Biografia
Genitori, fratelli, sorelle
Albero genealogico: Beltrami 1923: 19 (dai testamenti) | Bondioli 1953: 24
Origine del cognome: Fano 1953: 225
Bettino Gaffurio, di Almenno ("Lemen"), militare [Malegolo 1500] | Padre Martini traduce da Malegolo "pedibus equove strenue stipendia fecerat" come "vetturino", trascurando che "stipendia facere" vuol dire 'prestare servizio militare' — Muore prima del 1483 [Bergamo, MIA 1252, sub data] — Cremascoli 1951: 34 ipotizza abbia militato nelle truppe di Carlo Gonzaga, di Francesco Sforza tra 1449-1450, passando poi a Mantova, senza la famiglia, con Ludovico Gonzaga.
Caterina Fissiraga, da importante famiglia lodigiana — Detta "castissima" da Malegolo 1500 — Albero genealogica tratto da vari archivi archivi: Osp. Maggiore, Osp. Fissiraga, Incoronata [Cremascoli 1951: 38-39] — Quando FG va a Mantova [1477] sua madre è probabilmente morta [Malegolo 1500]; nel testamento del padre non è ricordata [Cremascoli 1951: 36] — Cremascoli [ibidem] giudica poco cordiali le relazioni con la famiglia materna perché quando nel 1520 FG raccomandò "un discepolo" per un posto di cantore all'Incoronata di Lodi non indirizzò le tre lettere a Benedetto Fissiraga, fra i deputati della chiesa, ma allo "scolare" Luigi Bononi (è tuttavia probabile che quella fosse la prassi) — Cremascoli la crede già morta nel 1477, ma Bondioli 1953: 20 la dice morta il 7 lug 1493 (non si citano fonti)
Dominico de Gafforis, è menzionato come fratello di FG in I-Ma, Pergamena 1122 | Cremascoli 1951: 98 ipotizza non siano figli della stessa madre (questo nome non compare nell'albero genealogico in Bondioli 1953: 24)
Pietro Maria, Bartolomea, Ambrogio, fratelli di FG nella ricostruzione di Bondioli 1953: 24 — Ambrogio vende tele al Duomo [I-Mfd, 7 ago 1511], un altro Ambrogio è notaio di Milano (cfr. Meschini 1995, ad indicem)
Lodi
Nascita | 1451
Nasce a Lodi, giovedì 14 gennaio 1451 al Vespro ("ora dodicesima") [Malegolo 1500] — Forse battezzato Lanfranco (cfr. Bergamo, 5 marzo 1484; Lodi , 5 dic. 1518) [Cremascoli 1951: 35] — La frase di Malegolo: "Franchinus Gafurius, Betino patre ex opido Leminis bergomensi" ha indotto a supporre che FG fosse di Almenno [I-BGc, MIA, 5 marzo 1484], o di Bergamo [articolo dell'"Unione" cit. in Sant'Ambrogio 1897/b] — Mayr 1875: 62 lo dice di origine bergamasca — Muoni 1883 lo dice (immotivatamente) nato ad Ospitaletto di Lodi (tesi contestata da Cairo 1898: 416) — Dal momento che l'atto di morte è del 1522 [pubbl. in Motta 1888 e Appunti 1888] e qui si dice FG ottantenne, Motta anticipa erroneamente la data di nascita al 1442.
Frate benedettino | Lodi Vecchio | ?-1473
Si fa frate benedettino presso il monastero di San Pietro a Lodi Vecchio: [Milano, Lalatta, c. 31r] — Qui è abate lo zio Taddeo Fissiraga [Cremascoli 1951: 36, 41, 47] — Qui studia con il bendettino Johannes Godendach [Forkel 1801: ii.670 | Cremascoli 1951: 51]
Cantore del Duomo | 1474
All’Ascensione del 1474 [18 maggio] risulta tra i cantori del Duomo di Lodi [Milano, Lalatta, c. 49v, Casati 1884: 59 ss] — compila I-PAp 1158 [Miller 1970: 367]
Canta nelle celebrazioni per il passaggio di Cristiano I di Danimarca – l'episodio è raccontato in una nota ms. di Girolamo Astorri appuntato nella sua copia di Molossi 1776 (ora in I-Ma), nota riprodotta in Casati 1884: 59
Targhe | 1504 e 1875
Posta nel 1504 una targa ai piedi del capanile del Duomo di Lodi per celebrare i 30 anni di attività di FG come maestro di cappella a Milano [Molossi 1776: ii.38] — Trasferita prima del 1877 al Museo civico di Lodi [Lodi 1877: 111 | Cremascoli 1951: 111] — Testo: "Quae diu ars musica | temporis calamitate | Mediolani delituerat | Franchino Gaffurio | auctore e' tenebris | optime prodiit | 1504" [Durante quei tempi di calamità, l’arte musicale si rifugiava a Milano, e con Franchino Gaffurio autore risorgeva ottimamente dalle tenebre] | Il riferimento alla "calamità" rimanda alla peste del 1484 di Pavia, Como, Lodi, che raggiunse Milano nel 1485-86 (oltre 100 mila vittime). FG prese servizio a Milano nel 1484. Il testo ricompare nella ii ed. di Gerbert 1814: ii.236 | Millin 1817: ii.44 | Millin 1825: 82 | Lodi 1877: 111
Altra targa del 1875 sul nuovo Teatro Gaffurio (sorto al posto della soppressa chiesa di Sant'Antonio) [Santagostino 1897: 161 | Franchino 1922: 125] anch'essa trasferita al Museo civico — oggi: complesso residenziale in via Gaffurio 26 (dal 2009) | già Cinema Marzani (Dopoguerra-2009) | già Teatro Gaffurio (1873-Dopoguerra) aperto dall'impresario Luigi Piontelli | già palestra comunale (1861-1873) | già Chiesa di Sant'Antonio al Giardino (visibile in questa pianta del 1753) [Ozzola 1998] — fu poi aperto un secondo Teatro-cinema Gaffurio in via IV novembre (1939-1945)
Mantova | 1475-76 (?)
Cremascoli 1951: 55 ipotizza che I-PAp 1158 sia stato redatto in questa occasione — Cremascoli 1951: 57 n.3 esclude che fosse giunto a Mantova nel 73-74 come aveva immaginato Cesari 1934: 17 — Vive qui deua anni [Malegolo 1500]
Verona | 1476-77 (?)
Compone i perduti Flos musice e Musice institutionis [Malegolo 1500].
Genova | 1477-78
Forse a metà del 1477 chiamato da Prospero Adorno (gov. di Genova, apr. 1477 - lug. 1478) [Malegolo 1500; Timolati 1885: 124 (da ms. di Alberto Vignati in I-Mb ag.xi.42 e I-LOcl xxiv.b.27 che però Cremascoli 1951: 59 n. 4 dice "xxxi.a.8")]
Fano 1953: 227 interpreta come episodio genovese il passo in Spataro, Errori, c. 31v: "voria sapere da te o Franchino quale iniuria hai receputo da Bartholomeo Ramis mio preceptore che (con tuto el tuo sapere e industria) cerchi de tingere la sua clara fama? Ma io te ricordo che se lui fu Hispano che lui non fu de quilli li quali erano con Petro Navara che (come già tu me scrivesti) erano intrati in la tua casa: et che ogni tua substantia consumavano"
Napoli | 1478-80
24 nov. 1478, a Napoli al seguito di Prospero Adorno [Cremascoli 1951: 60] — Solo un ipotesi in Cesari 1922: 23 che sia stato maestro di coro della Nunziataa cui Cremascoli non dà fede — La dedicatoria del Theoricum opus (Napoli 1480) conferma la sua presenza in città — Lascia la città per le pressioni turche e la peste [Malegolo 1500]
Monticelli d'Ongina | 1481 - maggio 1483
Il vescoco di Lodi Carlo Pallavicino lo chiama indietro, si stabilisce a Monticelli d'Ongina e forma cantori [Malegolo 1500] — Cremascoli 1951: 67 n. 2 esclude che abbia operato qualche tempo a Lodi (come vuole Oldrini 1882: 45) perché l'Incoronata non aveva ancora una cappella — Scrive il Tractatus practicabilium proportionum (1482, I-Bc A.69)
Bergamo | maggio - ottobre 1483
Maestro di cappella per 5 mesi presso la Basilica di Santa Maria Maggiore (dal 19 maggio al 27 ottobre 1483) [I-BGc, MIA 1252 (19 mag 1483) | Malegolo 1500] — Salario di 100 lire annue [I-BGc] — Fa aggiungere la pedaliera all'organo della cattedrale (27 ott. 1483), ma il doc. lo dichiara già assente [I-BGc, MIA 1252 (5 marzo 1484)]
Lodi | ottobre 1483 - gennaio 1484
Torna a Lodi dopo lo scoppio della guerra con Milano [Malegolo 1500]
Milano
maestro di cappella | 1484
Il 22 gennaio 1484 è eletto maestro di cappella del duomo di Milano, chiamato dal vicario Romano Barni [Malegolo 1500] | aveva anche l'incarioco di cantare la messa [I-Mfd, 14 apr 1487, 14 gen 1513] | introduce quello stesso anno una riforma della cappella musicale (non resta traccia se non un rif. in I-Mfd, 16 ott 1653) Sartori 1953/b: 16 — Cappella composta di 9 cantori, diventeranno 12 nel 1491, 14 nel 1496, 11 nel 1504, 13 nel 1516, 11 nel 1521 Sartori 1953/b: 17
stipendio | 1484-1522
1484: salario di 5 fiorini mensili [I-Mfd, 27 apr 1484] | 1488: salario di 8 lire mensili [I-Mfd, 29 dic 1488 | Cattaneo 1949: 8] | Sartori 1953/b: 18 chiarisce che 5 fiorini = 8 lire e che prenderà sempre la stessa cifra fino alla morte per tutti i suoi 38 anni di servizio — dal 1492 si aggiungerà anche lo stipendio di professore di L. 6.9.8 mensili
benefici | 1490-97
1490: rIchiesta di una cappellania a Lodi che poi non è vacata [I-Mas, 1 set 1494] — 1494: richiesta del canonicato di S. Stefano di Criviasca, dichiara di non avere benefici [I-Mas, 1 set 1494] — 1495: richiesta del clericato di Pontirolo (Bergamo) [I-Mas,22 apr 1495] cfr. Motta 1887: 549 — 1497: richiesta a Roma di Antiquario perché la parrocchia di Melzo sia affidata a FG [I-Mas,22 apr 1495] cfr. Motta 1887: 549 — richiesta di FG per la cappellania di S. Ambrogio di Lodi [I-Mas, 10 dic 1497] cfr. Motta 1887: 549 | Cremascoli 1951: 82
viaggio a Mantova | 1490
1490: Si offre per andare a Mantova a prendere l'architetto Luca Paperio incaricato di lavori in Duomo [I-Mfd, 19 apr 1490] cfr. Cremascoli 1951: 83 e [I-Mfd, 30 apr 1490] Sartori 1953/b: 18
musicae professor | 1492
Secondo Sartori 1953/b: 18 inizia il suo incarico di professore nel 1492 (da mandato del 1° ago in I-Mfd) — Fra le paghe dei professori di Pavia del 1498 v'è FG [Porro 1878: 511], già noto a Molossi 1776: ii.257 e Argelati i.39-40 e iii.1384 | stipendio di L. 77.10 annue — Motta 1887: 550 chiarisce che FG aveva però cattedra a Milano, non a Pavia, come formula Censi 1951 — La convinzione che non insegnasse a Pavia è l'argomento per non consierare suo il sarcofago (v.) cfr. Cremascoli 1951: 90
rettore di S. Marcellino | 1494
1494: prima testimonianza sul suo ruolo di rettore di S. Marcellino [I-Mas, 1 set 1494] — 1494: Affitta la casa pertinente a S. Marcellino [I-Mb | Motta 1907: 106] — 1497: seconda testimonianza [I-Mas, 10 dic 1497]
regius musicus | 1500
Con i francesi a Milano FG si fregia del titolo di "regius musicus" che compare sull'Angelicum (1508) e sul De harmonia (1518) — Cremascoli 1951: 110 dichiara che omise il titolo nei tre anni di restaurato ducato sforzesco (1512-15).
cappella musicale | 1503
FG introduce una seconda riforma (dopo quella del 1484) della cappella musicale che impone l'uso della cotta (cfr. prescrizione del 1534 in Annali 1885, iii.256) e ribadisce il ruolo del notator che segna le assenze [I-Mfd, 16 ott 1653] Sartori 1953/b: 16 — il notator riceve un terzo della multa comminata [I-Mfd, 31 gen 1489] | nel 1507 il notator è ripreso perché troppo clemente verso i colleghi | dal 1511 non è più nel numero dei cantori | Sartori 1953/b: 14— da questa data (ma mancano i registri fra il 1500 e il 1503) i pueri cantori vengono pagati Sartori 1953/b: 18
licenza per le terme | 1504
Richiesta di assenza per recarsi alle terme con Scipione Barbavara il quale, ammato di pdagra, sarebbe morto l'anno dopo (forse anche questa potrebbe essere una missione diplomatica) | Sartori 1953/b: 20
cappella a Varese | 1506-1507
Si reca a Varese, chiesa di S. Maria del Monte, per istituire una cappella musicale (sostituito in Duomo da GIovanni Antonio da Vergiate) | Sartori 1953/b: 19-20
tutore | 1512-1522
FG tutore di Giovanni Antonio e Giovanni Ambrogio Inzago, figli di Francesco de Inzago e di Bartolomea sorella di FG | I-Mas, Panigarola (1512) in Motta 1887: 550 | Bondioli 1953: 20 — credito del fu FG dai mipoti Inzago (1523)| Fano 1953: 237
polemica con Spataro | 1520-21
Bartolomeo Ramos de Pareja (ante †1500) aveva criticato l'esacordo a favore dell'ottava [Ramos 1482]. Malgrado non ebbe seguito, fu in seguito sostenuta dai suoi allievi bolognesi, fra cui Giovanni Spataro. Una prima condanna alle tesi di Ramos fu in Burzio 1487, cattedratico bolognese, contrastata in Spataro 1491.
Spataro e Gaffurio si scambiarono lettere sulla nuova teoria (perdute, ma citate in Errori e Dilucide 1521, v. infra) per 26 anni che cominciarono a seguito della publicazione del Practica (1496), del resto l'approccio di Ramis era soprattutto pratico. Nel 1489 Spataro aveva fatto avere a FG copia di Ramos 1482.
FG aveva in seguito criticato anche le teorie sulle proporzioni di Aron 1515 [> lettera del 24 mar 1517], a cui Spataro rispose con un trattatello perduto: si delineava una contrapposizione fra città.
Gaffurio ad aprile del 1520 pubblica la sua [?] Apologia (aprile 1520).
Spataro risponde con gli Errori (gennaio 1521). Gaffurio diffonde una lettera a stampa (marzo 1521). Spataro controrisponde con Dilucide (maggio 1521). Gaffurio fa stampare una seconda lettera (giugno 1521), ulteriormente rimarcata dall'appoggio di un'altra Apologia dell'allievo di FG Bartolomeo Filippineo (settempbre 1521).
Bibl. Bettinelli 1775 ii.183 | Hawkins 1776: 336-341 | Molossi 1776: ii.36 | Forkel 1792: 476 | Lichtenthal 1826: iv.435-437 | Fé 1935: 67-69 | Cremascoli 1951: 120-125 |
cappella musicale | 1517
Inchiesta e sospesione dello stipendio dei cantori e di FG per una causa non precista [I-Mfd, 8 giu 1517] | Sartori 1953/b: 16
morte e testamenti | 1522
Muore a Milano il 24 giugno 1522 [Molossi 1776: ii.38 | Motta 1888: 121] — Per i suoi libri donati all'Incoronata prima del 1518 v. Motta 1906: 113 e Motta 1907: 111 — Secondo Cremascoli 1951: 131 FG avrebbe lasciato i suoi averi al Consorzio del clero di Lodi, ma la fonte dichiarata (Agnelli 1917: 509, già in Agnelli 1886: 50) riferisce in realtà di un terrano di cui Gaffurio fu beneficiario in vita in quanto ecclesiastico — Beltrami 1923: 19 riferisce di due testamenti (18 nov 1510 e 16 apr 1516) senza dire dove siano conservati.
sepolcro
Monumento funebre collocato nella navata sinistra (guardando l'altare) della chiesa di Santa Maria Maggiore di Treviso. Il monumento fu attribuito al Bamabia per la prima volta da Luigi Bailo (come attesta Agnelli 1897). Si tratta di parti di un monumento che poteva essere simile al disegno conservato al V&A Museum (colore | b/n) riutilizzato dagli eredi di Mercurio Bua come suo cenotafio (la data del 1562 suggerisce forse il momento in cui fu ricomposto). Zandomeneghi ritiene che i tre altorilievi siano inseriti in un "urna moderna" forse perché non appare della stessa mano. L'epigrafe del 1637 informa che le sculture furono il bottino di guerra della battaglia in cui capitolò Pavia (fra il 1525 e il 1528). Sant'Ambrogio interpreta i bassorievi come apoteosi di un musicista, e l'unico lombardo che in quegli anni potesse meritare tanti onori era FG.
Descrizione: Burchelati 1616: 315-317 [ripr. in Sant'Ambrogio 1897/f: 183] | Guerra 1697: 68-6 | Federici 1803: ii.18 | Zandomeneghi 1828: 20 | Sernagiotto 1871 | Pulieri 1834: fasc. vi.
Argomenti: Sant'Ambrogio 1897 (a, c, d) | Agnelli 1897
Immagini: Malaguzzi 1923: iv.218 e 226 | fotografia | incisione (derivata) | la foto non corrisponde alla forma attuale, modificata dopo Sant'Ambrogio 1897 (Basso 2002: 200 suppone "dopo la Prima Guerra Mondiale", ma è probabile che segua i bombardamenti del 13 marzo 1945 che distrussero parte della chiesa).
Opposizione: Motta 1907: 106 n. 2 | Franchino 1922: 125 | Cremascoli 1951: 90
Riproduzione fotografica di Raul Zini (5 giugno 2017)
Autografi
22 apr 1495 | a Ludovico
Sforza | I-Mas, Autografi
13 mar 1520 | supplica amministrativa | I-Mas, Notarile
22 ago 1520 | ai deputati
dell'Incoronata di Lodi |
4 ott 1520
| ai deputati
dell'Incoronata di Lodi |
Lettere
14 dic 1496 [xix kalendas ianuarii] | a Marco Sanudo | ed. Cremascoli 1951: 95
24 mar 1517 | a Giovanni Antonio
Flaminio su Aron 1515 | ed. Capponi 1744: 461 ripubbl. in Fano 1953: 238 e Bergquist 1964: 504 (con risposta di Flaminio) | dello scambio epistolare riferisce una nota ms. di Girolamo Astorri nella sua copia di Molossi 1776 (ora in I-Ma)
Suoi libri
Dona all'Incoronata i suoi libri prima del 1518 (la scuola annessa si dota di una biblioteca nel 1511 [Cremascoli 1951: 116]), e i sui libri si registrano già nell'inventario del 1518 | In seguito andarono alla Congregazione di S. Filippo Neri di Lodi, sede dell'attuale Biblioteca Comunale, alcuni volumi confluirono nelle collezioni Arrigoni, Muoni, Passalacqua [Motta 1907: 111] — In genere passa l'idea che i libri siano stati donati per lascito testamentario [Motta 1906: 113] in tal caso l'Incoronata avrebbe ricevuto i libri di FG in due momenti diversi.
sue stampe:
– Theorica (Milano 1492) | nell'inventario 1518 dell'Incoronata
– Practica (Milano 1496), su pergamena decorato a mano | nell'inventario 1518 dell'Incoronata ma il cartiglio riferisce il passaggio alla Congregazione Filippo Neri [Agnelli 1897: 105 | Cremascoli 1951: 89]
– Practica (Milano 1496), su carta | nell'inventario 1518 dell'Incoronata
– De harmonia (Milano 1518) | nell'inventario 1518 dell'Incoronata | anche in altro inventario, vol. oggi perduto [Cremascoli 1951: 116 n. 12]
– Prima ed. di Filelfo 1481 con annotazioni di FG | nell'inventario 1518 dell'Incoronata ora in I-LOcl [Cremascoli 1951: 83-84]
– Ramis de Pareja, De musica tractatus (Bologna 1482) | in I-Bc | esemplare prestato da Spataro, annotata da FG e poi restituto
– Platone, Opera, trad. Ficino (Firenze 1485) | in US-CA | copia annotata da Gaffurio | Kinkeldey 1947
– Plutarco, Vite (1491) | in US-LA | copia apaprtenuta a Gaffurio | Steinitz 1952
suoi manoscritti:
–
Anselmi, De harmonia, autografo del 1434, proprietà di FG | nell'inventario 1518 dell'Incoronata ora in I-Ma [Cremascoli 1951: 89]
– Trattati di Aristide Quintiliano, Manuel Bryennios e Bacchio, fatti tradurre dal greco da FG a Francesco Burana (1497) | nell'inventario 1518 dell'Incoronata | ora in I-VEcap | erroneamente Cremascoli 1951: 118 lo dice perduto
– Copia di Bryennios in I-LOcl
– Sintesi di J. de Muris, Theorica, realizzata da FG | nell'inventario 1518 dell'Incoronata | ora in I-Ma
– Trattati di Francone e Marchetto | nell'inventario 1518 dell'Incoronata | ora in Milano, Lalatta
– Tolomeo, De harmonia, trad in lat. | autografo | in GB-Lbl
Acquista Petrarca, De remediis (Cremona 1492) | ISTC | Esposizione 1881: 11, 17, 27, 69 | Cremascoli 1951: 115 — Sartori 1953/b: 18 ritiene che Leonardo da Vinci "dalla biblioteca privata del Gaffurio toglieva a prestito volumi rari e preziosi per restituirglieli sottilmente annotati di suo pugno" (ma tale affermazione non trova riscontro).
Versi dedicati a FG
Numerosi nelle sue opere a stampa
In Vegio 1497
In Curzio 1521/a: 62v | Laudat duces instituta musicae letione [Appunti 1894]
In Curzio 1521/b: 113v | Icamus numeris Terpsichore genus [Appunti 1894]
In Curzio 1521/b: 132v | septem modis musices: Alphuri tandem modulis levata [Appunti 1894] | Versi già pubblicati, con musica di FG in De Harmonia (1518): 89r
Di Giovanni Biffi | Hic florent gracis pulchra auditoria musis | in Argelati 1745: i.39 (non è detto da dove siano stati presi, ma da Biffi 1493, come si capisce da questa descrizione)
Musiche perdute
Tre messe: L’homme armé, Illustrissime Princeps, Le souvenir | cit. in Gaffurio 1520: A viii v | cfr. Cesari 1922: 30 — La messa L'homme armé fu poi inviata da Giovanni da Lago a fra Nazaro con la lettera di Venezia 15 set 1533 in copia in I-Rvat, Vat. Lat. 5318, f. 81r | cfr. Casimiri 1939: 121.
Origini e altri Gaffurio
Arialdo Gaffori (citato unitamente a Gugliemo, forse lo stesso che segue), cit. in un doc. del 1173 [I-Mas, Pergamene, 312, n. 158]
Guilielmus Gafurius era console a Milano a partire dal 1189 | Riboldi 1905: 278 — vi furono discendenti fino al XV secolo | Cremascoli 1951: 35
Gaffori / Affori di Sicilia | Crollalanza 1886: 442 | Fano 1953: 226
Gaforio de Gafori è tra i nobili coinvolti nell’uccisione del duca Giovanni Maria Visconti (16 maggio 1412); venne bandito con la famiglia e altri congiurati (decreto di bando, 12 agosto 1412, in Morbio 1846: 143 e Decreto 1878: 694) che si dispersero tra la valli bresciane e bergamasche — Riparò a Lodi, ma la città si era impegnata a non accogliere congiurati [Codice 1885: 490] e il Gafori fu cacciato dopo pochi mesi | Casati 1884: 82 | Cremascoli 1951: 35 — Fano 1953: 226 cita anche Johannolo Gafforio
Francesco Gaffurio, «cittadino e mercante Milanese», nel 1485 era collaboratore del tipografo milanese Filippo Cavagni di origine lodigiana | Appunti 1894 | Motta 1898: 41n | Baroni 1929
Andrea Gafuri, parroco di Ardesio (Bergamo), XVI-XVII sec. | Atlante 1841: 241 | Mayr 1875: 62
Testimonianze
Biffi 1493
c. ?] Versi in omaggio a FG:
Hic florent Graecis pulchra auditoria Musis, |
hic resonant Latina carmina
digna togam.
Rhetor et orator non uno panditur ore, |
non nihil historicos gloria clara iuvat.
Hi quoque sanctarum legum monumenta leguntur, | hic quisquis magni iura Solonis habet.
Deerat adhuc variis modulis qui flectere voces | sciret, et in cantus subdere verba sacros;
quique artem docto cantanti promeret ore, | usus quo facilis surgeret arte nova.
Conductus pretio Pompeia Franchus ad Urbe, | qui legat has artes, et sacra verba canat.
Malegolo 1500
FG nacsce il giovedì 14 gennaio all’ora dodicesima nell’anno 1451 [in calce alla vita]
FG nasce a Lodi da Bettino G., di Almenno (BG), che ha "militato valorosamente a cavallo o a piedi", e Caterina Fissigara.
Compie studi ecclesiastici.
L’anno successivo al raggiungimento della "dignità sacerdotale" [1477 (1451+25+1)], inizia gli studi musicali con il carmelitano Giovanni Godendach, suo primo maestro.
Si trasferisce per due anni a Mantova dal padre, al servizio di Ludovico Gonzaga, insegna abbozza nozioni di teoria e pratica musicale.
Lascia Mantova per Verona; compone Musicae iustitutionis collocutiones e Flos musicae [perduti].
Prospero Adorno [apr. 1477 - lug. 1478, governatore di Genova] lo chiama a Genova e ivi insegna per un anno [prob. dal luglio 1478].
Adorno viene cacciato da Gian Galeazzo Visconti [duca dal '76 al '79 sotto la tutela della madre Bona Maria], e Battista Campofregoso. FG lo segue a Napoli.
Su spinta di Filippino Bonomi, segretario reale a Napoli, FG si dedica alla teoria della musica, pubblicando il Theoricum opus [1480].
L’avanzamento dei Turchi dalla Puglia e lo scoppio della peste [1480-81] spingono FG di nuovo a Lodi, richiamato anche da una lettera del Vescovo Carlo Pallavicino, stabilendosi nella vicina Monticelli.
Per tre anni istruisce giovani e contemporaneamente comincia a lavorare alla Practica.
Viene chiamato a Bergamo ma la guerra con Milano lo fa ritornare a Lodi.
Il canonico lodigiano Romano Barni lo chiama a Milano e in breve tempo diviene maestro dei canonici della cattedrale, [nella postilla in calce:] dal 22 gennaio 1884.
Qui pubblica Theorica musicae e Practica musice, e fa tradurre in latino a sue spese opere di teorici greci (Aristide Quintiliano, Manuele Briennio, l’Introductorium di Baccheo il vecchio, e l’Harmonicon di Tolomeo).
Il De harmonia instrumentali viene composto da FG a 49 anni, dedicato a Bonifacio Simonetta, abate di S. Stefano Lodigiano.
Termina il De harmonia il 27 marzo 1500; testo rivisto il 12 marzo 1514, nei locali di S. Marcellino. già maestro dei cantori del Duomo da trent'anni, un mese e 10 giorni.
Wollick 1509
c. i.ir] Cita l'autorità di Gaffurio | L'Enchiridion di Wollick era noto a Gaffurio (Cesari 1922: 29 | Blackburn 1991: lettera 2)
Imperfectio, ut Gaforus inquit...
Bogentatz 1515
Fra i testi di rieferimento del trattato vi è l'opera di FG
Aventinus 1516
c. A ii r] Fra i testi di rieferimento del trattato vi è l'opera di FG [Cesari 1922: 29] Il trattato di Aventinus è stato erroneamente attribuito a Nikolaus Faber.
Omnium quos lego quidem de re musica legerim (de recentioribus loquor) unus Franchinus Gaforus rem ipsam tenet atque erudite explicat, quem cum quidam legant, neque recte intelligant, eundem ad verbum exscribunt nec tamen nominant homines profecto obnoxii atque miseri ingenii, cum in furto depraehendi malunt, quam fateri per quos profecerint
Ornithoparcus 1517
Fra i testi di rieferimento del trattato vi è l'opera di FG (v. l'ed. dig. in Bibliografia per ritrovare i passi)
Cesariano 1521
cc. 76r-79r] Prima traduzione italia dell'Architettura di Vitruvio. Nel commento al libro 5.4 (cc. 77v, 78v), Cesariano riutilizza due tavole di Gaffurio dal De harmonia (cc. 13v, 34r).
4r] Anchora quello che'l venerabile Franchino Gaffuro in la sua musicale commentatione ha dicto...
51v] ... non mancho in li volumini de alcuni periti musici sì como Franchino Gaffuro quale si è delectato molto explicare et per figure ostendere questa proprortione numerabile ...
76v] Ma de' nostri moderni [che scrivono di musica] vederai intra le altre opere di Laurentio Valla uno opuscolo di musica [rif. ai 5 libri sulla musica, v-ix, in De expetendis et fugiendis rebus opus, pubbl. postumo nel 1501]; ancora vedrai per queste lo Panepistemon, idest opus de omni re dicens, aeditum ab Angelo Politiano; poi li tre egregii volumi dil praedicto Franchino Gaphuro ... Franchino Gaffuro praeceptore et authore de li peritissimi musici ...
77r] Sì como ho hauto non solum il consilio ma la praesente figure che infrascripte io ti pono dal solerte Franchino Gafforo, quale mi ha denotato nisi 15 corde, così etiam da alcuni periti organisti, maxime da Iohanne Maria Novo, commense, rarissimo musico et organista, con il consenso de li quali la praesente expositione quindi ti scribo ...
Caporali 1536
Numerosi riferimenti all'opera teaorica di FG messa in relazione con l'architettura | Verga 1964
Gesner 1545
246] Cita De harmonia (1518) e Apologia (1520), e poi riferisce una stampa di Isengrin attulamente ignota:
Franchini Musica excusa Basileae apud Isingrinium.
Glareanus 1547
59-61] Rileva come FG nel De Harmonia abbia potuto mettere in luce le varie incongruenze degli otto modi.
Draudius 1611
1227] Francisci Gafori de Musica practica et Theorica et Instrumentali opera tria. Mediolani impr. 1518.
Sembra che i tre libri siano stati stampati tutti nel 1518. Idem nella seconda ed. [Draudius 1625: 1641]
Biancani 1615
59] Rif. a Theorica e Practica come unico testo del 1496 – in effeti nell'inventario dell'incoronata del 1518 i due volumi sono rilegati insieme [Motta 1907: 111]
Printz 1690
118] Um das Jahr Christi 1514 hat Franchino Gaforus, ein Laudenser Professor Musices zu Brixia in Italien, zum allerersten die Lehre von denen zwölff modis, aus dem Boëthio, recht deutlich und völlig, erkläret: Welches ihm einem unsterbliches Ruhm bey denen musicis erworben. [Trad.: Verso il 1514, FG di Lodi, professore di musica a Brescia, per primo ha esposto con chiarezzia i 12 modi (da Boezio), cosa che gli ha dato fama immortale.]
Evidentemente Printz confonde FG con ciò che ne ha detto Glareanus 1547: 59-61, testo che per primo propone l'uso dei 12 modi.
Vossius 1697
93] Cita De harmonia (1518) e Apologia (1520), e poi rimanda a Biancani 1615
Walther 1732
270] Riprende Printz 1690 ma confonde Lodi con Laon — Segnala il Theorica nella bibl. di J.-A. de Thou (oggi Parigi, Arsenal) [Dupuy 1704: 54] — E inoltre il Practica (Brescia 1502), il De harmonia (1518) e l’ed. it. del Theorica (Angelicum 1508) alla Bodleian [Hyde 1674: 272 e 1738: i.469] — Suppone da Draudius 1611 i tre libri pubblicati insieme — Roprende Gesner 1545 ma omette il rif. a Isengrin — Cita Vossius 1697.
Argelati 1745
i.39-41] Versi da BIffi 1993 per FG (non dichiarata la fonte) | FG è detto professare del Ginnasio di Pavia
i.345-349] Notizie su Gaffurio, Theorica musice (1492) e altre pubblicazioni di FG | Malegolo riportato interamente, di origine bergamasca, nato a Lod, ordinato sacerdote, viene convocato a Milano dal principe Ludovico Maria Sforza per insegnare al Ginnasio ivi fondato. | Due estratti da Theorica musicae | Divagazione sull’origine del soprannome il “Moro” | Estratti dalla Practica | Insegnamento al Ginnasio | Rif. a De Harmonia (2 copie in I-Ma) | Polemica con Spataro: Rif. a Errori di FG (1521), Epistole 1 e 2 (estratto dalla seconda), Filippineo 1521 | RIf. alla Oratio di Antiquario (1509), carme di Curzio a c. 65 della Theorica, anche in Curzio 1521, c. 113 | Non è a conoscenza dell’anno di morte di FG.
i.503] Prefazione da Theorica musice
i.514] Prefzione da Practica musicae (che Sassi dubita sia di FG, ipotesi scartata da Cremascoli 1951: 92)
iii.1384] Alla voce Sfortia Ludovicus Maria si ricorda il Ginnasio istituito dal duca:
Artes liberales egregie fovit, nam musices gymnasium in hac urbe aperuit, Franchinum Gafurium laudensem, magni nominis professorem, ut hic ecclesiasticum cantum doceret, luculenta mercede invitans.
iv.1581] Alla voce Brippius Dionysius [Dionigi Brivio] si ricordano i versi pubblicati nell'Apologia di Filippineo (Torino 1521) e relativa bibliografia (Sitoni in I-Ma).
iv.1864] Alla voce Conagus Lucinus si ricordano i versi pubblicati nella Practica di Gaffurio (Milano 1496) e bibliografia (Sassi, Benalio, Sitoni, Fagnani).
iv.2057] Alla voce Antiquarius Jacobus si ricordano i versi pubblicati nella Disceptatio di Vegio pubblicata da Gaffurio (Milano 1497).
Martini 1774
207-208] Rimanda a Biancardi 1737: 343-344 il riconoscimento della nascita della Scuola di Napoli che in realtà è affermazione di Martini.
Sotto Ferrante o Ferdinando d'Aragona, re di Napoli, che regnò dal 1458 fino al 1494, e al riferire di Bastian Biancardi napolitano nelle Vite de' re di Napoli, pag. 343-344, fu non pur amante di lettere, ma ancora letteratissimo, fiorivano nel suo regno molti uomini insigni in ogni professione, fra i quali Franchin Gaffurio da Lodi, Gio. Tinctoris, Guglielmo Guarnerio e Bernardo Ycart, valenti professori di musica teorica e pratica. Da questi ebbe il suo principio la Scuola di musica napoletana...
Hawkins 1776
ii.306-341] Ampia sezione monografica su FG
Tiraboschi 1776
327-328] Sezione monografica su FG
Niun principe aveva pensato afondare pubblica scuola di musica. Lodovico Sforza, duca di Milano, fu il primo a darne esempio, e Franchino Gaffurio ne fu il primo professore in quella città. L'eruditissimo dottor Sassi [Argelati 1745: i.39] lo pruova coll'autorità di un epigramma di Giovanni Biffi poeta di que' tempi, in cui dopo avere annoverate le scuole da quel principe istituite...
Molossi 1776: ii.35-39
Informazioni biografiche da Argelati 1745: i.345-349, 503, 514.
Trascrive l'epigramma di Malegolo in De Harmonia, p. 102.
ii.38] Riproduce per la prima volta la targa all'epoca posta ai piedi del Duomo di Lodi nel 1504, FG ancora vivo.
Stabilisce la data di morte al 24 giugno 1522, secondo una informazine "cavata dalla memorie" del notaio lodigiano Francesco Quinterio, riportata in una annotazione a Vegio 1497 [presumibilmente il riferimento è alla copia conservata alla comunale di Lodi (non in SBN)]
La copia in I-Ma (già di Girolamo Astorri) reca sue note ms. in cui ricorda la presenza di Gaffurio alle cerimonie a Lodi per il passaggio del re di Danimarca (1474) e dello scambio epistolare con Flaminio (1517)
Burney 1789
iii.152-154] Capitolo su FG (in generale FG è citato in spesso nei 4 tomi, cfr. l'indice analitico dell'ed. moderna del 1935)
Gerber 1790
i.465] Voce di dizioanrio
Forkel 1792
Opera teorica [76-77], Practica [362], polemica con Spataro [476].
Forkel 1801
Pagine in cui è cit. FG (da completare): ii.157, 508, 670.
Choron 1811
1.251] Voce di dizioanrio.
Litta 1814
Attendolo, f. VI] Nella scheda relatica a Ludovico Sforza si dichiara (prob. sulla scorta di Tiraboschi 1776):
Gaforis presiedeva al primo conservatorio di musica che si erigesse in Italia
Grossi 1818
Da: Giornale enciclopedico di Napoli (1818): 203 | rist. in Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli (1819): vi, c. 1 iir | e in Gennaro Grossi, Le belle arti (Napoli 1820): i.6.
Ma il primo a qui stabilire una scuola musicale permanente fu Ferdinando I d'Aragona, sotto la direzione dei celebri Tinctor, Garnerio e Gaffurio ... Allora qui si tradussero per la prima volta in purgato latino le opere musicali dei greci armonici [Aristosseno, Aristide e Bacchio] ... Qui [Gaffurio] pure compose la pratica della musica e la concordanza armonica degli strumenti che vennero susseguentemente stampati a Milano. Ed è rimarchevole l'osservazione del sig. Burette che inquest'opere l'illustre autore mostra molta cognizione de' greci armonici allora tradotti.
Mayr 1820
Conferenza letta a Bergamo nel 1820, poi pubblicata nella Gazzetta musicale di Milano (1843) e, in una versione più ampia in Alessandri-Mayr 1875
131-132] Dichiara FG bergamasco (che se sa che è nato a Lodi) | lo dice "educato presso la madre" perché il padre era soldato di ventura | studia con Godendach [Forkel 1810: 670] | Della scuola napoletana su autorità di Martini 1774 e Arteaga 1783: i.156.
139] Sulla testimonianza di Arteaga 1783 i.161 smentisce Tiraboschi 1776 per cui quella di FG fosse la prima scuola di musica in Italia, essendoci già quella di Ramos de Pareja dal 1482 a Bologna, voluta dal pontefice Niccolò V [in realtà è probabile che quella di Ramos non fosse una scuola pubblica], scettico anche su Litta 1814
165] Rif. alla traduzione di Bryennos in O-LOcl, xxviii.A.8, e al Quintiliano a Verona [Bettinelli 1775 ii.184]
La stesura pubbl. in Alessandri-Mayr 1875, presenta alcune informazioni in più fra cui:
61] Bibliografia precedente: Hawkins 1776, Burney 1789, Forkel 1792, Forkel 1801, Choron 1810 | cita inotre Aventinus 1516 (senza confonderlo con N. Faber)
71] Riferimenti a un dipinto creduto ritratto di FG:
Esiste in una ragguardevole casa di Lodi un ritratto il quale vorrebbesi pretendere essere quello di Gaffurio. Ma l'abito, la forma e il colore del berrettone, nonché il libro che egli tiene nelle mani, tutto contraddice a tale asserzione... [nota di Alessandri, p. 176: "Il co. comm. Ottavio Lochis di Bergamo possiede su d'una antica tela dipinta da ottimo pennello il ritratto del Gaffurri"]
Illustrazioni 1834
Riprodotta l'epigrafe del monumento Bua ripresa da Agnelli 1897.
Porro 1878: 507
... In una miscellanea della biblioteca Trivulzio io rinvenni la pianta dei professori della Università Pavese, coi loro stipendi e colle materie da loro insegnate, per l'anno 1498 ... Nel medesimo codice trovasi anche quella del 1523 e del 1526, ma tali piante differiscono dalle precedenti soltanto per il personale ... Non molto era destinato, per esempio, alle scienze esatte ed alle belle lettere ... In compenso si vede figurare una cattedra per l'insegnamento della musica, che viene occupata da un uomo sommo pe' suoi tempi, voglio dire da Franchino Gaffuri da Lodi, il quale pubblicò diversi trattati sulla musica, di cui il primo vide la luce in Milano nel 1492, ché quello del 1486 notato dal Panzer non esiste.
Documentazione descritta in Porro 1884 oggi purtroppo dispersa.
Muoni 1883: 211-214
1484-1522. Franchino Gafori o Gafurio, presbyter, eletto il 27 aprile 1484 "magister biscantandi et docendi biscantare pueros in Campo Sancto,* cum mensuali salario flor. 5". Vuolsi che, nello stesso tempo, egli fosse anche maestro della cappella ducale di Lodovico il Moro, quantunque il prelodato amico nostro, Edmondo Vanderstraeten [1875: 3], scriva che questo torno, cioè nel 1498, il maestro della cappella ducale fosse il fiammingo Gaspard Van Weerbeke. Forse è di costui il Motetto a 4 voci attribuito a un «Gaspar» e posseduto dalla cappella del Duomo.**
* [nota di Muoni:] Per Campo Santo intendesi la piazzetta posta dietro il Duomo, dove sorge un vasto caseggiato, no ha molto sontuosamente ricostruito, e spettante alla fabbrica della stessa chiesa. In uno di quei locali apprendevano i fanciulli a cantare peri sacri offici.
** [nota di Muoni:] Nel Carteggio ducale dell'Archivio di Stato di Milano trovansi due lettere di Lodovico il Moro concernenti il Weerbeke: l'una, in data 29 aprile 1472 ... l'altra in data 23 marzo 1474 ...
Franchino Gafurio dettò pel primo teoria musicale in lingua volgare, come fu pure il primo, fra gli italiani, a pubblicare colle stampe trattati di musica Teoria musicae, Napoli, Francesco Dino, 1480, e Milano 1492 Practica musicae, codice membranaceo, Milano 1496, e Brescia 1502 Angelicum ac divinum opus musicae, codice stampato a Milano in lingua italiana nel 1508 De armonia musicorum intrumentorum opus quadripartitum, Mediolani, per Gotardum Pontanum, 1508.
In fine di questo volume trovasi la biografia del Gafurio «ex scriptis Pantaleonis Meleguli laudensis». Sul frontespizio rimarcasi una stampa in legno, rappresentate il Gafurio, come professore di musica, sulla cattedra, cogli uditori seduti in circolo. Dalla sua bocca escono le parole: «Harmonia est discordia concors», e l'iscrizione intorno alla stampa dice: «Franch. Gafurius laudens. tria de musicis volumina theoricam ac praticam et harmoniam intrumentorum accuratissime conscripsit».
Questa medesima stampa vedesi pure sul verso del secondo foglio di un prezioso codice, esistente nella biblioteca di Belle Arti a Lione, scritto in caratteri nitidi e corretti, pieno di abbreviazioni, ornato di lettere capitali, di titoli e di figure armoniche tracciate coll'inchiostro rosso; ma questo manoscritto offre altresì due miniature interessantissime, in una delle quali si scorge l'autore, Franchino Gaffurio, porgente la sua composizione a Jafred Charles, presidente del Delfinato pel Cristianissimo re di Francia e vicecancelliere del ducato di Milano a cui è dedicata l'opera e le cui armi gentilizie sono dipinte nel terzo foglio.
Tutti ammirarono l'altro superbo codice, De armonia instrumentali col ritratto dell'autore Gafurio, miniato, sul frontespizio, che il municipio di Lodi espose, nel 1881, alla Mostra Internazionale Musicale in Milano;ma anche il Duomo di questa città possiede, fra le tante cose, di lui: un manoscritto con firma e dichiarazione autografa, in data 23 giugno 1490 contenente: Magnificat a 3 e 4 voci, Antifona a 4 e 5 voci, Litanie a 4 voci, uno Stabat mater a 4 voci, Motetti a 4 e 5 voci altro manoscritto del 1507 comprendente: Ingessa, Messe a 4 voci. Motetti id., Inni id., Magnificat id., Antifona id. altro manoscritto contenente: Messe a 4 voci, Motetti a 4 e 5 voci, Sanctus a 4 voci.*
* [nota di Muoni:] Nella privata nostra collezione di Autografi possediamo, noi pure, un quaderno stampato, sincrono, ma d'altro autore, colla seguente annotazione di pugno del celebre maestro: «Franchini Gafurij Ecclesiae Mediolani phonasci liber».
Ragionandosi di personaggio tanto ragguardevole per la storia dell'arte musicale, ogni nonnulla può interessare; quindi aggiungeremo come, nelle Effemeridi del nostro Duomo, trovansi registrate alcune variazioni avvenute nella Cappella durante la sua dirigenza, Nel 1507, alli 11 marzo, anziché pagare una maggior mercede al maestro di grammatica pei fanciulli, addetti alla medesima cappella, i deputati della Fabbrica della chiesa deliberarono diminuire il numero in maniera che non sarebbero mai più di dodici alli 20 marzo, nominavansi a cantanti Gio. Stefano Pozzobonello ed Innocenzo Mantovano addì 28 agosto 1516, aumentavasi il salario al tenore Francesco da Marliano nel 1522 assumevasi a cantare il prete Benedetto da Biumo.
A dimostrare poi la fiducia che il duca Sforzesco riponeva nell'insigne musicista, basterà l'accennare come nel 1490 venissi questi inviato, alli 19 aprile, nella città di Mantova per accompagnare a Milano l'architetto Luca Paperio, fiorentino, uno dei periti interrogati sulla costruzione del tiburio della Metropolitana (tamburo ottagonale della cupola), allogato di poi al celebratissimo scultore e architetto Giovanni Antonio Amadeo.
Gafurio coprì anche la carica di rettore della chiesa di S. Marcellino, ma ciò che maggiormente l'onora è di essere stato il fondatore della scuola musicale lombarda, segnalata per energia e colorito. Bergamasco di origine, nacquue ad Ospitaletto, nel Lodigiano, il 14 gennaio 1451, e morì a Milano, il 24 giugno 1522.
Motta 1888
Estratto di morte del celebre
Franchino Gaffurio
Estratto dall'Archivio di Stato [di Milano
(?)]
Milano, Necrologio, 1522, 24 giugno Porta Comasina, Parrocchia di S. Marcellino
Rev.dus dominus presbiter Franchino Gaffurus annorum lxxx rector ecclesiae S. Marcellini ex febre tertiana dupla in 2° mense sine suspicione, judicio magistri Oldrati Martigoni.
Appunti 1888
Attestato di morte di Franchino Gaffurio. La data della sua morte, come avvenuta al 24 giugno 1522, era già nota, ma davasi erroneamente l'anno 1451 per quello della sua nascita. Ora, l'attestato mortuario del Gaffurio, tolto dai necrologi nell'Archivio di Stato milanese [...] precisa quella data al 1442.
Si riproduce Motta 1888, esplicitamente citato, quindi si prosegue:
Moriva a P. Comasina, nella parrocchia di S. Marcellino, dove era per lo appunto rettore ed alla quale chiesa nel 1490 lavorava il celbre architetto e suo compatriota Giovanni Battaggio da Lodi, come da un altro documento pubblicato in quel medesimo fascicolo dell'«Archivio lodigiano».
Sant'Ambrogio 1897/a
L'articolo fu poi ripubblicato in Agnelli 1897, pp. 97-102 (accolgo gli omissis sono di Agnelli relativi a interpretazioni che Sant'Ambrogio stesso rettificherà).
Non foss'altro che a titolo di curiosità e senza annettervi troppa importanza, ma nel solo intento di fornire materia di studio a quanti si occupano di arte e di archeologia per le eventuali ulteriori ricerche del caso, non tornerà discaro di conoscere le singolari conclusioni che si desumerebbero dall'esame di un disperso sarcofago del Rinascimento lombardo, segnalato da tempo come esistente a Treviso e che sarebbe della buon'epoca dell'arte (1522), di uno scultore insigne sopra tutti in Milano (Agostino Busti detto il Bambaja), e infine predisposto originariamente per un maestro dell'Ateneo pavese, illustre per meriti e per fama (Franchino Gaffurio).
E poiché in un periodico quotidiano non riesce possibile di svolgere con sufficiente ampiezza una sì complessa questione, ed il pubblico d'altonde ha pur ragione di essere informato, almeno sulle generali, di ogni affermazione che si presenti come nuova e che potrebbe diversamente venir giudicata come gratuita affatto mentre non lo è punto, basti per ora il dire che si tratta di un monumento funebre consistente in un'arca della lunghezza di metri 3 per un'altezza di cent. 75, con tre stupendi bassorilievi, due putti portanti fiaccole ai lati e cinque statue di Virtù superiormente (Giustizia, Carità, Temperanza, Forza e Prudenza) dell'altezza quest'ultime di circa 80 cent. e scolpite di tondo, opere tutte che hanno i caratteri manifesti, nei bassorilievi specialmente, delle sculture lombarde lde primo quarto del xvi secolo, e in modo perspicuo di Agostino Busti detto il Bambaja e della sua scuola, come verrà esuberantemente dimostrato quanto prima.
Tali resti di un grandioso sarcofago sperperato, si veggono oggidì nella navata sinistra del Santuario di Santa Maria Maggiore di Treviso, e che essi provengano da Pavia e siano stati asportati da colà come spoglia di guerra per divenir poi, come sono ancor oggi, il sepolcro del conte Mercurio Bua, capitano degli Stradioti al servizio della Repubblica di Venezia, lo attesta in modo da non lasciar dubbi una lunga iscrizione apposta sotto l'urna stessa nel 1637 dal pronipote del celebrato guerriero, il nobile trevigiano Francesco Agolante.
Ricordandosi infatti in quell'epigrafe le varie imprese di guerra cui prese parte direttamente o indirettamente quel valoroso soldato che successe poi all'Alviano nel comando delle truppe venete, dopo essersi menzionate le vittorie contro i francesi nel regno di Napoli, la restituzione nel Ducato milanese a Lodovico il Moro, l'espugnazione di Novara per opera del Trivulzio, la battaglia di Melegnano e infine la battaglia e presa di Pavia, «Papta praelio devieta», si aggiunge «Unde regium hoc monumentum inclyta spolia eduxit».
Da Pavia dunque e nel 1525 o 28, sta bene... e fin qui la notizia era nel dominio del pubblico, o almeno di emeriti studiosi, fra i quali il dott. Bampo di Treviso, il chiarissimo cav. Frizzoni e il dott. Gerolamo Biscaro; ma a chi apparteneva colà il monumento e da qual luogo precisamente proveniva?
Gustavo Bampo (1849-1927), conservatore dell'Archivio notarile di Treviso; Gustavo Frizzoni (1840-1919), storico dell'arte; Girolamo Biscaro, storico trevigiano.
Che si tratti di un musicista lo dice chiaramente il bassorilievo di mezzo nel quale vedesi sul letto di morte, circondato da gravi personaggi ploranti, un uomo di matura età che porge la mano ad una persona paludata che, quale genio benefico o meglio Apollo in persona, gli consola l'agonia tenendo fra le mani un violino, emblema dell'arte musicale del chiaro estinto.*
* [Nota di Sant'Ambrogio, omessa in Agnelli] Nella tavola del IV libro del trattato De harmonia di Gafurio Franchino, del 1518, Apollo è raffigurato con lunga veste e la mandòl o violino nella sinistra. E il Maleguli lodigiano con un suo epigramma dice di Franchino: «Sive triumphanti mereas sub Apolline miles».
Anche nel bassorilievo di destra, in cui vedesi effigiato il defunto sulla bara, dietro a cui, come usò il Busti, stanno le tre Parche in atteggiamento di dolore, la lunga veste talare e la corona d'alloro che gli cinge le tempia rivelano come si tratti nel tumulato di persona di età matura e in abito ecclesiastico, ma dedito al culto delle belle arti. Gli stanno intorno infatti i putti recanti fronde votive, due figure femminili con lunghe faci e altro giovane con petaso in capo, non alato però, ed un sistro musicale nella destra.
Ma quale fu nel primo quarto del xvi secolo, e nella città di Pavia, il musicista insigne cui poteva essere dedicato un monumento funebre di tanta apparenza se non quel praesbiter Franchinus Gafurius che aveva meravigliato i suoi coetanei col trattato dell'armonia e colle sue teorie musicali, e che era tenuto in altissimo onore non solo dai duchi sforzeschi, ma dagli stessi re di Francia, e più che tutto nell'Ateneo pavese, perché «sacerdote costumato, letteratissimo et tanto perito in musica quanto alcun altro»?
E notisi che venuto il Franchino a morte all'apogeo della sua fama nel 1522, era ben naturale che gli si erigesse in Pavia un ricordo monumentale, altrettanto essendosi fatto nel primo quarto del xvi secolo pei professori più emeriti dell'Università pavese, per Catone Sacco, nella chiesa del Carmine, per Giasone del Maino in San Giacomo fuori le Mura, pel Baldo, pel Brachet e così via. [...]
Oggi, molte delle lapidi sono ritornate all'Ateneo. Le più antiche sono nel Cortile della Volta, così quelle di Sacco (1461), Maino (1519), Baldo (1400) e Brachet (1504). Va detto che il modello funerario è molti diverso da quello per Gaffurio, rendendo poco proabaile l'ipotesi che sia stato promosso dall'università.
E notisi che trovavasi tra gli Stradioti assoldati dalle truppe imperiali un Prodano Bua, nipote del conte Mercurio, non rimanendo escluso del resto che quel monumento sia stato asportato nel sacco di Pavia del 1526, in cui furono oggetto di preda il Regisole e le porte, inviate poi a Ravenna, o forse meglio nella presa di quella città, per parte delle truppe francesi e venete, del 19 settembre 1528. Per quest'ultima supposizione sarebbe il fatto che trovavasi allora al campo veneto, come procuratore, lo suocero stesso, ser Alvise Balbi, del conte Bua, che i Diari di Martin Sanudo dicono allora preposto alla custodia di Bergamo, ma a cui quel sarcofago, preda di guerra, può essere stato assegnato dal duca d'Urbino per i suoi meriti eminenti in quella campagna.*
* [nota di Agnelli ripresa da Sant'Ambrogio] Sanudo, Diari, ii, p. 756.
Dello stato frammentario dei resti di quel monumento eretto poi come sarcofago d'onore in Treviso alla memoria del conte Mercurio Bua, e dalla mancanza d'ogni iscrizione della persona cui era originariamente destinato, può anzi arguirsi che esso non fosse allora compiuto interamente e si trovasse fors'anche in stato di lavorazione, per quanto inoltrata, nel tempio stesso di S. Salvatore. Ciò si dedurrebbe dal vedersi tuttora esistenti, nelle statue dei puttini specialmente, i grossolani sostegni marmorei a tergo delle fiaccole che portano fra mani, locché si osserva anche per le statue delle virtù e perfino in alcune parti dei bassorilievi.
Ora, il Busti tanto meno e neppure artisti della sua scuola avrebbero lasciato quelle imperfezioni d'essecuzione a lavoro finito, e del resto se i tre bassorilievi e i puttini colle torce potevano da soli completare un'urna funebre, le cinque statue delle virtù lasciano intravedere dovessero essere disposte enritmicamente intorno ad altri pezzi del monumento ed alla lapide coll'epigrafe che vi mancano. E una tal emergenza spiegherebbe meglio in qual modo abbiano potuto i veneziani, senza un'aperta violazione della chiesa e le conseguenti proteste, impadronirsi come spoglia di guerra di quei frammenti di un sarcofago in costruzione, cospicuo pur sempre, è bensì vero, per perizia di lavoro e ricchezza di marmi, ma non però in tutto ultimato.
Una questione che può lasciare alquanto indecisi in tutte siffatte allegazioni apparentemente di una grande concordanza fra di loro, si è quella della data del 1562 che leggesi in piccoli numeri arabici sul pilastrino, con fiorami in stile del Rinascimento, del bassorilievo di mezzo del sarcofago Bua, col soggetto del Gaffurio sul letto di morte.
Come fu recentemente confermato dal documento pubblicato dal dotto sig. Emilio Motta, a pag. 87 del xv volume dell'«Archivio Storico Lombardo», Franchino Gaffurio, nato ad Ospedaletto Lodigiano nel 1442, e non già come fin qui erasi ripetuto nel 1451, venne a morte in Milano l'anno dal 1522 al 1528.
Il rif. corrisponde a Appunti 1888. Il vol XV dell'ASL è in realtà il V della serie II, dove a p. 897 (e non 87) vi è una segnalazione anonima corrispondente a Motta 1888 (l'errore è già in Sant'Ambrogio). Evidentemente «dal 1522 al 1528» è un refuso per «1522», giacché appena citata la fonte. Gaffurio nacque nel 1451 malgrado Motta.
Ora quest'ultima circostanza non esclude che un monumento funebre di ricordanza o cenotafio venisse pure eretto al celebrato maestro di Pavia stessa, ove fu ascritto con regolare emolumento fra i dottori di quell'Università («Archivio Storico Lomb.», V, 502), ma la data del sarcofago non poteva essere che quella del 1522 e nasce il dubbio che siavi stato un materiale errore di trascrizione della terza cifra dal momento che si sa ad ogni modo che l'arte scultoria coi bassorilievi in di lui onore fu asportata da Pavia dal 1525 al 1528.
Ovvero Porro 1878, l'articolo occupa le pp. 507-517 (a p. 502 non c'è alcun riferimento, errore già in Sant'Ambrogio).
Un'altra spiegazione per altro ci si presenta più plausibile al riguardo, e cioè quella che la data del 1562 corrisponda all'epoca in cui quel sarcofago, decorato superiormente colla targa araldica del condottiero dalmata conte Bua, fu eretto in Santa Maria Maggiore a ricordanza del valoroso guerriero, benché originariamente ad altri destinato e portato da Pavia come inclita spoglia, a sensi di quanto è chiaramente detto nell'iscrizione del di lui pronipote Agolante, del 1637.
E, per verità, nonostante l'evidenza di quella epigrafe, si persistette a ritenere che fosse per vero un'arca scolpita espressamente pel conte Mercurio Bua, e che a lui per l'appunto si riferissero i bassorilievi, tanto che il professore Luigi Zandomeneghi, discorrendo di essi innanzi al consesso accademico del 1827, ne fece altissimo encomio, giudicandoli usciti di mano d'artisti locali, ed anzi la più bella fra le opere di Tullio Lombardo, come ripeterono d'allora in poi le principali guide.
Zandomeneghi (1778-1850) fu allievo di Canova a Roma. Non ho trovato il suo discorso del 1827 (forse non fu mai pubblicato).
Come si vede da questi brevi cenni, siamo di fronte au un complesso di dati, di fatti e di deduzioni tale da poter mettere innanzi con piena asserveranza le risultanze più sopra espresse, senza timore che abbia a soffrirne menomamente quella rigorosità degli studii che sta pure a cuore di chi scrive.
E quand'anche le notizie d'archivio e le posteriori constatazioni non avessero a convalidare in tutte le argomentazioni brevemente qui riassunte, verranno, se non altro, le medesime a richiamare maggiormente l'attenzione del pubblico sopra un monumento così cospicuo e, insieme con esso, su quel tempio di San Salvatore in Pavia, che tutti fanno voti di veder presto degnamente restaurato e restituito alla primitiva sua destinazione.
Sant'Ambrogio 1897/b
La lettera fu poi ripubblicata in Agnelli 1897: 103-104.
Stimatissimo pvc. [Unione 1897/a] Poiché il curioso rinvenimento di Treviso, di cui nella «Lombardia» del 27 giugno u.s. [Sant'Ambrogio 1897/a], ha aperto le colonne dell'«Unione» di Bergamo [cfr anche Unione 1897/b e 1897/c] un po' di discussione circa l'essere l'insigne musicista Franchino Gaffurio di Lodi veramente o non piuttosto cittadino bergamasco eccole, per norma, alcune succinte indicazioni al riguardo in aggiunta a quelle riprodotte in quel periodico e nel fondo abbastanza esatte.
Premettesi che la data precisa della nascita del Gaffurio, fin qui desunta dai codici manoscritti dell'epoca e riportata da tutti gli autori, e così dal Sassi, dal Muoni, dall'Arrigoni e infine dall'Oldrini, come avvenuta il 14 gennaio 1451, verrebbe ora retrocessa di 9 anni, e cioè al 1442 dall'erudito dott. Motta («Arch. Stor. Lomb.» xv, pag. 87) [recte Appunti 1888] pel fatto che l'attestato di morte, da lui scovato, del celebrato maestro, lo dice defunto in Milano, a P. Comasina, nella parrocchia di S. Marcellino il 22 gennaio 1522, nell'età di anni lxxx. Fu la vanità del letterato e dell'uomo di mondo, o fu la troppo compiacente adulazione dei suoi coetanei che ingenerò quell'errore? Ai posteri l'ardua sentenza.
Quanto al luogo di nascita, sarebbe il Gaffurio venuto in luce ad Ospedaletto, ma anche qui, secondo alcuni lodigiano, secondo altri bergamasco; in ogni modo, il padre di lui Bettino era realmente nativo di Almenno, e la madre invece una Fissiraga di Lodi. Di natali lodigiani si riteneva lo stesso Franchino Gaffurio che, pur morendo in Milano ove fu il rettore della chiesa citata di San Marcellino, lasciò i libri della sua biblioteca al tempio dell'Incoronata di quella città ad exibibendos, e la dicitura di «laudensis».
Scarse notizie si hanno sul soggiorno di Franchino a Bergamo per esercitarvi l'arte sua, e maggior fama si acquistò egli a Genova ed a Napoli nei primi tempi col munifico cardinale Adorno e poscia a Milano dove fu maestro di cappella della cattedrale fino dal 1484. Dieci anni dopo lo vediamo iscritto nel Rotulus salatorum dei professori dell'Ateneo pavese col titolo «ad lecturam musices», e sono i meriti suoi e la celebrità grandissima che si acquistò in quell'insegnamento, messi poi maggiormente in evidenza negli ultimi anni di sua vita dalle vivaci polemiche sostenute collo Spataro e coi maestri di musica dell'Ateneo bolognese, che gli valsero in Pavia l'onore di un monumento commemorativo, sgraziatamente non condotto a fine, e che solo ora viene ad essere riconosciuto nella lontana Treviso.
Prospero Adorno (1428-1485), fu doge di Genova nel 1461 e nel 1478, ma non cardinale. Chiamò un anno Gaffurio (come affermano Tiraboschi e Spotorno, cit. in Levati [Wbis]).
Ricordi marmorei consimili erano allora d'uso normale nell'Università pavese pei suoi maestri di maggior grido, e così, altre a quello del Vegio del 1512, due di essi ci sopravanzano tuttora sotto i portici di quell'Ateneo, e già eretti il 1519 in chiese della città solo tre anni prima della morte del Gaffurio, in grande stima egli pure, quanto Franchino, presso Luigi XII dapprima e poscia presso Francesco I di Francia.
Cfr. Sant'Ambrogio 1897/a; il marmo per Agostino Vegio è anch'esso nell'Ateneo pavese.
Sant'Ambrogio 1897/d
L'articolo fu poi ripubblicato in Agnelli 1897: 116-118.
Riprodotta da giornali diversi fu la notizia datasi nella «Lega Lombarda», 27 giugno u.s. [Sant'Ambrogio 1897/a], circa il riconoscimento a Treviso, nei tre bassorilievi e nelle statue accessorie che adornano colà l'arca funebre del conte Mercurio Bua, di preziosi marmi artistici del nostro Busti, lombardo, stati colà trasportati da Pavia, come preda di guerra, da quell'illustre capitano degli Stradiotti negli anni dal 1525 al 1528, e che costituivano in Pavia stessa il sarcofago destinato in ricordanza dell'insigne musicista e professore di quell'Ateneo Franchino Gaffurio.
E poiché la prova dell'attribuzione a quest'ultimo di siffatti bassorilievi veniva dedotta da due soli di essi, e più specificamente da quello centrale, in cui vedesi quell'illustre personaggio vicino a morte e consolato da Apollo in persona col violino nella sinistra mano, benché anche nel bassorilievo di destra raffigurante gli onori funebri resi al defonto sia, come nel primo, palese la rassomiglianza del giacente coi lineamenti che conosciamo di Franchino Gaffurio, stimiamo necessario qui di aggiungere che una tal prova risulta manifesta ancor più nel terzo di quei bassorilievi, che anziché, come erasi avvisato a tutta prima, alla glorificazione dei Santi Innocenti con una bizzarra miscela di elementi sacri e profani, si riferisce all'apoteosi del Gaffurio stesso, dedotta dalle ultime vicende della sua vita e dai suoi scritti medesimi, ed è così tale da escludere che quelle sculture potessero essere apprestate in Pavia per altri fuorché per quel celebrato musicista.
Un più acconcio esame di quel bassorilievo, malconcio per molti guasti causatigli dal tempo, col raffronto della riproduzione grafica datane dal Bellìo di Treviso fino dal 1840, e sopra ogni cosa il valido appoggio prestato al riguardo con argute osservazioni del chiarissimo dott. Gerolamo Biscaro di quella città, inducono pertanto a ritenere che nei molti putti di quel bassorilievo, due dei quali volano verso l'empireo dando fiato alle trombe della fama, altro non debbano scorgersi raffigurati che i parti letterarii e musicali del Gaffurio, tripudianti intorno al trono ove egli viene esaltato da persone diverse. Manca sgraziatamanete in questo bassorilievo il capo della persona nobilmente paludata e seduta sotto il baldacchino d'onore, né possiamo aver qui, come negli altri due bassorilievi, l'evidenza del ritratto, ma che si tratti della glorificazione di un musicista di alta vaglia lo dà a divedere ai gradini del trono l'effigie di Mercurio, l'inventore della lira, il quale adduce al suo cospetto le Virtù che resero grande il Gaffurio, e cioè la Fede col mistico calice, la Forza colla spada in pugno e la Carità cui andò tolto il puttino che reggeva fra le braccia.
All'ipotesi fa riscontro, sulla destra del bassorilievo, la punizione degli accaniti averrsarii del grande luminare dell'Ateneo pavese, e vediamo così lo Spataro di Bologna, cambiato in un orecchiuto Marsia ignudo che una sozza Erinni va sferzando con un manipolo di serpi e sospingendo verso Cerbero dalle tre fauci canine che già afferra uno dei putti (gli infami libelli) che egli si strinse in seno, e il maestro dello Spataro stesso, lo spagnuolo Bartolomeo Ramis de Pereira affigiato tutto solitario in una grotta sotto le sembianze di Mida dalle lunghe orecchie asinine. Costui intervenuto con un suo scritto nella vivace contesa fra i due musicisti, aveva osato di dare ragione allo Spataro e ben meritava, a giudizio del Gaffurio e dei molti e devoti suoi scolari, fra cui lo stesso Gaudenzio Merula, il castigo toccato al mitico re di Frigia che antepose la rustica zampogna di Pane alla melodiosa lira d'Apollo (Metamorfosi xi).
Gaudenzio Merula (1500-1555) fu medico, storico, alchimista, astrologo e letterato. Pubblica un carme in Gaffurio 1520.
E quanto all'essere lo Spataro rappresentato come Marsia, che trovato a caso il fluato di Minerva, osò contendere col divo Apollo e fu da lui dannato al supplizio d'essere scorticato vivo, non è dunque il bassorilievo la plastica rappresentazione del sanguinoso epigramma del Gaffurio all'indirizzo del suo competitore di Bologna? Com'è noto la disputa fra i due s'era invelenita a punto che, con triviale allusione al nome di Spataro, giudicava il Gaffurio in quell'epigramma indegno che un semplice fabbricatore di spade, «qui gladios quondam Corio vestibat et enses», osasse insultar lui ed attentae al suo genio; ond'è che rivolgendosi ad Apollo e interpellando in qual modo tollerasse un tanto insulto, né se ne facesse il temuti ultore, risponde a lui il dio della musica che non lo farà impunemente ma «qualis Marsya victus | pelletegat gladios perfidus ille sua», e cioè sarà la pelle del perfido destinata a coprire le altrui spade.
E comunque si possa giudicare di questo tratto di spirito di oltre tre secoli or sono, e richieda la spiegazione di un'allegoria così astrusa un più ampio svolgimento e l'esemplare sott'occhio del bassorilievo in questione, non abbiamo voluto passare la cosa sotto silenzio ai nostri lettori e per una doverosa rettifica e perché, colla nuova interpretazione data, remarebbe escluso che il monumento del Gaffurio possa provenire in Pavia dal tempio di San Salvatore, e maggiori presunzioni stanno invece per la Cattedrale di quella città da cui furono involate nel 1527 dalle milizie venete e francesi le porte di bronzo inviate poi a Ravenna, e la statua del Regisole sulla vicina piazza del Duomo. Ciò ad opportuna notitia dei molti studiosi ed eruditi della città di Pavia, dai quali specialmente si attende qualche luce intorno alla misteriosa sisparizione della Metropoli del Ticino di un sì cospicuo ed attraente monumento dell'arte lombarda del primo quarto del xvi secolo.
Agnelli 1897
L'illustre dott. Diego Sant'Ambrogio in questi ultimi tempi ha aperto una discussione molto interessante circa un sarcofago esistente nel Santuario di Santa Maria Maggiore di Treviso che si vorrebbe stato preparato in Pavia pel celebre maestro di musica Franchino Gaffurio. Questa notizia lanciata nel campo artistico ha sollevato delle quistioni, non ultima tra le quali quella che vorrebbe fare del celebre musico un cittadino bergamasco invece che lodigiano, come fino ad oggidì si è sempre creduto.
Noi non abbiamo potuto conoscere i risultati delle ricerche indette dal cronista dell'«Unione» di Bergamo» [Sant'Ambrogio 1897/b] a riguardo della nuova patria di Franchino Gaffurio: perciò non possiamo tener informati della cosa i lettori dell'«Archivio Lodigiano». Però crediamo sia utile ripubblicare, col debito permesso dell'autore, il bello scritto del dott. Diego Sant'Ambrogio, togliendolo dalla «Lega Lombarda» del 27-28 giugno 1897, n. 160, facendolo poi seguire da altri e da qualche nostra considerazione accompagnata di scritti inediti ed interessanti la vita e le opere del celebre lodigiano.
Qui Agnelli riproduce Sant'Ambrogio 1897/a.
In riferimento all'immagine di Apollo nel bassorilievo scrive:
Nella tavola del iv libro del trattato De harmonia di Gaffurio Franchino, del 1518, Apollo è raffigurato con longa veste e la mandola o violino nella sinistra. E il Maleguli lodigiano con un suo epigramma dice di Franchino: «Sive triumphanti mereas sub Apolline miles».
In sostituzione del primo omissis: "Qui il dott. Sant'Ambrogio su certi indizi che egli stesso più tardi riconosce erronei si diffonde sulla probabilità che il sarcofago in discorso fosse in origine destinato alla chiesa di San Salvatore extra Muros, la quale a tutta ragione più d'ogni altra fu danneggiata negli arredi e nei monumenti durante le guerre tra Francia e Spagna nel primo trentennio del secolo xvi."
Il giornale «La Lombardia», il 27 giugno 1897, n. 174, accenna pure a questo articolo del dott. Sant'Ambrogio: ma è solamente più tardi, cioè il 7 luglio, n. 1847, dove si pubblica una lettera del valente scrittore d'arte al critico del giornale stesso, prof. Colombo, del seguente tenore:
Si riproduce Sant'Ambrogio 1897/b.
Il 14 luglio, n. 191, sulla medesima «Lombardia» è comparso un articolo del nostro amico e collega Bassiano Baroni, il quale, colla scorta di documenti irrefragabili, dimostra essere il Gaffurio «laudense» e non bergamasco. Le stesse argomentazioni vengono pure sfoderate dai giornali cittadini, specialmente il «Fanfulla da Lodi» del 24 luglio. E noi seguendo le orme tenute da tutti questi, dimostreremo la lodigianità del Gaffurio colle stesse opere stampate ed anche manoscritte, che egli donava alla nostra Incoronata.
Riferimento alla Practica (Milano 1496) e all'Angelicum (1508)
Un terzo libro pure membranaceo, però manoscritto, [oggi a Lodi] terminato il venerdì 21 marzo 1500, come risulta da una annotazione in rosso carattere apposta sul verso dell'ultimo foglio, comprende quattro trattati dell'Armonia. L'indice delle varie trattazioni che incomincia col primo foglio è così intestato: «Descriptio primi libri harmonie instrumentalis Franchini Gafori Laudensis». Finito l'indice, sul verso del secondo foglio, havvi la seguente annotazione:
Exemplar hoc celeberrimi Franchini Gafori auctoris sui in Santi viri venerationem et memoriam servandum in museum Pp. Congregationis S. Philippi Nerii reponitur hac die quarta decembris 1694 ex mandatu dd. deputatorum Venerandae Scholae B. V. Coronatae Laudae quibus ipse Franchinus libros testamento legavit.
Sulla copertina di legno, nell'interno, havvi appiccicata una carta colla seguente annotazione autografa:
Liber Franchini Gafori Laudensi Ecclesiae Mediolanensis phonasci
Nell'ultimo foglio, cogli stessi caratteri del testo, si riportano alcuni cenni della vita dell'autore stesi dal contemporaneo Pantaleo Malegolo, lodigiano. Noi riproduciamo questo scritto:
Segue la biografia di Malegolo.
Questo per la lodigianità del Gaffurio: chi volesse farlo bergamasco si provi anzitutto a distruggere il valore di questi dati pure certissimi, ma non con vani e capziosi cavilli.
Veniamo ora al sarcofago di S. Maria Maggiore di Treviso che si crede preparato in Pavia pel nostro Franchino. Il comm. avv. Giovanni Maria Zanoncelli, membro della Deputazione Storico Artistica di Lodi, leggendo nei giornali la notizia del dott. Diego Sant'Ambrogio, vivamente tocco da questa scoperta che viene a porre sempre in maggior evidenza un lodigiano illustre, e nella persuasione di compiere un dovere raccogliendo le memorie e le notizie sparse dei cittadini che onorarono la patria, scrisse al professor abate Luigi Bailo di Treviso, eruditissimo di memorie cittadine, per avere informazioni in proposito.
Dalla lettera del chiarissimo professore trevigiano noi veniamo ad apprendere sul monumento in discorso diverse peregrine notizie, alcune delle quali non concordanti con quelle del prof. Pulieri, citato dal dott. Sant'Ambrogio nel suo articolo della «Lega Lombarda», né con alcune asserzioni del Sant'Ambrogio stesso. Il monumento Bua si trova nella chiesa di S. Maria Maggiore (vulgo Madonna Granda) di Treviso: sta nella navata a destra (in cornu Evangelii) nella già cappella di S. Giorgio e Santa Fosca, ora di San Giuseppe.
È un insieme di tre storie a piccole figure in pieno, alto e mezzo rilievo, poste in linea, di marmo, incorniciate in una cornice semplice di pietra d'Istria sagomata, quasi una specie di arca, sopportata da mensoloni.
Questa quasi arca è sormontata dallo stemma del Bua, e in arco sul muro vi sono, innicchiate sopra, sette figure, di cui due di putti con fiaccole ai lati, e cinque donne, una anche con putti, a piedi, forse rappresentanti diverse virtù. Al disotto invece della quasi arca vi è una lapide incorniciata con iscrizione posta molto più tardi (1637) al monumento del Bua da un Francesco Agolante «ab nepes ex nepte» L'iscrizione è la seguente:
Mercurio Bua. Comiti e principibus Pelopponesi, | epirotarum equitum ductori | qui Gallis in Aragoneos dimicantibus saepius prostratis, | iisdem e regno Neapoleos ejectis. | Pisanis libertate donatis. | Ludovico Sforzia in duc. Mediol. restituto, | Triultio fugato, | Novaria expugnata, | Papia praelio devicta | unde regium hoc monumentum inclyta spoglia eduxit. | Bononia Julio ii pont. recepta. | Bavaris Maximil. imo. subacti | Francesco i Galliarum rege, Venetorum socio ab Flevet ob Marignan servato. | Domum | post obitum Alviani totiux exercitus imperator. | Ispaniam ad Veronam profligatis. | Militari precedentia admirandus. | Hic in pace nunquam muriturus quiescit | Franciscus Agolantus nob. Trav. abnepos ex nepte | posuit an. Sal. 1637. [in nota Osservazioni 1834]
Osserva il professor Bailo che l'assieme del monumento non fu mai opera architettonica, cioè organica, con unità di pensiero; ma è una riunione di vari pezzi messi insieme senza un concetto artistico. Contrariamente poi al parere di diversi scrittori di cose patrie, quali il Burchiellati, il Federici, il Sernagiotto, il Zandomeneghi ed il Pulieri; il prof. Bailo non ha mai dubitato che veramente tutti quei pezzi insieme, e non già le sole figure isolate (che il Pulieri dice di alabastro, e a lui paiono anch'esse di marmo forse greco pario, perciò trasparente come alabastro) siano tutti provenienti dalla Lombardia, e propriamente da Pavia, perché in parte lo dice il Burchiellati, in parte lo dichiara la iscrizione, benché quegli quasi mezzo secolo, e questa più di un secolo posteriore ("Papia praelio devicta unde regium hoc monumentum inclyta spolia eduxerit"). Ma soprattutto ce lo dice lo Zuccato, cronista trevigiano contemporaneo, fededegno in ogni sua affermazione.
Cfr Sernagiotto 1871 | Pulieri 1834: fasc. vi (per cui v. Cicogna 1842: v.367) e forse Bartolomeo Zuccato (xvi sec.), Cronica trivisana, I-Vnm, Mss. it., classe vi, 337 (5991).
E benché lo Zuccato parli solo delle figure che sono sopra l'arca, onde sarebbe giusta la distinzione del Pulieri, tuttavia l'abate Bailo crede che (perché non si tratta di un'arca, ma di quasi arca, che cioè non sporge dal muro, ma vi corre quasi uguale con piccola sporgenza) per arca si deve intendere la tomba, e questa non sia stata posta elevata ma terragna.
Ora - prosegue l'erudito trevigiano - che quelle statue a rilievo non si devano attribuire a Tullio o Antonio Lombardi, io lo giudicava dalla piccolezza delle figure, non sovvenendomi che questi abbia lavorato in figure sì piccole d'altorilievo, e che si dovessero attribuire piuttosto al Busti o Bambaja mi pareva dalla conoscenza che io aveva dei frammenti del monumento di Gastone di Foix che io aveva veduti negli originali dell'Ambrosiana, e nei gessi del Museo di Milano. Qualche volta pure le avvicinava alle consimili pur piccole figure del monumento di Massimiliano i che è nella chiesa dei Francescani in Innspruch; ma la iscrizione che collo Zuccato me li diceva provenienti da Pavia e il genere dei lavori e lo stile mi toglievano dal pensare ad artista tedesco: che poi facessero parte del monumento di Gastone da Foix io lo deduceva, oltre che dalla somiglianza delle formelle, dalla espressione della iscrizione: «regium hoc monumentum inclyta spolia»; a me cioè parea che l'epiteto di «regium» si convenisse propriamente e fuori di figura alla tomba di un reale di Francia piuttosto che a quella di un privato quanto splendido, e solo inquesto senso mi pareva giusta l'apposizione «inclyta spolia» quasi rappresaglia di vincitore su altro vincitore, e non sacrilego saccheggio di tomba privata.
Il dott. Gustavo Bampo, conservatore dell'Archivio notarile di Treviso, trovò in quell'archivio dei documenti dai quali risultava che il Bua era in possesso di pezzi di marmo artistici suoi, coi quali egli voleva gli fosse fatta tomba; [Sant'Ambrogio 1897/f] e che aveva fatto una convenzione coi frati della chiesa di S. M. Maggiore perché gli lasciassero colà detta tomba, e per questo egli assegnava loro un legato.
Ma una difficoltà grande tuttavia si opponeva - prosegue il Bailo - al mio pensiero, cioè come mai sulla tomba di Gastone di Foix potessero avere luogo queste sotrie in cui nulla si vede che con proprietà possa a lui convenire, e nella prima e terza delle quali evidentemente si scorge Mercurio col caduceo e nella seconda un giovine con violino. Però neppure l'interpretazione del Zandomeneghi né del Pulieri non mi andava, e quanto alla data 1562 della seconda storia non ci dava valore di fatto originale. In tutte e tre le storie vi è una targhetta, nella prima e terza senza scrittura; nella seconda la scrittura non mi pareva originale: 1° perché questa scritta e quelle no? 2° perché in cifre arabiche e non in lettere romane? Io dunque calcolava che adibite le storie nel 1562 al nuovo uso vi fosse stata incisa quella cifra anche poco elegante e di taglio leggero.. E poi lo stile puro di quelle figure e di quegli ornamenti non si conviene alla seconda metà del secolo xvi quando già il barocco è incominciato per quanto pur si voglia un artista vecchio e in ritardo collo svolgimento dell'arte.
Il prof. Bailo rilevando poscia le non poche infedeltà commesse dall'artista che preparò le litografie inserite nell'opera del Pulieri, e i danni gravissimi subiti dalle figure del monumento, prosegue:
Nella prima storia la figura di giovine a destra di Minosse,* nel marmo, è leggente su d'una tabella; che invece nella litografia non si capisce che faccia a mani vuote. La terza storia, che non so se il Pulieri abbia fatto riprodurre, rappresenta un funerale. Si vede una tomba con sopra disteso un morto incoronato d'alloro; non è chiaro se il cadavere o la sua statua giacente sul coperchio della tomba: ai lati di quella due putti con fiaccole, di dietro tre cantori leggenti su una cartella comune: intorno intorno [sic] al muro vari seduti in giro e piangenti; nel fondo pure Mercurio col caduceo. Che la prima storia col Zandomeneghi e col Pulieri si possa intendere Mercurio che guida le anime a Minosse, ci sono delle difficoltà. ma passi pure; ma che la seconda e la terza si possano intendere Mercurio presente alla tede nuziale e guidatore delle anime ai campi Elisi,** mentre evidentemente nella seconda si tratta di un vecchio che muore, e nella terza di un funerale, non lo capisco.
* [nota di Agnelli:] Per questo Minosse che giudica i trapassati venne interpretata la statuetta acefala che siede sopra un trono: questa statua, secondo ogni probabilità, doveva rappresentare Gaffurio
** [nota di Agnelli:] Non è neanche per nulla provato che il giovine che colla destra prende la sinistra del morente, e colla sinistra tiene il violino, sia Mercurio, come vorrebesi dal Pulieri e dal Zandomeneghi, mancando di tutto quei segni che sistinguono il figliolo di Maia dagli altri dei
E il prof. Bailo ha ben ragione di non raccapezzarsi: ad ogni modo queste ultime due storie possono riferirsi con maggior probabilità ad un cultore delle muse che non ad un guerriero sia questo un Gastone di Foix morto sul campo di Ravenna, o un Mercurio Bua defunto capitano degli Stradiotti, morto vecchio nel proprio letto in Treviso. In quanto poi all'essere quel monumento stato preparato per il Gaffurio, il Bailo dubita molto, però conchiude:
Se il Mercurio si è introdotto nella prima e terza storia come Dio della Musica (?) è duro però, per quanto siamo in pieno rinascimento pagano, che sulla tomba di un prete pur cantore non apparisca simbolo cristiano; ma non sarebbe l'unico controsenso del tempo.
Ma eccoci nuovamente il dott. Sant'Ambrogio che viene a spiegarci l'enigma del terzo bassorilievo, quello che egli credeva rappresentasse la 'strage degli innocenti'.
Si riproduce Sant'Ambrogio 1897/c.
A questi risultati giunse presso a poco anche il prof. Paolo Tedeschi il quale, nella visita che fece a Treviso nello scorso agosto, poté meglio osservare quei bassorilievi in gran parte danneggiati dal tempo, e molto più dalle vicende guerresche tanto accanite specialmente nel tempo in cui lo scalpello del Bambaja veniva plasmandole. Da quanto abbiamo detto e riportato non potrebbe rimaner dubbio che il monumento Bua di treviso sia stato preparato per Franchino Gaffurio. Ecco dunque il Bua, dai cronisti lodigiani appellato Mercurio greco, famoso per le stragi compiute dai suoi Stradiotti nei pressi di Sant'Angelo Lodigiano e di Villanova Sillero, riposare sotto mausoleo di un santo prete, cultore delle muse, fonasco della Cattedrale di Milano. Ironia della sorte!
Motta 1907
106, n. 2] Con buona pace del dottor Sant'Ambrogio e di chi lo copiò mettiamo anche in dubbio il presunto sarcofago Gaffurio, da Pavia emigrato a Treviso. Il Gaffurio non fu mai professore in quella città né vi morì, come abbiamo in altra nostra memoria fatto rimarcare. [Motta 1887: 550] Ragione pertanto di non avervi monumento nel 1522. Sarà, ed è come dagli emblemi appare, di un musicista, ma per attenerci a Pavia non potrebbe piuttosto colegarsi ai nomi di Lorenzo Gusnasco e di Teseo degli Albonesi?
Sartori 1952/a
14] … Ma è un regno [gli organisti del Duomo] dove prete Franchino non può nulla. Può solo far vendere dal fratello Ambrogio, il fratello ricco, della tela oltramontana alla Fabbrica perché ne facciano delle ante per l’organo maggiore … le riforme si succederanno alle riforme, a cominciare proprio dal 1484, e le spese andranno aumentando di anno in anno senza che nessuno possa opporvisi … Prima di tutto Franchino istituisce il ruolo di stella fra i cantori: nello stesso anno del suo ingresso al Duomo, fa assumere il tenorista Santino Taverna per tre fiorini al mese (ossia quattro lire e sei soldi). Doveva essere la voce più bella ed era quindi il meglio pagato … Stabilito il principio che almeno una bella voce desse lustro all’intera cappella, Franchino si dà da fare ad accrescere il numero dei suoi cantori. Poco tempo dopo la sua assunzione infatti i nove diventano dodici, poi tredici e infine quindici: Franchino stesso era il sedicesimo … Ognuno dei cantori che veniva assunto richiedeva tutto un protocollo speciale. Franchino doveva prima esaminarlo, poi ne scriveva ai Fabbriceri: questi delegavano in generale due deputati a rendersi conto dell’esattezza del referto di Franchino, e se era il caso approvavano la nomina proposta, purché ancora Franchino garantisse della moralità dei costumi del suo raccomandato. Era responsabile non solo delle voci dei cantori infatti ma anche del loro comportamento … Un altro lato della faccenda doveva invece sapere di imprevisto per il nostro Franchino: il lato disciplinare. Subito alla prima riforma della cappella nel 1484 viene stabilito che i cantori devono indossare veste lunga tino alle caviglie, cotta bianca e berretto sacerdotale. Ma questa specie di divisa pare riuscisse difficilissima per i cantori che ogni poco vengono richiamati per inadempienza. Peggio: erano così poco scrupolosi, che spesso mancavano alle funzioni nei giorni stabiliti … se i cantori non vengono a cantare, non saranno pagati. E istituisce senz’altro una specie di sorvegliante che prenda nota di ogni assenza dei cantori. A fine mese i giorni di assenza saranno detratti dalla paga. Il notator, colui che deve segnare le note di assenza dei cantori, è un cantore anche lui e per questa sua funzione viene pagato con un terzo della somma trattenuta come multa ai cantori …
16] Insultano nientemeno che i sacerdoti mentre officiano, rissano fra di loro, bestemmiano perfino, e soprattutto non prestano il dovuto omaggio ai prelati e ai Fabbriceri. E tutto questo in Chiesa. Fino a tal punto che un giorno, siamo nel 1517, scoppia tale uno scandalo in Duomo, che i deputati sono costretti ad aprire un’inchiesta e, aspettandone l’esito, a sospendere gli stipendi di tutti cantori, Franchino Gaffurio compreso …
Al suo arrivo a Milano di pueri nei libri del Duomo non si parla, perché non erano pagati: entità dunque trascurabile dal lato amministrativo. Arriva Franchino e dopo pochi anni nei registri della Fabbrica compaiono anche i primi nomi dei pueri … dovevano essere i migliori della scola ed erano pagati poco, 28 soldi al mese per l’esattezza … I primi nomi sono del 1503, ma forse l’istituzione dello stipendio per i pueri risale al 15oo … Non si sa quanti fossero i pueri all’arrivo di Franchino, ma certo ce ne doveva essere un bel numero, se in una delle tante riforme della cappella si dice che ve ne fossero più di trenta. Gaffurio comincia subito col diminuirne il numero. Nel 1507 non ne ammette più di dodici, per aumentarli nel 1520 a venti … E se a qualcuno manca l’immaginazione sufficiente, i nostri libri del Duomo soccorrono subito con una più tarda descrizione di quanto avveniva ancora nel 1504. Alle lez1oni si presentavano in massa e in disordine in un numero ben superiore a quello degli iscritti (probabilmente trascinavano anche gli amici al divertimento comune), erano di umili origini, assolutamente privi di educazione e spesso insultavano il maestro, ribelli a ogni disciplina e a ogni buon costume … I Fabbriceri anzitutto gli consigliarono di fare la leva dei ragazzi non più solo dalle famiglie umili, ma anzi di limitarla se possibile alle famiglie nobili … Poi Franchino stabilisce un numero massimo da non sorpassarsi per nessuna ragione e punizioni immediate per atti di indisciplina … Poiché aveva deciso che ars musisce (!) absque gramatica haberi non potest, volle istituire presso la scola cantorum un corso di grammatica affidato a un magister o preceptor … i maestri si susseguono sotto gli ordini severi e la sorveglianza di Franchino, il maestro più grande di tutti, e sono fin dal 1488 Donato Sapi, poi Gregorio Della Porta, Gerolamo Vicomercato, Lazzaro Negri, Andrea Ostilio e Matteo da Fano.