Allan Ramsay, Jean-Jacques Rousseau, 1766 |
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Gli studi musicali di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) iniziano a Annecy dove Madame de Warens, amante e amica, sprona il diciassettenne alla composizione e al canto presso la Maîtrise della cattedrale. E se tale amore si manifesta in opere, arie, musica da camera e sacra, è ovvio che un filosofo quale lui si dedichi anche a lavori di carattere speculativo: pratica e riflessione non possono qui esser scissi, pur ammettendo le contraddizioni umane di un pensiero impulsivo ed in evoluzione.
Esordisce con il Projet concernant de nouveaux signes pour la musique, presentato il 22 agosto del 1742 all'Accademia delle Scienze di Parigi che lo respinge. Commenterà l'anno successivo nella Dissertation sur la musique moderne:
Nel frattempo Diderot lo coinvolge nell'Encyclopédie per la quale stila 124 voci musicali. Si ritira nondimeno dal progetto in seguito a vari litigi, in particolare con d'Alembert per l'articolo Genève, cui risponde con una lettera sugli spettacoli nella sua Repubblica (1758).
A sua volta Rameau aveva pubblicato nel 1755 l'Erreurs sur la musique dans l'Encyclopédie, momento saliente della Querelle des Bouffons [2].Rousseau risponde con l'Examen de deux principes avancés par M. Rameau (1755a), riprendendo argomenti già trattati nella Lettre sur la musique Française e nucleo del futuro Essai sur l'origine des langues. Alla radice sta l'opposizione tra i due circa estetica e ontologia musicale. Rameau, teorico dell'armonia, parteggia per una visione 'naturale' della musica, ossia che privilegi i principi fisico-armonici e che si esplicherebbe dunque nello sfarzoso stile francese. Rousseau invece, contro il relativismo di qualsiasi sistema armonico e la mistificazione dell'artefatto fronte alla purezza del vero naturale, sostiene una musica 'imitativa' dei moti dell'animo, esaltando l'aspetto melodico che si fa tutt'uno con lingua e senso nell'opera italiana. Altre testimonianze della querelle sono la Lettre d'un Symphoniste de l'Académie Royale de musique à ses camarades de l'Orquestre (1753b) o la Lettre a Grimm (1752b), ad esempio, ma tali temi resteranno vivi in Rousseau anche in seguito, come ribadito nella Lettre à M. le Docteur Burney (1776) coi primi apprezzamenti a Gluck.
La morte di Rameau nel 1764 spegne la querelle, e Rousseau tornerà finalmente, oltre ai molti altri interessi che lo resero forse più noto, alla musica pratica con la composizione del Pygmalion, primo esperimento di melologo, e delle sue amate arie, «consolazioni delle miserie della vita» [3]. Le voci scritte per l'Encyclopédie confluiranno nel Dictionnaire de musique (1767), summa di tutta la sua riflessione musicale.
Gli 'scritti musicali' di Jean-Jacques Rousseau un corpo eterogeneo, assemblato in vario modo secondo le esigenze editoriali delle numerosissime raccolte postume può essere distinto in quattro gruppi: a) un nuovo metodo di notazione musicale; b) la collaborazione con l'Encyclopédie e la conseguente querelle con Rameau; c) il Dictionnaire de Musique; d) gli scritti scaturiti dal confronto con Gluck. Molti rimandi alla musica sono contenuti anche nel suo epistolario, ma per varietà e diversa pertinenza sono qui trascurati.
Nel Projet concernant de nouveaux signes pour la musique ritroviamo il lume del razionalismo e della pedagogia tipici di Rousseau:
Il suo sistema pretenderebbe di semplificare l'accesso alla musica sostituendo la notazione tradizionale con un codice basato su numeri, punti e trattini: segni più semplici, di minor numero e con capacità di sintesi maggiore rispetto a quelle del pentagramma (in particolare nella comprensione e nell'uso degli intervalli). Il sistema, soprattutto, presenterebbe vantaggi editoriali e quindi economici considerevoli: la notazione occuperebbe uno spazio esiguo, senza tra l'altro richiedere l'uso di caratteri speciali in fase di stampa. L'Accademia apprezzò l'idea, ritenendola tuttavia poco pratica in quanto eccessivamente rivoluzionaria per una tradizione troppo radicata, la rifiutò. Del Projet ci restano il dossier presso l'Académie des Sciences a Parigi ed il manoscritto a Neuchâtel (CH-N, ms. R.57): la prima edizione sarà nelle uvres Posthumes di Ginevra del 1781.
Rousseau, fermamente convinto della convenienza del suo sistema, l'anno successivo presentò con i tipi parigini di Quilleau la Dissertation, in cui una riesposizione più dettagliata del progetto, arricchita da una parte finale di esempi pratici, si unisce alla stizzita protesta per i tradizionalismi reazionari del mondo della musica.
Nella sua vita di peregrinazioni Rousseau venne a contatto con i maggiori pensatori a lui contemporanei, tuttavia per la sua personalità difficile e criticamente caustica sono pochissime le amicizie che non comprometterà. Tra i grandi litigi si ricordano quelli con gli illuministi Voltaire, d'Alembert e Diderot. Quest'ultimo fa in tempo a coinvolgerlo nell'Encyclopedie a partire dal 1747, immane progetto in 35 volumi in folio di ampliamento e universalizzazione della Cyclopaedia comparsa in Inghilterra una trentina di anni prima [5].
Rousseau stila 124 voci concernenti la musica, oltre a quella più nota sull'economia politica. Alcune di queste si potrebbero contestualizzare storicamente nell'ambito della Querelle des Bouffons, in opposizione alle teorie del paladino della fazione filo-francese Rameau, come ad esempio 'Temperamento', 'Accordo', 'Accompagnamento', 'Cifrare' ecc. Rameau, fermo sulle sue posizioni, non lascia passare lo smacco e pubblica nel 1755 una brochure dal titolo schietto: Erreurs sur la musique dans l'Encyclopédie. Rousseau ribatte con l'Examen de deux principes avancés par M. Rameau dans sa Brochure intitulée: Erreurs sur la musique dans l'Encyclopedie, sostenendo da un lato di essere lui stesso molto scontento avendo scritto tutte queste voci di fretta (in soli tre mesi) con gli inevitabili errori conseguenti, ma dall'altro è evidente che la sua linea di pensiero è discorde rispetto a quella di Rameau.
In sé la Querelle des Bouffons, al di là del suo carattere mondano, cui pure Rousseau prende parte come mostra la Lettre à M. Grimm au sujet des remarques ajoutées à sa lettre sur Omphale in cui fa letteralmente a pezzi il partito di Rameau racchiude l'opposizione dialettica fondamentale tra due maniere di concepire l'arte e l'operato umano: da un lato si ha una visione libera e naturalista, volta al sentimento, al gusto, alla semplicità del genio ed all'innovazione, di cui Rousseau si fa portavoce, dall'altro Rameau sostiene il rigore della tradizione, della regola, della ricercatezza e della razionalità, ritenuta più perfettamente naturale. Queste tendenze poi si estrinsecano in questo caso nell'appoggiare le categorie à la page di opera italiana o francese, ovvero la contrapposizione filosofica di melodia o armonia. Nell'Examen, dopo la sopracitata excusatio, Rousseau è proprio su questo che attacca:
L'Examen non venne mai pubblicato da Rousseau, ci resta solo il manoscritto, sempre a Neuchâtel, che poi entrò nelle opere postume pubblicate dalla Société Typographique di Genève nel 1781. Immagino che con la mancata pubblicazione volesse andare al di là della mera baruffa tecnicista l'Examen si concentra sull'aspetto armonico-acustico ed approntare invece un testo che tratti la questione in tutte le sue implicazioni estetiche e filosofiche, strada ritentata con l'Essai sur l'origine des Langues (1755b), iniziato immediatamente dopo e mai portato a termine.
Del lato più esplicito della Querelle des Bouffons, ossia della superiorità di musica francese o di musica italiana, Rousseau si era già occupato due anni prima, nella Lettre sur la Musique Françoise pubblicata a Parigi nel 1753 in due edizioni, la seconda delle quali corredata da un Avertissement volto a blandire un po' i toni. Si tratta infatti di un testo per molti versi caustico che cassa completamente la musica transalpina dando la superiorità assoluta alla italiana:
L'handicap francese sarebbe nella stessa lingua, monocorde, priva di accentuazione e di espressività, che quindi impedirebbe in sé di essere messa in musica. A ciò si aggiunge la mancanza congenita di gusto, l'impreparazione della maggior parte dei musicisti del paese e l'influenza delle perniciose idee di Rameau (par di leggere tra le righe) sul pensiero musicale nazionale, in sé povero e sterile. Sullo stesso tema interviene sempre nel 1753 la Lettre d'un Symphoniste de l'Académie Royale de musique à ses camarades de l'orquestre (153b), pubblicata da editore anonimo ad Amsterdam, sferzante satira dell'ignoranza dei musicisti francesi dell'epoca.
Il problema della lingua non va in questo caso preso alla leggera: non si tratta di una semplice boutade o di un vezzo filo-italiano tipicamente settecentesco. Rousseau si rifà ad una corrente estetica di pensiero naturalista e sensista attiva sin dagli inizi del xviii secolo, a partire dalla riflessione dell'abate Dubos via via passando per Batteux sino ad arrivare alla sua completezza in Diderot e Rousseau stesso, che postula l'origine comune di linguaggio e musica. Ecco dunque che nell'Essai sur l'origine des langues (1755b) tutto trova la sua giusta collocazione in un disegno di ampio respiro che fa della musica come canto l'eco di una maniera di comunicare potente ed ancestrale, in cui la parola razionale era uno con il sentimento, col moto d'animo che la impregnava. Si fa chiara quindi la necessità di una predilezione della melodia a scapito dell'armonia, e la questione della lingua esce dal superficiale per farsi essenziale in un contesto anche politico e soprattutto etico, come evidenzia Fubini:
Tale messaggio gravido di rivoluzione e di rovesciamento dell'Ancien Regime si esplicita nel favore all'intermezzo italiano La serva padrona, apparentemente innocuo, ma bandiera di una diversa concezione della musica, che Rousseau riproporrà nel suo Devin du Village, idillio pastorale, fuga dal mondo falso e corrotto della città.
Poco a poco Rousseau, come accennato, sulla scia di dissapori intellettuali, questioni di donne e paranoie di complotto, venne a rompere i suoi rapporti con i partecipanti all'Encyclopédie, a partire dal pur buon amico Diderot. Il ritirarsi definitivo dal progetto lo si può individuare nella lettera pubblica del 20 marzo 1758 J.J. Rousseau Citoyen de Genève, à Mr. d'Alembert sur son article Genève, pubblicata sempre presso Rey ad Amsterdam, dove critica le posizioni di d'Alembert riguardanti una qual certa bigottaggine della sua patria, che si esplicherebbe ad esempio nella mancanza di un teatro della commedia, considerata traviante. Rousseau mette in evidenza come il problema sia in primo luogo nella mancanza di commedie moralmente valide, che porterebbe quindi all'inutilità sostanziale di un tale tipo di teatro che
Senza contare la dissolutezza tipica dei costumi dei commedianti, pessimo esempio per la gioventù, che si avrebbero a bazzicare per la città.
Le voci scritte per l'Encyclopédie confluiranno, corrette, ampliate e riscattate dall'imperfezione cui la fretta le aveva costrette, nel suo progetto personale di un Dictionnaire de Musique. Qui si congiunge tutto il pensiero e l'esperienza in merito alla musica maturati negli anni da Rousseau, che arriva addirittura, a fin di bene, a tapparsi il naso negli articoli sull'armonia di fronte alla necessità di trattare il sistema di Rameau ad uso di una nazione che lo sostiene, pur senza rinunciare a mettergli davanti Tartini, alla giusta dose di critica e, in molte voci, ad una sferzante ironia. Il Dictionnaire apparirà in stampa nel 1767 a Ginevra in una edizione in 4° di cui non sopravvive alcuna copia, e l'anno successivo a Parigi, sempre in 4°, presso i tipi della Vedova Duchesne.
Nel 1767 compare sulle scene, prima viennesi e poi di tutta Europa, l'opera Alceste, in lingua italiana, di Christoph Willibald Gluck su libretto di Ranieri de' Calzabigi. La prefazione del libretto, per mano del compositore, si rivela un manifesto programmatico di riforma dell'opera nel senso dell'intelligibilità e della naturalezza, riscattando lo spettacolo da alcuni cliché che ne minavano la verosimiglianza quali l'aria con da capo, sinfonie avulse dal contesto, sistema a compartimenti stagni di recitativi non accompagnati e arie con ampi margini per improvvisazioni ed abbellimenti.
Rousseau, dalla sua, aveva estrema stima di Gluck, al punto che avrebbe desiderato fosse lui a completare la musica per il suo Pygmalion, esperimento di melologo, dove parlato e musica giungono ad uno in una declamazione cantata che richiama in grande le sue teorie espresse ad esempio nell'Essai sur l'origine des Langues, in piccolo la riforma operata dal musicista a Vienna. Così non fu, e la musica fu mal completata da Coignet [10], ed il primo melologo fu un flop.
Altrettanta stima doveva però riservare Gluck a Rousseau, se come ci dice il filosofo gli consegnò il manoscritto dell'Alceste perché lui gli desse una scorsa e gli facesse delle annotazioni, apparentemente in vista della futura versione francese dell'opera. Gluck non volle attendere la fine del lavoro di Rousseau per motivazioni che non ci sono note, e si riprese il suo manoscritto. Ci restano dunque degli stralci che il filosofo allegò alla sua Lettre a M. le Docteur Burney sur la musique (1676), nella quale chiede delucidazioni sulla musica greca e gli parla di tutta la sua produzione in materia, dal sistema per la scrittura musicale (che avrebbe, scopriamo, ulteriormente migliorato aggiungendo, all'abituale scrittura da sinistra verso destra e dall'alto verso il basso nelle pagine, quella contraria, onde non dover mai fare salti con gli occhi per seguire) alla sua concezione di melodia, alle baruffe sull'armonia e sulla terribile musica francese. In tali frammenti, in merito all'Alceste, si biasima il disequilibrio tra i primi due atti ricchi ed il terzo sciapo, di cui incolpa quasi esclusivamente Calzabigi ed il suo pessimo libretto, per poi passare ad un'analisi delle virtù o dei difetti della musica, in alcuni casi considerata da Gluck nella realizzazione della versione francese.
Per ragioni editoriali, alla lettera ed ai frammenti verrà giustapposta l'Extrait d'une réponse du Petit Faiseur a son Préte-Nom, sur un morceau de l'Orphée de M. le Chevalier Gluck (analisi dell'effetto di contrasto nell'enarmonia del brano di Orfeo in cui questi si confronta alle Furie), tanto nella prima edizione parigina di Albert Jansen del 1776 quanto nelle successive raccolte, come esplicano Du Peyrou e Moultou nell'Avertissement della loro:
Con Ecrits sur la musique di Rousseau si fa riferimento all'insieme di tutti i suoi scritti di argomento musicale che ebbe una sua edizione collettiva solo dopo la sua morte all'interno dell'Oeuvre complete dei suoi scritti (v. infra). Di seguito le prime edizioni degli scritti sulla musica pubblicati in vita o rimasti manoscritti:
– Le devin du village, intermède représenté à Fontainebleau devant le Roy, les 18 et 24 octobre 1752, et à Paris par l'Académie royale de musique le jeudy premier mars 1753, Paris: aux dépens de l'Académie chez Vve Delormel et fils, 1753.
– Narcisse ou l'amant de lui-même, Comedie représentée par les comédiens ordinaires du roi, le 18 décembre 1752, Paris: Pisot, 1753.
– Pygmalion, Toulouse: chez J. B. Broulhiet, 1793 [I rapp.: Hotel de Ville de Lyon, 1770].
– Les consolations des misères de ma vie: airs, romances et duos, Paris: De Roullede de la Chevardière, 1781.
La prima raccolta dell'opera completa di Rousseau, fu pubblicata fra il 1774 e il 1776, lui ancora in vita, a Bruxelles (ma con la falsa indicazione di «Londre», senza editore) dapprima in 9 tomi, a cui seguirono, dopo la sua morte (1778), altri tre volumi:
1774-1783
- Londres [Bruxelles]
Jean-Jacques Rousseau, Collection complette des
oeuvres de J.-J. Rousseau, 12 voll., Londres: s.e., 1774-1776
——
L'edizione successiva (la prima che raccoglie tutti gli scritti sulla musica) fu pubblicata a Ginevra per i tipi di Du Peyrou et Moultou nel 1782 (con alcuni supplementi nel 1789) contemporaneamente in 4° (17 voll.) e in 8° (24 voll.):
1782-1789
- Genève
Jean-Jacques Rousseau, Collection complette des oeuvres
de J.-J. Rousseau, 17 voll. in 4° / 33 voll. in 8°, Genève:
[Du Peyrou et Moultou], 1782-1789.
——
Successive ristampe:
1792-1793
- Paris
Jean-Jacques Rousseau, oeuvres completes, 37 voll., Paris:
chez Belin, Caille, Grégoire, Volland, 1792-1793.
1817
- Paris
Jean-Jacques Rousseau, Oeuvres de J.-J. Rousseau, citoyen de
Genève, 7 voll., Paris: Belin, 1817.
1818-1820
- Paris
Jean-Jacques Rousseau, Oeuvres completes de J.-J. Rousseau,
citoyen de Geneve. Edition ornée de gravures, 20 voll., A Paris:
chez les editeurs (V.-H. Perronneau, L.-M. Guillaume et comp.), 1818-1820.
1823-1827
- Paris
Jean-Jacques Rousseau, Ecrits sur la musique in: Oeuvres
complètes de J. J. Rousseau, mises dans un nouvel ordre, avec des notes
historiques et des eclaircissements, 26 voll. a cura di V. D.
Musset-Pathay, Paris: P. Dupont.
1826
- Paris
Jean-Jacques Rousseau, Oeuvres complètes ... avec les
notes de tous les commentateurs, 25 voll., Paris: chez Dalibon, 1826.
1835-1836
- Paris
Jean-Jacques Rousseau, Oeuvres complètes ... avec des
notes historiques, 4 voll. a cura di G. Petitain and V.D. de Musset, Paris:
Furne , 1835-1836
——
Per un catalogo dettagliato di tutte le edizioni delle opere di Rousseau si veda Annick Tombarel-Fauconnier, Index des écrits sur la musique et de quelques écrits scientifiques de Jean-Jacques Rousseau, Genéve: Slatkine, 1999.
Fra le numerose edizioni moderne si segnala l'ed. di Kintzler (1978) e l'ed. Gallimard delle opere complete in 5 voll. che dopo aver pubblicato in un decennio i primi 4 tomi (1959-1969) ha atteso quasi trent'anni per uscire con l'ultimo sulla musica (1995):
1978
- (Kintzler)
Jean-Jacques Rousseau, Ecrits sur la musique, a cura di
Catherine Kintzler, Paris: Editions Stock, 1978.
– liv, 458 pp.
1959-1995
- (Gallimard)
Jean-Jacques Rousseau, Oeuvres completes, 5 voll. a
cura di Bernard Gagnebin et Marcel Raymond, Paris: Gallimard, 1959-1995.
Scarse le traduzioni italiani. Oltre all'intera opera (1972) si segnalano solo altre tre edizioni:
1972
- opera
Jean-Jacques Rousseau, Opere, a cura di Paolo Rossi, Firenze:
Sansoni, 1972; 21989; 31993.
1989
- origine delle lingue
Jean-Jacques Rousseau, Saggio sull'origine delle
lingue. Dove si parla della melodia e dell'imitazione musicale, a cura di
P. Bora, Torino: Einaudi, 1989.
1994
- musica francese
Jean-Jacques Rousseau, Lettera sulla musica
francese, a cura di Giancarlo Moretti, Gaeta: Bibliotheca, 1994.
1996
- lettera a Grimm
Jean-Jacques Rousseau, Lettera a Grimm sulla
musica, a cura di Giancarlo Moretti, Gaeta: Bibliotheca, 1996.
Pierre Lelu, illutrazione |
Il pensiero di Rousseau ebbe risonanza immediata nel mondo francese. Una testimonianza la si può dedurre anche solo dalla quantità delle riedizioni della sua opera completa nei cinquant'anni che seguirono alla sua morte. L'edizione Dalibon del 1826 ne elenca una ventina (xxv, pp. 356-361), molte delle quali oggi introvabili.
Vien da sé che per il lettore di allora Rousseau fosse ricordato soprattutto per i suoi scritti sulla morale, sull'educazione e non da ultimo per la sua Nouvelle Eloise che tanto creò scandalo all'epoca. Di sicuro a tanta fortuna editoriale diedero adito anche la pubblicità del personaggio con le sue querelles e col suo affiliarsi all'Encyclopédie, con le sue pensate astruse ma già pregne di nuovo sentimento. Soprattutto con queste sue idee aveva scosso un'Europa che presentiva una qual certa ebollizione.
Per quanto riguarda il pensiero musicale, se non mancano scritti su cui calò rapido l'oblio della storia come per il suo sistema di notazione che praticamente non ebbe risonanza si può fare in linea di massima una distinzione tra ciò che diede un eco istantaneo e limitato nel tempo e quanto invece durò nel tempo e, in parte, confluì in un pensiero più generale di chiaro stampo romantico.
Al primo gruppo di scritti possono essere ricondotti tutti quelli che hanno a che vedere in maniera diretta con l'Encyclopédie e la Querelle des Bouffons. Questa di sicuro infuriò profondamente nel mondo culturale parigino ed europeo dell'epoca, e senza dubbio per i suoi paladini, Rousseau per primo, aveva risvolti filosofici ben più profondi dell'aspetto più superficiale operistico. Tuttavia, morto Rameau (1764) e passata la moda, l'élite culturale parigina trovò altri pretesti per azzuffarsi.
Ciò che invece ebbe grande successo fu in primo luogo la musica stessa di Rousseau, nella fattispecie Le Devin du Village, che rimase in repertorio a Parigi per quasi un secolo, dopo tra l'altro aver ispirato anche il dodicenne Mozart per Bastien und Bastienne. La stessa fortuna non ebbero le altre opere musicali e balletti del filosofo, alcune abbandonate da lui stesso incompiute, altre successi parziali [12] o addirittura fiaschi, comunque presto dimenticati. Altro apporto alla musica da parte di Rousseau che riscosse una qual certa fama è senz'altro il Dictionnaire de Musique, che godé di innumerevoli ristampe e traduzioni in varie lingue.
Ciò che a mio avviso ebbe riscontro più fruttuoso nell'estetica musicale romantica è la concezione della lingua e della musica che ritroviamo in tutta la sua chiarezza nell'Essai sur l'origine des langues. Come è già stato detto non può essere considerato isolatamente dal filone di pensiero di Dubos, Haman e Herder, di cui Diderot e Rousseau non sono che gli ultimi frutti. Forse perché in tale posizione e perché in tempi più maturi, forse per una predisposizione di spirito che lo rese a tutti gli effetti un sentito anticipatore del romanticismo, Rousseau arriva a contestualizzare tale concezione estetica in una maniera che si evolverà profondamente per tutto l'Ottocento.
A partire dalla rimpianta unità di lingua e musica dei popoli primitivi e poi della tragedia greca, a cui l'intera cittadinanza assisteva come celebrazione dei suoi valori sociali, il filosofo ginevrino porta in primo piano la necessità di una musica che non sia più semplicemente orpello edonistico ma che riguadagni tutta la sua importanza come fondamento di ogni linguaggio ed espressione: ciò, ovviamente, anche in chiave sociale grazie allo spettacolo dell'opera. Questa concezione passerà attraverso l'assolutizzazione trascendentale della musica da parte di filosofi romantici come ad esempio Schopenhauer, per arrivare ad essere ripresa in tutta la sua pienezza da Nietzche e Wagner, con il ritorno alla sacralità sociale dello spettacolo a Bayreuth:
Spettacolo che appunto è, finalmente, opera d'arte totale nella fusione di parola, musica ed azione scenica.