
giudizio, niente di più piacevole per rilassare l'animo, donato ai
mortali dalla potenza divina, l'autore, esemplare unico, dell'antica sapienza
dei greci, che solo descrisse la musica perfetta in ogni parte, è
richiamato alla luce. Se osservi con meraviglia il tuo Platone, se Aristotele,
i primi dei politici, proteggerai con il tuo favore regale anche costui,
interprete di coloro che per formare i costumi dei cittadini con la musica dai
primi fondamenti di quella, approfondì in modo illustre e saggio, il
nostro tempo parlerà, i posteri veneranno non meno te, restauratrice
unica di ogni vera sapienza, come figlia gloriosissima di Gustavo il grande, ed
erede dei trionfi. Alla tua sacra maestà devotissimo M. Meibomius.
[Quintiliano] Lectori benevolo · Trascriviamo un incomparabile autore di musica antica e
davvero esemplare unico, ora per primi, in greco e latino. Una volta
insegnarono qualcosa sull'Armonica di Aristosseno e per altre parti
dell'arte: tutta l'antichità insegnò qualcosa sulla musica per
formare i costumi; riguardo alle realtà naturali, formate musicalmente
da Dio onnipotente, soprattutto riguardo all'armonia universale, si potè
pensare, che il solo Aristide Quintiliano abbia trattato con tanta estrema
brevità in tre libri da sembrare di aver riunito nella sua opera la
disciplina e la gloria di tutti gli antichi musicisti.
E' ancora più degno di meraviglia che il nome di un così
grande autore non l'abbia letto e ricordato da nessuno degli antichi scrittori.
Che fosse più antico di Marziano Capella è chiaro, per il fatto
che costui abbia riportato l'armonica e la ritmica nella sua opera sulle nozze
della filosofia e di Mercurio: più giovane che di Cicerone,
perché costui è citato dallo stesso nel libro ii.
Dopo la musica la storia affronta un altro argomento, che sono solito
giudicare primario, da cui si può conoscere qualcosa sull'età
degli scrittori musicali, nella quale uno ad uno sono vissuti. Inoltre quello
è sui toni e sui ritmi degli antichi. Infatti chiunque dopo Cl. Tolomeo
scrisse sulla musica e recensì i toni sugli antichi, dei quali
Aristosseno ne fissava xiii, i più giovani di lui xv,
Tolomeo xii, citarono gli autori di questa differenza. Da qui sono
solito considerare Euclide, benché anche da altri indizi, un autore
genuino di musiche armoniche, che pubblichiamo; e coloro che emergono dopo
Aristosseno, il più antico di tutti. Dopo questo colloco Aristide
Quintiliano, circa ai tempi di Plutarco, Alipio anche e Gaudenzio prima di
Tolomeo, sull'età dei quali non possiamo riferire niente di sicuro.
Tutti gli altri, Nicomaco Geraseno, Bacchio più vecchio, Boezio sono
più giovani di Tolomeo. Solo Marziano Capella dall'antichità
ottenne la celebrità di questo Aristide, che (come abbiamo per primi
osservato) tradusse la sua Harmonica e Rhytmica da quello in lingua
latina.
Quanto felicemente è talvolta mostrato nelle nostre note,
certamente non dappertutto seguì l'inventiva di Aristide, il lettore
erudito lo vedrà. Però affermo che costui sia vissuto all'incirca
ai tempi di Apuleio, che probabilmente tradusse l'Harmonica di Gaudenzio
e l' Aritmetica di Nicomano Geraseno. Più oltre pubblichiamo
questo Aristide dal libro dei musicisti, che una volta era stato di Giuseppe
Scaligero, nel quale sono contenuti Alipio, Nicomaco, Aristosseno, Aristide,
Bacchio.
Ci comunicò questo dalle illustre biblioteca Leidense un uomo
famosissimo, Daniel Heinsins, come i due scritti di Marziano Capella. Fra i
quali due, Aristide e Bacchio erano scritti da un'altra mano rispetto agli
altri, in modo molto corrotto, anche Meursio nella sua edizione di Aristosseno,
di Nicomaco e di Alypio dichiara di aver osato tradurre quelli non soltanto in
greco. Noi ci preoccupammo di correggere un autore incompleto e corrotto in
mille passi e restituirlo all'antico splendore. Dopo che le opere sono giunte
qualsi all'ultimo foglio, alla pagina 153, mi diede speranza un uomo sommo,
Giovanni Seldeno, di aver ottenuto un altro codice di Oxonio, descritto per
opera sua dal libro della Biblioteca Magdalense, con un altro della Biblioteca
pubblica, cioè la Bodleriana, tradotto da un uomo straordinario, Garardo
Langbainio. Avendo così pensato di doverlo attendere, mi sono fermato
per un primo ed un secondo mese. Da quello poi, essendo in alcuni passi
più intatto ed in altri più corretto, benché corrotto
(errato non in pochi) ho accolto nel testo le migliiori versioni nell'altro
Codice da un foglio e mezzo e nelle note ricostruii anche i passi mutili. Dalla
Biblioteca del re della Gallia, alcuni passi, che io avevo notatopiù
corrotti, ed in altri gli schemi delle note, curò per me, che dovevo
trascriverli, l'illustre Cl. Salmasio. Gli stessi schemi ed anche alcuni passi
rovinati, come in quello di Aristide, sia in Aristosseno, la fine di Alypio,
trascrisse a Roma, dal codice Barberino, il dottissimo Leo Allatio. Da costoro
non sono stato aiutato in altro modo se non dal fatto che, per la loro
autorità, ovunque fossero gli errori, li segnalavano. Gli altri schemi,
che si vedono a pagina 117-118-119, li ho riportati con una riflessione. Per
l'occasione di uno di quelli, che l'antichità chiamò Elicona, la
cui figura posi a pagina 314, tratta da Tolomeo, trovai un interessante
problema e, benché io sappia che finora non è stato dimostrato da
nessuno che io conosca, lo riproporrò qui per un uso insigne.
Data una linea retta in quante parti uguali tagliarla in continuo
progresso. Sia data una linea retta BD. Divideremo questa in due parti uguali
in E, per il primo principio di Euclide in tre parti con il seguente metodo,
descritto il quadrato ABCD dalla linea data BD, se ne conduca una seconda, che
tagli BD in E, si tracci la linea AE e le diagonali BC, che tagli la precedente
in F. Per questo punto alla stessa AB o CD si conduca alla parallela HG.
Sostengo che FH sia il doppio di FG, ed inoltre che FH sia i 2/3 di tutto BE ed
FG 1/3. Infatti, poiché i triangoli CFH e AFH sono equiangoli del
triangolo BFG e EFG, l'uno e l'altro ed all'altro, CH lo sarà per HF,
così BG per GF. Perciò per la V regola delle proposizioni,
paragonata la prima e la quinta AC sarà alla seconda HF come la terza e
la sesta BE alla quarta GF è uguale a BG, per la VI delle 24
proposizioni, a cui sarà considerata uguale, da G avanzando a D, per la
I delle 2 proposizioni. Così è dimostrato ciò che era
stato proposto. Ugualmente divideremo in 4 parti la linea BD, conducendo prima
la linea AG, poi la parallela ML. Infatti sarà KL la quarta di tutto BD
e nello stesso modo BN la quinta parte, continuando così la stessa
operazione all'infinito, le linee proposte taglieranno in qualsivoglia numero
in parti uguali. Se volessimo nello stesso modo tagliare la linea proposta in
tre parti uguali, suddivisa AB ad esempio in R, tracciamo la linea CR,
tagliando la line HG in S ed avremo le tre parti GF, FS, SH, che si cercavano.
Anche questa suddivisione della line BD, anche la linea BC sia divisa in quante
parti si vuole, come è evidente. Ti saluto, o Lettore Benevolo, e godi
con gioia del nostro lavoro. Amsterdam, 21 di Marzo dell'anno 1652.
[Gaudenzio] Lectori benevolo · Di qualunque piacere tu stai per godere, o lettore semplice,per la pubblicazione del Gaudenzio, tutto questo è stato prodotto per te dalla somma umanità di un uomo immortale per la gloria letteraria, Giovanni Selenio. Costui ci tramandò quel famoso codice di un uomo famosissimo,Patrizio Giunio:in modo che la sua liberalità non consistesse solo in ciò, pensò dovesse essere prima confrontato con altri codici. Davvero ottenne soddisfazione da quel suo Seldeno, lo affidò alla nostra comprensione Gerardo Langbainio, uomo di somma erudizione, Prefetto famosissimo del Collegio Regionale, che è ad Oxonio. Egli collegò con grande accuratezza(aggiungendo alcune ipotesi, che noi inserimmo nelle note) questo codice Gaudenzio con due codici della Biblioteca Bodleiana, che è pubblicata ad Oxonio, con uno davvero più recente, che aveva donato a quella Biblioteca Enrico Savilio, uomo di giudizio molto profondo e di perenne gloria poiché aveva pubblicato Crisostomo, poi con un altro più antico, che con altri manoscritti greci di ogni tipo , che erano stati di Francesco Baroccio, donò alla stessa Biblioteca l'illustrissimo Guglielmo, discepolo di Pembrochia,un tempo Cancelliere dell'Accademia Oxoniese. Stava per pubblicare inoltre questo Gaudenzio un uomo dottissimo, Chilmeado ; ma dopo che aveva sentito parlare di questa edizione dì Musicisti, volentieri lo affidò alle nostre cure da completare. E' autore della dottrina Aristosseno ,come moti altri che scrivevano trattati su qualche parte della Musica prima di Tolomeo. Espone molti argomenti interessanti, soprattutto riguardo alle note musicali, che trascrisse egli stesso dall' introduzione musicale di Alipio, di cui sembra fare menzione in due passi, alla sua Introduzione Armonica ; ciò che fu tradizionale per gli antichi nel trattare soprattutto le Scienze, o anche altro, ciò che era considerato indispensabile al canto musicale, si riferì a Gaudenzio. Inoltre appaiono informazioni rare per il pubblico, salvate dal completo naufragio dei libri sulla Musica. II tono Lidio è scomparso del tutto: resta soltanto il principio dell'Ipoeolico. Gli altri modi quasi si nascondono, risucchiati dalla profondità dell'antichità. Né davvero può esserci alcun dubbio , che questo Gaudenzio abbia avuto tutti i toni , almeno del genere diatonico(naturale). Per la stessa sfortuna dei trentanove versi di semitoni, che con i suoi di uguale tensione decise di recensire accuratamente, a noi ne giunsero solo sei ed anche mutili, poiché i versi ? dei semitoni congiunse con grande errore con i versi ??. Esamineremo con annotazioni fino ad Euclide la falsa credenza che egli riportò sui XII tipi di diapason alla pagina XIX. Ricostruiamo i diagrammi, gli spazi per collocare ì quali erano stati lasciati in ogni codice, in parte con le note per questo autore ed Euclide, in parte con nostre tavole. Non posso davvero riferire nulla di certo riguardo all'età in cui visse. II suo nome è celebrato da Cassiodoro, il quale visse nel V secolo, in quel breve discorso sulla Musica, che inizia così: "un certo Gaudenzio, che scrive sulla Musica, dice che Pitagora avesse trovato i principi di questa cosa dal suono dei martelletti e dall'estensione ripercossa delle corde, che il nostro amico Muziano, uomo coltissimo, tradusse in Latino, affinché la qualità del lavoro compiuto mettesse alla prova l'ingegno". Quella storia della nostra edizione scritta per esteso si legge alla pag. XIII. Non avrei potuto credere che sarebbe più stata ritrovata la versione di Muziano, e la musica di Albino, di cui Boezio e Cassiodoro, sul finire di questa discussione, fanno cenno. Tutte le opere dei Latini scomparvero, tranne i sei libri di Agostino,per l'ammirazione alle opere di Boezio, da cui gli Armonici sono stati abbondantemente tratti. Trascriverò intero il passo di Cassiodoro, che è possibile attribuire anche all'eta di Alipio ed anche dopo:" Davvero molto gradita e molto utile" disse "è la conoscenza che porta la nostra sensibilità alle realtà superne ed addolcisce le orecchie con l'armonia, che presso i Greci insegnarono Alipio, Euclide, Tolomeo ed altri con un degno insegnamento. Inoltre, presso i Latini Albino, uomo straordinario,scàsse un libro su questo argomento di concisa brevità che noi pensiamo di avere avuto nella Biblioteca a Roma e di aver letto con attenzione. Che se in parte è stato modificato da un leggero mutamento, voi avete qui il Gaudenzio in latino di Muziano, se lo leggete con intento sollecito, aprirà le porte di questa scienza". Inoltre completai la traduzione e scissi le annotazioni, in modo che nel comprendere Gaudenzio tu non ti debba affaticare molto. Ti saluto, o lettore semplice, godi della nostra fatica.
[Bacchio] Lectori benevolo · Bacchio il Vecchio ti citiamo descritto con somma fedeltà dallo stesso volume Scaligero dei Musicisti, che ci ricordò Alypio, Nicomaco, Aristosseno,ed Aristide Quintiliano. Anche lui è stato testimone della sorte dei tempi e dell'ingiuria dei librai, poichè l'esperto musicista Aristide Quintiliano, sul quale pensiamo si dovrebbe ancor più approfondire, poiché l'Autore aveva contratto questo vizio, si dovrà correggere con la nostra diligenza. L'iscrizione del libretto presenta bene tutto il trattato. Scrisse infatti per punti in modo conciso e incisivo l'introduzione dell'arte della Musica, che brilla soprattutto per elementi armonici e ritmici, già molti prima avevano tramandato gli elementi armonici; Aristosseno, autore della teoria, Euclide, Nicomaco, Tolomeo e parecchi altri, di cui l'antichità disperse gli scritti di tutta la Musica e pochi scrittori sono ricordati nel mondo. Se alcuni però vi siano stati, o spesso gli stessi autori con l'uso improprio di un linguaggio ingannatore per il lettore o propongono le loro opere incomplete. Né infatti mi sembra che Alypio, avesse ascoltato il consiglio, come da quel principio, che tutti i codici riportano, debba essere derivata tutta la Musica, formata di Armonia, Ritmo e Metrica, che il solo Aristide Quintiliano tutta rielaborò; ma che dell'arte della Musica, che è racchiusa nelle regole del suonare, avesse voluto esporre i primi e necessari elementi. Mai si legge che i Greci, i quali avevano conosciuto accuratamente quanto la Musica disti dall'Armonia, avessero abusato di questo termine. I Latini pensarono giusto chiamare in modo generico qualsiasi parte della Musica. Da qui Agostino, Boezio, Cassiodoro, ed altri scrivono i propri trattati sulla Musica, esponendo solamente singole parti di quella. In Boezio ciò deve sembrare ancor più straordinario, poiché , dopo aver osservato gli elementi armonici degli altri ed il pitagorico Nicomaco Geraseno , lì seguì subito ;egli che intitolò il suo libretto Manuale Armonico, non si accorse di ciò. Mentre qui la dottrina è Aristosseno e Bacchio, benché ricordi solamente 7 modi, che Tolomeo pensava dovessero essere fissati in sette pari al numero degli aspetti del diapason perché debba essere considerato più antico di Manuele Bryennio, nel cui tempo definivano quei sette toni della melopea, dopo averne aggiunto un ottavo I'Ipermixolidio, ottavo suono, con un vocabolo barbaro: poiché Bacchio, il quale si preoccupava di tramandare i fondamenti necessari dell'arte, non cessava di ammonire che nel suo tempo questo nome non fosse usato. Soltanto Marino Marsenno pubblicò questo Bacchio in greco,con un lavoro di commento su alcuni passi della Genesi. Non è giunta fino a noi la traduzione, che noi per primi proponiamo qui con il testo greco ampiamente rivisto. Dopo questo trattato, poi , nel Codice Scaligero segue con questo titolo: "Introduzione all'arte musicale di Bacchio". L'inizio è:"Riporta tutta l'introduzione ordinata dell'arte musicale con le conseguenze", che, con un inizio lievemente mutato, riporta quasi tutto il Briennio al libro II, nel settore VI. Poi seguono altri frammenti, di cui il primo inizia così: "il ritmo formato da un'arsi(elevazione) ed una tesi(abbassamento), il tempo, i metodi per nascondere un vuoto" poi, dopo due pagine scritte alla quarta piegatura, così "La musica è il punto in cui si completa il canto". Proponiamo questi frammenti poiché in essi vi sono molti ricordi della musica antica, talvolta li riferiremo in greco ed in latino. Infine sono riportati due epigrammi ed altrettanti inni. Per primo l'epigramma, perché fa menzione del nostro Bacchio, lo riporterò qui corretto, affinché tu possa in ogni modo collegarlo con il tempo nel quale visse: L'antico Bacchio della musica spiegava Il tono, il modo, la melodia e la sinfonia. Trattando il canto dionisiaco, mostra L'immensa forma e la grande saggezza delle arti. Infatti,fra tutti i saggi maestri, ha parlato a lungo Di elevazione e di abbassamento, e non importa Nulla che questo fosse insolito.