Davide Daolmi

TROVATORE AMANTE SPIA

Lucca: Lim, 2015.

 

Indice del volume

Indice dei nomi

Riferimenti bibliografici

 

Il re poeta? (pp. 212-233)

 

Recensioni:

Marco Emanuele, L'indice dei libri del mese (ott. 2015)

Antonio Chemotti, Corriere musicale (gen. 2016)

Piero Mioli, Nuova informazione bibliografica (apr. 2016)

Siel Agugliaro, Music & Letters (feb. 2017)

 

LIM IBS Feltrinelli Unilibro Lib-uni
Amazon.it Mondadori Hoepli Abebooks

 

trovatore amante spia racconta di come la modernità fa i conti con il passato, o meglio lo ricrea.

Il personaggio di questa storia, Blondel de Nesle, il cantore leggendario di Riccardo Cuor di Leone, è figura ben nota a filologi e musicologi. I dizionari ne tracciano una biografia rigorosa e documentata con tanto di produzione lirica, edizioni critiche, commentari.

Ma Blondel de Nesle non è mai esistito.

Ce lo siamo inventati, poco per volta, nel corso dei secoli, forse per burla, forse per noia, per poi dimenticarci, tutti, anche gli eruditi più raffinati, che era solo uno scherzo.

Nel ripercorrere le ragioni che hanno dato vita alla figura di Blondel, il libro indaga quanto sappiamo di trovatori e trovieri e, nel mettere a disposizione gli strumenti della filologia e della musicologia, prova a conversare con un lettore che spera onnivoro, magari refrattario alla manualistica scolastica, ma desideroso di lasciarsi sedurre da un racconto, vivo ancor oggi, nato ai tempi delle Crociate.

Nel ricondurre Blondel de Nesle a illusione letteraria, il volume non vuole liberarsi del mito e della storia per far terra bruciata, ma per riappropriarsi di un sapere che, fuor d’ipocrisia, da sempre s’è nutrito di fantasmi. Perché tentare di fare a meno dell’invenzione significa uccidere la creatività.

trovatore amante spia rimane un saggio, anche se potrebbe non sembrarlo, in cui sono raccolti i risultati inediti di ricerche recenti. La scelta di portare per mano il lettore anche sui terreni più impervi, quelli in genere lasciati agli specialisti, tenta di far uscire l’indagine storica dalla secche accademiche, nella convinzione che – oggi più di ieri – ci sia bisogno del passato per riconoscere se stessi.