Frontespizio della prima edizione (1960) |
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Il libro è il risultato degli studi sull'oral poetry theory condotti nella ex Yugoslavia da Milman Parry morto prematuramente nel 1935. L'assistente Albert B. Lord decide di proseguire il lavoro per presentarlo come PhD nel 1949 e pubblicarlo nel 1960.
Parry sosteneva che la dimostrazione dell'ipotesi secondo cui i poemi omerici siano di origine orale, possa venire dall'utilizzo del metodo comparativo, cioè da un confronto analitico tra l'epica omerica e una tradizione orale ancora viva, le 'storie' dei cantori analfabeti yugoslavi, ancora attivi negli anni '30, epoca delle sue prime ricerche.
Milman Parry (1902-1935), nato a Oakland (California), ha studiato a Berkley (University of California), conseguendo il dottorato alla Sorbona (Parigi). Qui fu indirizzato allo studio della tradizione omerica dal suo tutor Antoine Meillet. Durante la sua breve carriera di classicista ad Harvard, ha intrapreso due viaggi in Yugoslavia per la sua ricerca sulla poesia orale del luogo, nell'ottica di uno studio comparativo con l'epica omerica. Morì tragicamente per un colpo partito inavvertitamente dalla sua pistola prima di termine i suoi studi, ripresi e sviluppati dall'allora assistente Albert Lord.
Albert Bates Lord (1912-1991), nato e cresciuto a Boston, si è laureato a Harvard, dove si è addottorato nel 1949; la tesi dottorale, dopo un successivo approfondimento e ricerche sul campo, è stata pubblicata come The Singer of Tales (1960). Ha continuato a insegnare a Harvard, dove ha contribuito a fondare il Committee on Degrees in Folklore and Mythology, che ha diretto fino alla pensione, nel 1983. Il suo sviluppo professionale è stato fin dall'inizio influenzato dalle teorie del suo professore Milman Parry, le cui intuizioni rappresentano una pietra miliare negli studi sull'epica orale. Lord riconosce i meriti di Parry nell'evoluzione della propria carriera nella premessa a questa seconda edizione del libro.
Le prime pagine di The Singer of Tales furono scritte – in forma di bozza – da Parry, che negli anni della sua ricerca nella ex-Yugoslavia aveva cominciato a progettare il libro. Lord li sviluppa prima per la sua tesi dottorale (1949) e poi per la pubblicazione del libro (1960). Nel 2000, quarantesimo anniversario della prima edizione, vide la luce una seconda edizione, a cura della Harvard University Press con un Cd allegato contenente registrazioni audio, materiale audiovisivo, fotografie, e alcune trascrizioni manoscritte di Bela Bartok relative ad alcuni dei canti citati da Lord nel libro. IL materiale si conserva presso la Milman Parry Collection.
Prefazione (1960)
Scritta nel 1959 da Harry Levin, professore ad Harvard di letterature comparate, evidenzia la forza di una tesi che ha portato tutto il mondo accademico a riconsiderare le convinzioni fino ad allora dominanti sulla creazione e sulla trasmissione dell'epica, sia antica che medievale.
Introduzione alla seconda edizione (2000)
Stephen Mitchell e Gregory Nagy, curatori della Milman Parry Collection, oltre a illustrare i materiali raccolti nel Cd allegato, delineano
l'intuizione di Parry di utilizzare il metodo comparativo – tipicamente utilizzato degli antropologi – per operare un confronto tra una tradizione ancora viva (quella dei cantori iugoslavi) e una troppo lontana nel tempo per offrire sufficiente materiale di indagine (quella omerica). L'excursus sulle tappe dei viaggi di Parry e Lord rivela le vicende umane, gli accorgimenti tecnici e le procedure d’indagine attuate; viene così valorizzata la qualità della ricerca condotta, secondo un metodo scientifico, pratica inusuale per degli studi classici.
In coda alle pagine di questa introduzione, è stata inclusa una corposa bibliografia, posta in questo punto del libro per evidenziare l'importanza di The Singer of Tales nel campo degli studi sulla poesia orale.
Premessa
Lord afferma che il soggetto di questo volume è Omero, inteso come rappresentante di tutti i cantori di storie e del loro processo compositivo peculiare.
1. Introduzione
Lord espone i punti cardine della tesi che andrà a dimostrare, partendo dall'intuizione iniziale di Parry, il quale, studiando gli epiteti presenti nell'Iliade e nell'Odissea (espressioni fisse, formulari come ad esempio la cellula base “Il divino Odisseo”) si era convinto che un tale assemblaggio dei versi nella composizione, all'interno di uno schema metrico prestabilito e dunque costrittivo, fosse dovuto a una tecnica compositiva che prevedesse composizione ed esecuzione nello stesso momento, e dunque che dovesse necessariamente essere di origine orale. Da qui scaturisce la definizione di canto epico orale, come composizione di temi riguardanti la tradizione, attraverso l'uso di formule ed espressioni formulari in una forma regolata dallo schema metrico.
2. Cantori: esecuzione e tirocinio
Lord descrive il contesto sociale e culturale in cui viene ascoltato il canto poetico orale; i cantori, attingendo direttamente al corposo serbatoio della tradizione, compongono ed eseguono il canto nello stesso momento, davanti a un uditorio variabile e instabile, condizione che influenza la forma orale: per mantenere alta l'attenzione del pubblico, oltre a possedere una notevole abilità drammatica, il bardo ha la necessità di utilizzare una specifica tecnica compositiva, i cui caratteri principali sono il ritmo, la concatenazione dei temi, l'utilizzo delle espressioni formulari.
Tale capacità si sviluppa attraverso un lungo apprendistato del cantore illetterato – analfabeta – che, secondo Lord avviene in tre fasi: dapprima egli ascolta i canti degli altri, assorbendo sia il testo che le componenti ritmiche, prosodiche del fraseggio. Secondariamente, dovrà adattare il proprio pensiero allo schema ritmico, che è il suo vincolo principale, e dunque si eserciterà assiduamente a tale pratica, imparando a suonare lo strumento di accompagnamento (nel caso dei poeti iugoslavi la gusla) per facilitarsi in tal compito. La velocità dell'esecuzione rappresenta la sfida maggiore, ed è in relazione a tale difficoltà che l'apprendimento di un gran numero di formule viene in aiuto; le formule diventano parte del pensiero poetico, secondo una modalità che può assomigliare a quella dell'apprendimento del linguaggio per un bambino.
Qui sta una delle parti più innovative dello studio. Lord invita ad abbandonare i nostri schemi cognitivi per abbracciare quelli del poeta analfabeta: il cantore «[...] pensa in termini di gruppi di suoni e non di parole […] Il termine ʻparolaʼ significa per lui ʻespressioneʼ» (Lord 1960 [2005]: 78). Entrare nella mente del bardo – abbandonando temporaneamente la nostra forma mentis modellata dall'uso della scrittura – per carpirne il processo di apprendimento, è lo sforzo che ci viene richiesto per comprendere una modalità di composizione cui non possiamo accedere altrimenti. Il processo di acculturazione si chiude con l'ultima fase, quella in cui il poeta ha assimilato sufficienti nuclei tematici tradizionali e una tecnica adeguata a intrattenere un uditorio per varie serate.
3. La formula
L'utilizzo della formula viene indagato sia dal punto di vista dell'analisi testuale, sia soprattutto attraverso l'immedesimazione nello schema mentale del cantore stesso. Se l'uditorio è aiutato nella comprensione dall'utilizzo di espressioni formulari, per il poeta esse diventano le unità modulari di una composizione che ha nella sua 'immediatezza' la restrizione maggiore. Come afferma Lord «la formula è il frutto dell'unione fra pensiero e verso cantato» (ivi, p. 87). Battute, schemi metrici, intonazione, melodia, valenza acustica di allitterazioni e assonanze: aspetti di natura musicale fanno egualmente parte del pensiero formulare che inconsciamente prende forma nella mente del bardo. Inconsciamente poiché, come impariamo la nostra lingua senza attuare una memorizzazione consapevole di parole e locuzioni, così per il linguaggio poetico del cantore l'apprendimento avviene attraverso un uso abituale in un contesto naturale (anche qui Lord insiste con il parallelismo tra i processi cognitivi di persone alfabetizzate e persone analfabete). Perciò non sarà la memorizzazione meccanica di un gran numero di formule a contraddistinguere la formazione del poeta, quanto la capacità di costruire il verso per mezzo dell'adattamento istantaneo per analogia di un modello-base ad un contenuto specifico. Il poeta infatti, non riproduce per intero un canto appreso parola per parola, ma piuttosto lo ricrea di volta in volta rifacendosi però ai modelli tradizionali. In questo sta il suo essere "multiforme" rispetto al testo scritto.
In questo capitolo Lord comincia a chiarire come l'uso dell'analisi delle formule, tanto nei poemi omerici quanto in quelli raccolti in Yugoslavia, abbia portato ad avvalorare l'ipotesi secondo cui entrambi fanno parte della poesia orale. Tale analisi viene attuata sui testi stessi (e riportata per esteso a titolo esemplificativo), con l'utilizzo del metodo comparativo, un approccio il più possibile scientifico che permette all'autore di mettere in relazione componimenti molto lontani tra loro nel tempo, individuandone le caratteristiche comuni. Lord dimostra inoltre come l'uso di epiteti e formule, dovesse avere originariamente un’utilità di tipo liturgico e rituale, che nell'uso abituale, e soprattutto con il distanziamento nel tempo dalle origini di tali espressioni, abbia assunto un significato prima eroico e infine storico, attraverso un processo di secolarizzazione.
4. Il tema
I 'temi della poesia' sono modelli tematici che appartengono alla tradizione e che il cantore sente narrare molte volte durante il suo periodo di formazione, fino a che gli diventano familiari ed è in grado lui stesso di incorporarli nei propri canti. Il livello di elaborazione personale dei temi dipenderà dalla sua abilità come poeta. Nei raffronti tra canti aventi lo stesso argomento principale ma eseguiti da poeti diversi, si distingue per il suo talento il cantore che viene preso a modello in questo libro, Avdo Međedović [video]. La sua eccezionalità sta nella capacità di espansione e sviluppo di ciascun tema, nella consapevolezza della tradizione, nella qualità degli abbellimenti, nell'abilità di saper ricomporre ed eseguire un canto ascoltato per la prima volta. La sua mente segue un metodo di organizzazione del materiale tematico, che si è consolidato nel corso della pratica poetica. Ogni tema presente nella mente del poeta è di per sé proteiforme, e andrà adattato di volta in volta alle necessità del canto specifico che si sta eseguendo. In questo senso il tema non è un materiale fisso, ma è mutevole, e risente dello stile del cantore che lo sta ricreando ed eseguendo in quel momento. La concatenazione dei temi segue una logica ineluttabile dovuta alla forza della tradizione che le sta sottesa.
5. Canti e il canto
In questo capitolo Lord invita a considerare l'idea di canto orale cercando di uscire dai nostri schemi derivanti dalla tradizione letteraria: il concetto di originalità di un testo non esiste nella poesia orale, in quanto, se un tema può essere identificabile univocamente, la sua rielaborazione per bocca di ogni cantore che lo esegue porterà ad una sua versione di quel canto, in un flusso continuo che si perde nel concetto di tradizione. Ogni versione di un canto avrà dunque il suo autore. E per questo che nel momento in cui un cantore comincia ad affidarsi alla memorizzazione del testo scritto, ciò è indicativo di una tradizione che sta per estinguersi.
Nel capitolo sono riportati numerosi esempi di versioni differenti di uno stesso canto, per dimostrare attraverso la prova empirica, come nonostante il processo di trasmissione i nuclei tematici sopravvivano allo stile personale di ciascun cantore, mantenendo il senso profondo della storia nel tempo. Tali temi archetipici sono comparabili a quelli dei poemi omerici, poiché affondano le radici nel mito: ad esempio, il canto di ritorno, che riguarda Ulisse ma anche diversi poemi iugoslavi – oltre che altre tradizioni orali – ha una struttura tematica che mantiene forti similarità dal punto di vista della sequenza degli eventi, ma anche da quello degli eventi stessi. In questo senso, Lord parla di conservatorismo della tradizione.
6. Scrittura e tradizione orale
Lord immagina il primo incontro tra scrittura e oralità: il poeta detta il suo canto ad uno scriba, ma un senso di straniamento lo avvolge, in quanto la musica e il ritmo scompaiono: quali sono gli effetti sul testo della dettatura, necessaria per consentire allo scrivano di annotare il testo? Ebbene, i molteplici cambiamenti nel testo, sono frutto della lotta interna che il cantore vive tra la preservazione dei modelli tradizionali e una modalità che non gli è propria, priva degli elementi che lo costringono ma al tempo stesso lo aiutano: l'associazione e la composizione veloci.
Un'altra questione sollevata da Lord è se un testo di questo tipo si possa considerare “di transizione”: l'autore dà parere negativo in quanto i due mezzi non sarebbero conciliabili; se per il cantore quella eseguita è una versione come un'altra, per il lettore diventa l'originale: sta tutta qui la differenza tra il modo di pensare scritto e quello orale. La tradizione orale dunque, si estingue a favore di quella scritta soltanto quando dei testi fissi si diffondono tra i cantori, ed essi cominceranno a memorizzarli parola per parola. Questa tecnica opprimerà la loro abilità di comporre oralmente e diventeranno meri esecutori di un testo scritto.
Dall'analisi delle espressioni formulari si può capire se un testo appartenga alla tradizione orale piuttosto che a quella scritta: qui Lord reintroduce la propria tesi sui poemi omerici, affermando che la loro alta qualità può derivare soltanto da un consolidato stile orale piuttosto che da una embrionale tradizione scritta; infatti, perché la scrittura si affermasse – soprattutto come linguaggio poetico – sono occorsi molti secoli durante i quali la tradizione orale ha continuato a coesistere con essa.
7. Omero
Vengono applicate tre tipologie di verifica per determinare l'oralità dei poemi omerici: l'utilizzo di schemi formulari, quello di enjambement necessari (che sono poco presenti in quanto i versi risultano essere unità metriche in sé, indizio di una composizione orale), quello dell'analisi tematica. I poemi in questione rispondono a tali requisiti; Lord aggiunge che essi appartenevano alla tradizione e che la versione giunta a noi, fosse stata dettata ad uno scriba nella consapevolezza che la scrittura stesse emergendo come modalità di fissare le narrazioni in un'entità “stabile”, sotto l'influsso dello sviluppo del linguaggio scritto in Medio Oriente.
8. L'Odissea
Seguendo il metodo comparativo, Lord mette in relazione l'Odissea con i materiali epici disponibili: di primaria importanza sono quelli che si riferiscono ai poeti ciclici greci e al teatro greco; seguono quelli di origine anteriore provenienti dal vicino oriente (epopea di Gilgamesh). Infine l'autore utilizza anche i testi dell'epoca medievale e quelli raccolti per esperienza diretta in Yugoslavia, nella convinzione che sia possibile individuare analogia dal punto di vista della struttura essenziale di storie e temi. Il suo è uno studio multitestuale di canti appartenenti alla tradizione orale.
9. L'Iliade
La stessa modalità di analisi viene applicata al testo dell'Iliade; i risultati sono analoghi.
10. Alcune note sull'epica medievale
Lord prende in esame tre poemi dell'epoca medievale (Beowulf, Chanson de Roland, Digenis Akritas) per dimostrare che la sua teoria è applicabile anche a tali testi. I tre componimenti, di cui per ognuno vengono confrontate le diverse copie manoscritte disponibili, apparterrebbero allo stile orale, poiché conservano lo schema formulare e i temi archetipici di una tradizione le cui origini appartengono al mito e alla religione.
Appendice
Le sei appendici contengono per esteso i confronti tra versioni diverse di uno stesso canto della tradizione iugoslava. I materiali appartengono alla collezione Parry. Essi illustrano l'utilizzo del metodo comparativo per validare l'ipotesi iniziale di Parry, che è stata sviluppata da Lord nel corso del lavoro sul campo.
I edizione
Albert B. Lord, The singer of Tales, Cambridge: Harvard University Press, 1960, 1965, 1971, 1980, 1988, 1997.
ristampe
New York: Atheneum, 1965, 1970, 1973, 1976, 1978.
Trad. tedesca
Albert B. Lord, Der Sänger erzählt Wie e. Epos entsteht, trad. di Helmut Martin, München: Hanser, 1965.
Trad. russa
Albert B. Lord, Skazitelʹ, Moskva: Vostočnaâ literatura, 1994.
II edizione (con Cd)
Albert B. Lord, The singer of Tales, Cambridge: Harvard University Press, 2000, 2003, 2019.
Trad. italiana (con Cd)
Albert B. Lord, Il cantore di storie, Lecce: Argo, 2005.
Trad. polacca
Albert B. Lord, Piesniarz i jego opowiesc, Warszaw: Wydawnictwo Uniwersytetu Warszawskiego, 2010.
The Singer of Tales riscuote subito un grande interesse nel mondo accademico. Fino a quel momento la dissertazione classica sui poemi omerici oscillava tra sostenitori dell'opera scritta da un singolo autore e i seguaci della 'multipaternità' di un'opera rimodellata più volte nel tempo da autori diversi. L'approccio di Parry e Lord alla 'questione omerica' mette in discussione questo modello teorico per offrire una tesi basata sulle prove ottenute attraverso il metodo comparativo. L'oral-formulaic theory (o oral poetry theory) alimenta notevolmente tale dibattito, provocando nuovi contributi ma anche critiche.
Adam Parry, figlio di Milman Parry e anch'egli professore di Lettere Classiche, nel suo The making of: the Homeric Verse (Parry 1971), fa un magistrale lavoro di contestualizzazione del lavoro accademico del padre, ripercorrendone l'intero percorso di studi e pubblicando alcuni suoi lavori ancora inediti. Rispetto allo studio di Lord, egli ritiene che esso si discosti dalle iniziali intuizioni di suo padre, poiché Parry sr non era intenzionato a dimostrare che Omero fosse un poeta orale. Adam Parry attribuisce questa tesi al solo Lord e afferma che Omero potesse benissimo utilizzare la scrittura come metodo di composizione dell'opera. La posizione di Parry jr deriva dal fatto che l'analogia tra i poemi omerici e l'epica iugoslava sarebbe debole dal punto di vista della coerenza e dell'unità formale e tematica.
Albert Lord conduce tutta la propria carriera accademica nel tentativo di rinforzare ulteriormente la sua tesi e di confutare critiche come quella di Adam Parry. Nel volume pubblicato postumo (Lord 1995), un work in progress delle sue ricerche, sono stati inclusi tutti gli studi pubblicati dopo l'uscita di The Singer of Tales, nei quali Lord sostanzialmente inserisce nuove analisi di testi tratti da altre tradizioni epiche (come quella russa e quella lettone) per dimostrare l'applicabilità del metodo comparativo anche ad essi, con il fine di evidenziarne l'origine orale.
John Miles Foley, studioso che ha portato avanti le ricerche di Parry e Lord nella ex-Yugoslavia, ha apportato nuovi studi per corroborare la teoria orale applicando il metodo comparativo all'epica medievale, ma soprattutto ha pubblicato la prima raccolta bibliografica relativa alle innumerevoli diramazioni multidisciplinari suscitate dalla suddetta teoria (Foley 1985). Questo importante saggio cataloga ben 1800 articoli specialistici appartenenti a tutti gli ambiti influenzati da The Singer of Tales che, secondo Foley «[...] creò la disciplina come la conosciamo oggi» (ivi, p.30). Foley ha contribuito a portare la teoria dell'oralità nell'epoca contemporanea, con un focus di interesse relativo all'”oralità secondaria” della società odierna, concetto maggiormente sviluppato negli studi di Walter Ong (Ong 1982), ma anche con la creazione nel 1986 del giornale accademico Oral Tradition (OrTr 1986); inizialmente pubblicato dalla University of Missouri in una uscita a cadenza annuale, il giornale ha successivamente spostato la propria sede presso la Harvard University, ma è grazie all'edizione online che è riuscito a diventare un punto di riferimento per le ricerche attuali sull'argomento, in quanto riceve contributi editoriali da tutto il mondo ed è inoltre una risorsa ad accesso aperto, che perciò riesce ad avere una diffusione maggiore.
Walter Ong, storico della cultura, da sempre interessato alle modalità di trasmissione della conoscenza, ma soprattutto agli effetti che queste hanno sulla percezione umana, approfondisce la teoria dell'oralità da un punto di vista cognitivo, ovvero soffermandosi sui processi mentali dell'uomo illetterato. Anche in questo caso, è interessante osservare come sia necessario per lo studioso uscire dai propri schemi mentali, così irrimediabilmente plasmati dalla tecnologia della scrittura. Ong afferma che lo studio della questione omerica prima delle intuizioni di Parry, sia stato influenzato da una struttura cognitiva che non riusciva a prescindere da se stessa, mentre è obbligatorio uno sforzo immaginativo per comprendere i processi linguistici all'interno di una cultura orale. La memoria, in particolare, viaggia su un binario completamente diverso da come noi la intendiamo oggi grazie all'ausilio della scrittura: in una società ad oralità primaria, l'unico modo per memorizzare è quello di costruire il discorso attraverso espressioni formulari, metricamente regolari e afferenti a temi appartenenti alla cultura di riferimento. L'espressione linguistica viene inoltre percepita principalmente per mezzo delle sue caratteristiche 'acustiche', in quanto manca un'immagine mentale della parola. É per questo che gli aspetti prosodici del linguaggio, l'intonazione melodica, la metrica stabile e ripetitiva, aiutano a ricordare.
Con uno sguardo alla contemporaneità (comunque relativa agli anni '80 del Novecento, periodo di scrittura del libro), Ong introduce il concetto di “oralità secondaria”(anche chiamata “oralità di ritorno”), che riguarda il modo in cui i mezzi di comunicazione moderni – dalla radio al telefono a internet – favoriscano l'emergere di una nuova simultaneità temporale, in cui la parola parlata e nuove modalità di scambio dialogiche acquisiscono un nuovo significato, determinando una rottura con l'epoca precedente dominata dalla scrittura, così come quest'ultima aveva fatto a suo tempo con l'oralità.
Il dibattito sulla questione omerica è tutt'oggi attivo, ma l'aspetto per noi più interessante della sua eredità riguarda l'influenza che apporta ad ambiti di ricerca lontani dagli studi classici e di letterature comparate da cui erano partiti Parry e Lord, per investire quelli di folklore, di antropologia, musicologia e linguistica. Per quanto riguarda gli studi musicologici, i contributi più interessanti sono quello di Treitler relativo al canto gregoriano e quello di Titon, che riguarda il blues, due tradizioni musicali afferenti all'oralità primaria, e che per lungo tempo hanno mantenuto questa modalità, evolvendosi in forma scritta soltanto in una seconda fase della propria storia culturale: l'origine formulare di entrambi i generi, così lontani tra di loro, deriverebbe da un processo di “evoluzione convergente”, grazie al quale la mente umana trova strategie simili per risolvere problemi analoghi, pur sussistendo una grande distanza sia spaziale che temporale.
Leo Treitler, musicologo americano, nei suoi studi sul canto gregoriano riprende la teoria Parry-Lord, per applicarla all'indagine sulle modalità di trasmissione del cantus firmus prima dell'epoca della notazione (vari contributi pubblicati fra il 1968 e il 1995, poi confluiti in Treitler 2003); Treitler sottolinea come le modalità orali di composizione abbiano giocato un ruolo fondamentale nell'invenzione delle melodie, seguendo un criterio per il quale le formule (passaggi musicali standardizzati, in questo caso) si sono stabilizzante a causa della necessità di dover sottostare ad una struttura melodica vincolante, che il cantante ha assimilato come schema cognitivo interno. Come analogia con le forme epiche trova anche quella relativa all'utilizzo di un “principio di economia” (thrift), secondo il quale per esprimere un dato concetto, il cantore (compositore) attingerà dal suo repertorio al verso (frase melodica) che meglio rientra nello schema metrico dato, sacrificando l'originalità alla funzionalità dell'esecuzione immediata. Analogo è anche il concetto di “centonizzazione”, ovvero di un modello generativo secondo il quale espressioni formulari melodiche – piuttosto che singole note della scala – siano alla base della struttura del canto. Anche in questo caso il cantante fa proprio il modello, adattandolo alla singola esecuzione grazie alle regole che ha interiorizzato.
Jeff Titon, etnomusicologo americano, utilizza la teoria dell'oralità per condurre un'analisi sul fraseggio ricorrente nelle canzoni blues delle origini (Titon 1994); secondo lo studioso, piuttosto che un criterio di mera sostituzione, il cantante utilizzerebbe un principio generativo, combinando schemi formulaici e non, incorporandoli all'interno di uno schema ritmico in una tonalità scelta (ritroviamo anche qui i vincoli metrici e melodici). Per quanto riguarda invece gli aspetti tematici, Titon individua come prove nei testi presi in esame la presenza di “pattern tematici”, esperienze umane generiche e storie ricorrenti che sono un riflesso della cultura di appartenenza (la tradizione nella concezione di Lord) e un'imitazione della vita (le forme archetipiche anch'esse citate da Lord). Ciò è particolarmente evidente nel blues della tradizione, quello di cui Titon raccoglie registrazioni audio appartenenti al periodo compreso tra il 1926 e il 1930; in questa fase arcaica dell'epoca della registrazione sonora, il downhome blues evoca ancora uno spirito ed un senso di appartenenza, che ha le sue radici più profonde nella religione – oggi secolarizzata – per via delle sue somiglianze strutturali e di matrice improvvisativa con il sermone orale della chiesa nera. Anche in questo caso le analogie con la teoria dell'oralità sono state ricercate direttamente all'interno dei testi e della musica, per mezzo di trascrizioni e registrazioni, riprendendo l''approccio analitico e comparativo dimostratosi valido e convincente grazie al lavoro di Parry e Lord.
Come sembra evidente, il principio dell'evoluzione convergente avrebbe trovato strategie simili per generare forme artistiche molto lontane tra di loro nel tempo e nel genere (nei casi analizzati l'epica, il canto gregoriano, il blues), ma sempre all'interno di un contesto orale. In più recenti, si trova eco della teoria Parry-Lord in altri studi musicologici, come quelli presentati alla conferenza sugli oral studies, tenutasi a Harvard in occasione del cinquantesimo anniversario dalla pubblicazione di The Singer of Tales (Elmer 2016).
Fra i vari saggi pubblicati quello di Karl Reichl, pone il focus sulla scarsa importanza data solitamente all'analisi della componente musicale negli studi sulla poesia orale (Reichl 2016); al tempo stesso emerge attualmente una maggiore attenzione verso questo ambito, grazie alla facilità di reperimento di documenti e fonti sonore su internet, in particolare su YouTube, ma anche sul sito dell'Unesco Intangible Heritage. L'autore auspica una maggiore cooperazione tra gli studiosi dell'epica orale e i musicologi, sulla scia della virtuosa collaborazione tra Lord e Bartok in occasione delle trascrizioni musicali di alcuni dei canti iugoslavi raccolti sul campo. Per restringere il campo del suo studio, Reichl prende specificamente in esame la tradizione orale dei paesi turcofoni, focalizzandosi sul ruolo della musica in queste composizioni. L'analisi è corredata da una trascrizione musicale manoscritta, attraverso la quale l'autore dimostra come in questo caso i parametri musicali – tra i quali un uso di melodie altamente differenziate per enfatizzare gli stati d'animo – siano di una varietà e di una drammaticità più elevata rispetto alla componente poetica. Scaldaferri e Neziri presentano invece uno studio che dà nuovo respiro al lavoro inizialmente intrapreso da Parry in Yugoslavia (Scaldaferri, Neziri 2010); i due ricercatori ricontestualizzano i documenti multimediali presenti nella Parry Collection alla luce delle loro personali registrazioni audiovisive effettuate negli anni '2000 in Kosovo, relative alle performance di uno degli attuali cantori ancora in attività nella regione. I due studiosi – aggiungendo elementi e stimoli nuovi ad un filone di ricerca ormai lungo più di un secolo – riescono ad evidenziare l'importanza del movimento corporeo in chiave ritmica, sia come ausilio alla memoria, che come elemento caratterizzante la performance poetica. In questo modo contribuiscono a rendere più completa la conoscenza del fenomeno della poesia orale nel territorio della ex-Yugoslavia, avvalendosi di mezzi tecnici moderni più precisi di quelli disponibili al tempo di Parry e Lord, e che consentono un’osservazione più analitica e puntuale dell’esecuzione.
Parry 1971 | Milman Parry, The Making of Homeric Verse, ed. A. Parry (Oxford: Clarendon Press, 1971).
Foley 1985 | John Miles Foley, Oral-Formulaic Theory and Research: An Introduction and Annotated Bibliography (New York: Garland Pub., 1985)
Lord 1995 | Albert Bates Lord, The singer resumes the tale (Ithaca: Cornell University Press, 1995)
Ong 1982 | Walter J. Ong, Orality and Literacy. The Technologizing of the Word (London: Taylor & Francis, 1982) | trad it. Oralità e scrittura: le tecnologie della parola (Bologna: Il Mulino, 1986)
OrTr 1986 | Oral Tradition, journal on line (Harvard University)
Titon 1994 | Jeff Todd Titon, Early downhome blues: a musical and cultural analysis (Chapel Hill: University of North Carolina Press, 1994)
Treitler 2003 | Leo Treitler, With voice and pen: coming to know medieval song and how it was made (Oxford: Oxford University Press, 2003)
Elmer 2016 | Classics@, 14 (spacial issue: Singers and Tales in the 21st Century: The Legacies of Milman Parry and Albert Lord, ed. D. F. Elmer), on line.
Scaldaferri, Neziri, 2016 | Nicola Scaldaferri, Zymer U. Neziri, "From the Archive to the Field: New Research on Albanian Epic Songs", in Elmer 2016 (on line)
Reichl 2016 | Karl Reichl, "The Singing of Tales: The Role of Music in the Performance of Oral Epics in Turkey and Central Asia", in Elmer 2016 (on line)