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Il mottetto nasce come forma di tropo. Similmente alla sequenza tropo poetico del melisma dell'Alleluia (prima di diventare genere autonomo) il mottetto era in origine il tropo letterario della polifonia degli organa.
Un caso interessante è quello dell'organum scritto sull'Alleluia. Non vos relinquam della domenica d'Ascensione (giovedì dopo la quinta domenica di Pasqua) il cui canto liturgico è riprodotto a fianco (Liber usualis, p. 856).
Il melisma su Et gaudebit viene tropato e diventa una clausula dell'organum a due voci in Wolfenbüttel 1, c. 45r.
La trascrizione suggerisce questa struttura del tenor:
Poi da capo. |
Si riconoscono moduli ritmici (qui distinti in battute) di 3 + 2 note che producono quattro accenti ciascuno (dalla seconda misura). La melodia del tenor si ripete due volte, ovvero ripete alternativamente due semifrasi secondo lo schema ABAB.
Come si debba interpretare il ritmo interno non è sicuro. Ad attenerci alle teorie modali avremmo due pulsazioni ternarie per ogni accento. Ma in questo caso è più probabile che il rapporto longa-brevis sia da intendere in senso accentuativo, tonico-atono. Il brano è quindi trascritto in 4/4 al posto del canonico tempo composto.
Filippo il Cancelliere (ca. 1170 - 1236), uno dei più raffinati poeti dell'epoca che tanto ha contribuito al repertorio di Notre Dame, scrisse sulla clausula Et gaudebit i versi di Homo quo vigeas, che compaiono fra i testi poetici dei Carmina burana.
Il brano, che prende il nome di conductus o mottetto (da mot, parola, a indicare che la linea melodica ora ha un testo) è alle carte 127r-128r di Wolfenbüttel 2, qui ricomposto su tre colonne.
Ecco la trascrizione del testo con un'ipotesi di traduzione:
Homo quo vigeas vide Dei fidei adhereas in spe gaudeas et in fide intus ardeas, foris luceas turturi retorqueas os ad fiscellas docens ita verbo, vita oris vomere de cordibus fidelium evellas lolium, lilium insere rose ut alium per hoc corripere speciose valeas virtuti, saluti omnium studeas noxias delicias detesteris opera considera que si non feceris dampnaberis hac in via militans gracie et premia cogitans Patrie et sic tuum cor imperpetuum gaudebit. |
Uomo, perché tu possa
prosperare, bada di aderire alla fede di Dio, di gioire nella speranza e nella fede, di ardere dentro e illuminare fuori, di rivolgere il becco della tortora al nutrimento [ai panieri], insegnando così con la parola, vita della bocca, ad estirpare con l'aratro il loglio dai cuori dei fedeli; di essere degnamente forte per seminare il giglio fra le rose, affinché da ciò un altro accorra, di occuparti della virtù e della salvezza di tutti, di detestare i piaceri colpevoli, e poni attenzione a quelle azioni che se non compirai sarai dannato, militando su questa via di grazia, meditando sui premi paterni, e così il tuo cuore gioirà per sempre. |
[trad. di D. Verga] |
Malgrado l'uso abbondante di rime (anche interne) non si riconosce un metro proprio, a conferma della stesura operata a partire dalla musica.
Tenor e duplum (la voce intermedia) corrispondono alla clausula Et gaudebit. Il triplum (sopra) è aggiunto quale secondo livello di tropatura.
L'aspetto insolito è che duplum e triplum non offrono alcun riferimento alla ritmica. La metrica del testo, in genere utile in questi casi, non serve, perché prosodica e apparentemente scollegata dal tenor. Solo rifacendoci alla clausula precedente è possibile ricostruire almeno l'impianto ritmico generale del mottetto. È un segno sia della forma arcaica della scrittura (la composizione è databile fra il 1190 e il 1230), sia del proseguire della prassi antica che lascia alla notazione solo la funzione di richiamo mnemonico.
Assai più tardo e invece il mottetto Huic ut placuit, riportato nell'ultimo fascicolo del codice di Montpellier H196 (cc. 391v, 392r e 392v), e redatto intorno al 1280. Questa è solo una data ad quem (potendo il brano essere stato composto prima), ma l'uso di formule melismatiche (rare nei primi mottetti) e una notazione che asseconda i principi franconiani permette di datare le composizione molto prossima all'anno di stesura.
Le prime due righe della pagina di sinistra appartengono al mottetto precedente. Le due voci superiori del mottetto triplum e duplum sono affiancate, il tenor è cerchiato in rosso:
Il tenor, apparentemente così breve, riporta l'indiazione «istud ter», ovvero questa parte tre volte, a cui si aggiunge la quarta.
La melodia, ripetuta quindi quattro volte, è tratta dalla celebre sequenza, oggi soppressa, Epiphaniam Domino canamus che è essa stessa tropo dell'alleluia della messa del 6 gennaio, qui riprodotta solo per i primi versi (la parte evidenziata è quella usata dal tenor):
Le tre ripetizioni del tenor strutturano il mottetto in tre parti più una coda. È interessante osservare che la prima volta il triplum intona un testo, mentre il duplum vocalizza a valori larghi. La seconda volta triplum e duplum si scambiano le parti, mentre nella terza e nella coda vocalizzano entrambi, soluzione certamente ardita in un mottetto di questi anni.
Il testo quattro versi di doppi quinari sdruccioli (forse in rapporto col decasillabo alcaico?) parla dei doni che i magi portano a Gesù e che ne rivelano la meravigliosa natura umana e divina:
S'insiste sul numero tre («tre magi» e «triplici munera»), riferimento mistico certamente da rapportare alle tre voci del mottetto.
Se i mottetti sono forme di tropatura delle clausule, anche alcune delle chanson sono il residuo di più antichi mottetti.
Benedicta et venerabilis: Liber usualis, pp. 1264-1265 | audio
Polifonia a due voci dal codice di Las Huelgas, ff. 5v-6r | audio
Polifonia a due voci dal codice Fiorentino, ff. 122v-123v [audio] e clausula go: f. 11r
Mottetto a due voci su Go (Crescens icredulitas): ff. 402-r-v
Mottetto francese a due voci (Por conforter): Wolfenbüttel 2: ff. 240v-241r | testi
Chanson francese (Por conforter, attr. Ernoul le Vielle): F-Pn, Fr. 844: f. 102v | audio (Christopher Page) | strum. | testi